Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  novembre 13 Mercoledì calendario

La protesta contro gli Affitti brevi

A Firenze le hanno coperte con cerotti rossi e la scritta «salviamo Firenze x viverci». A Roma sono state nascoste da cappelli verdi come quelli di Robin Hood: «Sabotiamo il Giubileo dei ricchi». Pochi giorni dopo i cappelli di Robin Hood sono arrivati anche a Bologna: «Perché non diventi solo una città per ricchi». A Milano da mesi adesivi lilla e gialli ne segnalano la presenza e sabato una protesta ai Navigli ha ribadito il concetto: «Questa città non è un albergo». Da nord a sud, le «keybox» (o «lockbox») sono migliaia, appese su inferriate, finestre, portoni, ma anche su pali, lampioni, contatori elettrici. A Firenze ne hanno avvitata una perfino su una colonna storica. Sono piccole scatole di plastica che si aprono con una combinazione numerica e che contengono le chiavi per entrare in un appartamento affittato online per pochi giorni, ai turisti, ma non solo. Perfette per il self check-in, senza incontrare il proprietario. 
In tutte le città
Negli ultimi anni si sono moltiplicate, soprattutto nei centri storici delle città più affollate di turisti che agli alberghi preferiscono un appartamento, anche se per pochi giorni. Roma, Venezia, Firenze, Milano, Bologna, Napoli. Ma anche Verona, Torino, Lecce, Como, Genova. Le keybox sono ovunque e sono diventate ormai il simbolo di un mercato in aumento e che in Italia riguarda ormai oltre 600 mila abitazioni, quello degli affitti brevi (massimo 30 giorni), poco amato dagli albergatori e contestato da residenti e movimenti per la casa, visto come l’origine dell’overtourism che ha invaso città e borghi d’Italia. Così è scoppiata la rivolta contro lucchetti e scatoline. Proprio ieri il Comune di Firenze ha vietato le keybox nell’area Unesco per «motivi di decoro e sicurezza». Come già in Francia, Parigi in testa, e a New York. Ma l’obiettivo delle proteste sono queste migliaia di case vuote messe in affitto sulle piattaforme online per pochi giorni, che favorirebbero lo spopolamento dei centri storici, l’aumento dei prezzi dei canoni per residenti e studenti e un turismo selvaggio. 
 
Le regole
Per il ministero del Turismo le strutture registrate in tutta Italia sono 559.450. L’Aigab, l’Associazione italiana gestori degli affitti brevi, ne conta 640 mila, pari a circa 2,5 milioni di posti letto. Il 96% appartiene a singoli proprietari, mentre il 25% è gestito da operatori professionali, in tutto i gestori (non proprietari) stimati sono 30 mila. Sono 600 mila le famiglie per le quali affittare un’abitazione per un brevissimo periodo si traduce in un’entrata integrativa, con una rendita media di 17 mila euro l’anno (nel 2023). Però, dice il presidente Marco Celani, «le case non utilizzate in Italia sono 9,6 milioni (su 35 milioni): immobili che i proprietari preferiscono tenere vuoti per non incorrere nei disagi dell’affitto a lungo termine, almeno gli affitti brevi danno un valore alle case». Ma da tempo i Comuni più coinvolti stanno cercando soluzioni per una gestione delle locazioni turistiche. Firenze fa da capofila avendo provato a bloccare la nascita di nuovi b&b nell’area Unesco, divieto fermato dal Tar: in attesa di una decisione, c’è la corsa dei proprietari a registrare la propria casa per poterla un giorno affittare, non si sa mai. A Venezia un regolamento (finora mai applicato) limita la locazione a 120 giorni l’anno. E Roma sta lavorando a un pacchetto di norme su spazi, licenze e quartieri.
 
Il codice identificativo
Ad oggi non esiste una regolamentazione nazionale del fenomeno. Cosa che invece viene richiesta un po’ da tutti, albergatori inclusi. Il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca invoca «una legge quadro», ma dando «ai sindaci il potere di regolamentare il fenomeno città per città, perché non sono tutte uguali». Dal canto suo, il ministero del Turismo ha istituito l’obbligo di un Cin, un codice identificativo nazionale, per le case da affittare per poco tempo, anche per far emergere il sommerso: finora sono stati rilasciati 325.005 Cin, il 58.09% delle strutture. E in caso di due o più immobili la tassazione sale (al 26% dal 21%). E però alle proteste la ministra Daniela Santanchè risponde: «La questione degli affitti brevi è molto delicata, la proprietà privata è sacra e mi viene difficile dire alle persone cosa devono fare a casa propria, però io dico: confrontiamoci».