La Stampa, 13 novembre 2024
Cop29, i leader mentono sapendo di mentire mentre il mondo supera la soglia critica
Dimostrando la piena attendibilità di tutti i modelli climatici degli ultimi trent’anni, prodotti da tutti gli specialisti di ogni parte del globo, l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) certifica già da novembre che il 2024 sarà l’anno più caldo da quando si misurano le temperature dell’atmosfera e degli oceani, il primo in cui verrà superata la soglia critica di +1,5°C. Nel pieno di una crisi climatica senza precedenti per globalità, anomalie e accelerazioni, devastati da eventi meteorologici a carattere violento che stanno segnando soprattutto il bacino del Mediterraneo, dall’Andalusia all’Emilia-Romagna, dal Maghreb alla Penisola Araba, non ci sarebbe stata occasione più opportuna per tenere una delle Conferenze delle Parti dell’Onu a verifica degli accordi internazionali presi a Parigi nel 2015. È invece facile prevedere che si tratterà dell’ennesima occasione perduta, che non si arriverà ad alcuna azione concreta incisiva e che, al massimo, si riconoscerà qualche emergenza per i Paesi più colpiti, rimandando ancora una volta l’imposizione di regole e parametri che consentano di rallentare il surriscaldamento del pianeta.Altro che “migliorare l’ambizione” e “consentire l’azione” (le parole d’ordine di Cop29): qui le ambizioni vengono costantemente livellate al ribasso e le azioni, suggerite dall’intera comunità scientifica, semplicemente non considerate. Secondo gli specialisti, per rimanere entro 1,5°C di incremento delle temperature, si sarebbe dovuto lasciare sotto terra il 90% (novanta) del carbone e il 60% (sessanta) del gas e del petrolio: a qualcuno risulta che le estrazioni di combustibili fossili sul pianeta Terra siano in drastica diminuzione?Non solo: le sovvenzioni comunque mascherate ai gaspetrocarbonieri ammontano a circa sette trilioni di dollari all’anno (Fmi), cui l’Italia contribuisce generosamente, e nessuna politica fa quello che dovrebbe, costringere le compagnie a dedicare una percentuale dei profitti smisurati alla riconversione in fonti rinnovabili, pagando il cosiddetto Scc, il costo sociale del carbonio. E basterebbe il 5% per tracciare una rotta di uscita dai combustibili fossili che fosse pagata dai veri colpevoli e non dai pensionati con la Panda euro1.Anche a Baku 2024 gli organizzatori ripetono come un mantra che andare oggi oltre +1,5°C, limite fissato come invalicabile a Parigi nel 2015, non significa aver fallito l’obiettivo, perché bisogna calcolare la media su un tempo più lungo, e poi quest’anno c’è El Niño, l’anno prossimo La Niña e poi gli dei vedranno e provvederanno. Si tratta di evidenti scappatoie teoriche, perché nei fatti esiste quello che si chiama “Production Gap”, cioè lo sfalsamento fra quanto dovrebbero estrarre le corporation oil&gas, rispecchiato negli investimenti registrati presso gli istituti di credito, e quanto, in realtà, stanno già investendo proprio ora, mentre la Cop29 di conferma dell’invalicabilità della soglia +1,5°C si è aperta. Ad oggi lo scenario più realistico, in base al “Production Gap” registrato, arriva a +2,7°C, con tanti saluti a Parigi e agli accordi internazionali. Mentono sapendo di mentire.Gli accordi sul clima, per funzionare, dovrebbero: 1) essere obbligatori, con tanto di bandi alle emissioni clima alteranti, declinati magari per nazione e in tempi strettissimi; 2) prevedere compensazioni a chi si affaccia adesso allo sviluppo economico e vede giustamente come un assurdo che i Paesi più sviluppati non redistribuiscano ricchezze in cambio di impegni a non usare più il carbone e il petrolio; 3) prevedere organismi di controllo terzi, perché gli accordi di Parigi non lo prevedono; 4) evitare qualsiasi nuova trivellazione; 5) bloccare ogni sovvenzionamento pubblico ai combustibili fossili. Ma questo significherebbe limiti e regolamentazioni al libero mercato, in quanto causa ultima riconosciuta della crisi climatica attuale: esattamente quanto nessun sapiens vuole sul pianeta Terra.Per questa ragione si nega il ruolo fondamentale delle attività umane nel cambiamento climatico odierno: ci si vergogna di riconoscere che gli scienziati hanno ragione da trent’anni e di aver ignorato gli allarmi, perciò ci si appella al fantomatico studio dello scienziato isolato, magari premio Nobel in fisica teorica, o all’idea che tutto dipenda dal Sole. Oppure al fatto che l’Europa inquina ben poco, ormai, e l’Italia ancora meno, dimenticando che l’anidride carbonica persiste decenni in atmosfera e gli europei sono secondi solo agli americani per emissioni, se si parte da dove si deve partire, cioè dagli inizi dello sviluppo industriale. O, ancora, che gli indiani inquinano più di tutti, trascurando che ogni singolo indiano emette due tonnellate di CO2 all’anno e uno statunitense 14, e indovinate a chi toccherebbe cambiare stile di vita. Queste sono le vere bufale, non il cambiamento climatico, come sostiene il rieletto Donald Trump, uno degli artefici futuri del fallimento di ogni politica di arginamento della crisi climatica, quello del “keep drilling”, che così l’America sarà di nuovo grande.Non hanno il coraggio civile di sostenere che sì, gli scienziati avranno pure ragione, ma chi se ne frega, il profitto prima di tutto, posizione che almeno non sarebbe ipocrita. Sono in malafede, non sono ignoranti: avidi predatori di futuro che ingannano una maggioranza di persone impaurita dalla crisi economica, additando come nemici le auto elettriche e le pale eoliche e non benzine e carbone. E si riuniscono nelle Cop, da cui le lobbies gaspetrocarboniere andrebbero tenute rigorosamente fuori, per tirare avanti un altro po’, in attesa di constatare, a profitto assicurato, che sì, forse avevano ragione gli scienziati, ma ormai è troppo tardi.