La Stampa, 13 novembre 2024
Ora la Meloni deve allinearsi alla gerarchia dei valori di Trump
Non è un personaggio politico, è un personaggio pubblico. Non ha ruoli di governo, ma è un interlocutore importante per l’Italia. Sì, forse magari è un po’sopra le righe, ma a noi interessano gli investimenti. Certo, è diventato un uomo di fiducia di Donald Trump, e Trump ha in mano il futuro del mondo. Le risposte ieri erano queste. Dentro Fratelli d’Italia, in Parlamento, dentro le stanze principali del governo, a Palazzo Chigi, alla Farnesina, al ministero della Difesa. L’imbarazzo sulle frasi di Elon Musk contro i giudici di Roma è stemperato da un realismo politico al limite del cinismo. Nessuno muove un muscolo per criticare il miliardario. E quando i parlamentari si informano su cosa dire e quale sarà la posizione ufficiale di Giorgia Meloni, viene loro risposto: «Musk è un privato e libero cittadino americano». È l’argomento che Meloni ha usato, usa e userà per replicare a chi le chiede di prendere le distanze dall’uomo più ricco del mondo che si fa beffe del potere giudiziario italiano, e lo fa con la sponda di un ministro che lo giustifica, Matteo Salvini, e forte della copertura politica del presidente eletto americano che lo ha scelto come consigliere e probabilmente lo avrà sempre al suo fianco nello Studio Ovale.Nel governo si aggrappano come possono all’informalità del ruolo di Musk. Non è un ministro, non è ancora stato ufficializzato il suo incarico nella cerchia di The Donald: una tesi fragile – come con onestà si ammette nelle dichiarazioni off the record – visto il peso che ha avuto nella campagna elettorale del tycoon repubblicano e quello che avrà nella nuova amministrazione. Per non parlare del rapporto ormai privilegiato e di consuetudine che ha con Meloni, arrivata a sceglierlo per la consegna di un premio a New York, mentre era nel vivo la corsa per la Casa Bianca. La premier evita di inseguire Salvini nella spericolata crociata contro i giudici, ma non sconfessa Musk. Un tempo Meloni se la prendeva con gli ultramiliardari della finanza globalista che osavano mettere becco sugli affari interni degli Stati: su tutti George Soros, accusato di ogni nefandezza dalla destra nazionalista globale per le sue simpatie progressiste. Oggi, quelle pose sovraniste sembrano un ricordo lontano. Anche perché nel governo nessuno fa mistero di quanto ormai stia diventando importante trattare con Musk. E sua volta l’uomo che ha fondato Tesla, che ha rifondato Twitter, ribattezzandolo X, corteggia Meloni e la destra italiana per affinità ideologica ma anche per business.Ieri, nei colloqui privati dedicati a Musk si faceva riferimento a un contratto con l’imprenditore e padrone di Space X, per l’utilizzo dei suoi satelliti a bassa orbita Starlink. La premier ha voluto che a coordinare i lavori sull’accordo fosse il proprio consigliere militare, il generale Franco Federici. Dopo una serie di incontri a Palazzo Chigi con il ministero degli Esteri, con la Difesa e con i servizi segreti, al termine dell’estate il governo era pronto a porre la firma finale per collegare alla rete di Musk l’infrastruttura ministeriale e diplomatica. Anche le ambasciate hanno richiesto l’accesso alla costellazione satellitare del miliardario sudafricano, e due progetti pilota sarebbero stati avviati nelle sedi diplomatiche italiane in Libano e in Bangladesh. Ma si sta discutendo pure di offrire copertura alle stazioni mobili delle navi militari italiane (come la Garibaldi e la Vespucci). Il contratto, però, è stato congelato ed è rimasto in sospeso a Palazzo Chigi dopo l’inchiesta che ha portato all’arresto del direttore generale di Sogei, società del ministero dell’Economia, e a iscrivere sul registro degli indagati Andrea Stroppa, braccio destro e referente di Musk in Italia, sospettato di concorso in corruzione per aver ricevuto un documento riservato della Farnesina. Anche per questo, ai vertici di Fratelli d’Italia si dicono convinti che Mr. Tesla abbia esasperato i suoi attacchi contro i magistrati italiani. L’indagine gli ha offerto un motivo ulteriore, ma l’immigrazione è rimasto il terreno più fertile per la battaglia contro le toghe. Quello dove a Musk viene più facile la difesa dell’operato del governo italiano, come ha dimostrato la scorsa estate quando si è scagliato contro i pm siciliani che hanno chiesto sei anni per Salvini, accusato di sequestro di persona per avere impedito, da ministro, lo sbarco della nave Open Arms, con 147 immigrati a bordo. I confini tra interesse economico e politica sfumano facilmente, anche quando in ballo c’è la sicurezza nazionale sui dati, a disposizione delle comunicazioni satellitari gestite da un privato. Che però, come ha ricordato il ministro della Difesa Guido Crosetto qualche giorno fa in audizione in Parlamento, «è un monopolista», ha «costi che nessuno ha» ed è 10-15 anni avanti «rispetto al sistema che sta pensando per sé l’Europa».L’altra verità è che Meloni deve reimpostare la propria relazione con gli Stati Uniti, e riallinearsi alla gerarchia di valori e priorità che imporrà Trump. Per questo, spiegano fonti a lei vicine, non vuole perdere il sostegno di Musk. Ieri la premier ha incontrato a Roma Ron DeSantis, governatore della Florida, ex sfidante del presidente eletto, uno che su migranti e aborto è classificato tra i più estremisti del partito repubblicano. Un altro convertito sulla via del trumpismo