Corriere della Sera, 13 novembre 2024
Sicilia, dopo 18 rinvii riecco le Province
«Poltrone poltrone poltrone / poltrone poltrone poltrone...» Sotto il sole di Sicilia risuona allegra una variante della mitica «Parole parole» cantata mezzo secolo fa, col rauco Alberto Lupo, da Mina. Il governatore forzista Renato Schifani, infatti, dopo avere annullato le elezioni di secondo grado nei Liberi consorzi e nelle Città metropolitane già fissate per il 15 dicembre, punta diritto a ripristinare tout court le nove province d’una volta con l’elezione diretta del presidente e dei consiglieri. Col risultato, stando ai calcoli del Giornale di Sicilia, di fare piovere sull’isola almeno 340 poltrone. Evviva. Proprio l’idea giusta, in un momento di disaffezione, per restituire agli elettori l’antico entusiasmo verso la politica.
Certo, quei Liberi consorzi e Città metropolitane che sulla carta dovevano prendere il posto delle vecchie province facendosi carico delle loro competenze, a partire dalle strade provinciali che per la Sicilia sono sempre state un incubo, non sono mai partite. E niente lo certifica quanto i 18 (diciotto!) rinvii delle elezioni via via accumulati da tutte le successive giunte regionali, quali che fossero il presidente o la maggioranza, di destra o sinistra. Un naufragio. Vergognoso.
Tanto più dopo l’esultanza e lo sventolio dei gonfaloni che avevano accolto dieci anni fa la soppressione dei nove enti locali: «Noi, i primi in tutta l’Italia!». «Con l’abolizione delle province solo sulle indennità di carica risparmieremo oltre 10,3 milioni di euro all’anno e per le attività istituzionali altri 50», tuonò trionfante l’allora governatore Rosario Crocetta, «Se poi aggiungiamo anche le società partecipate e i debiti che accumulano, raggiungiamo la somma di un risparmio di circa 100 milioni l’anno». Bum!
Le cose, come noto, sono andate assai diversamente. Tanto da far scattare oggi la retromarcia. Che in realtà, come ha scritto Giacinto Pipitone, non è semplicissima: il ripristino delle vecchie province infatti è stato «già bocciato in aula due volte l’anno scorso perché non piace ai deputati che troverebbero negli stessi loro collegi elettorali dei competitor». Tutte ragioni, come si vede, «alte e nobili»...
Divertente, nel tormentone, la posizione di Giancarlo Cancellieri. Folgorato da Renato Schifani dopo essere stato il combattivo alfiere siculo di Beppe Grillo, ai tempi dell’abolizione delle province era l’euforico capogruppo nel M5S: «Abbiamo rispettato l’impegno preso coi cittadini».