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 2024  novembre 12 Martedì calendario

Il diritto di parola è sacro

Ormai, in questa batracomiomachia che parodizza le tragedie degli anni 70, non passa giorno senza che uno di destra voglia tappare la bocca a uno di sinistra, e viceversa. Tizio non deve parlare, Caio va punito per aver detto la tal cosa, il circolo o il sito Sempronio va chiuso, il corteo X o Y va proibito. La democrazia non muore perché è tornato il fascismo o il comunismo, come dicono gli opposti cabarettismi, ma perché nessuno si ricorda più che cos’è: un sistema faticosissimo, ma meno inaccettabile degli altri, dove tutti sono liberi di parlare e manifestare, anche per dire bestialità. Difendere questa libertà di tutti non significa che hanno tutti ragione: possono avere anche tutti torto, ma nessuno deve temere per ciò che dice. I veri (e rari) democratici si distinguono proprio quando difendono la libertà di chi è più lontano da loro. Esempio: che CasaPound sfili a pochi passi dalla stazione di Bologna, luogo della strage fascista, è osceno: ma nessuno può impedirlo. Se poi si commettono reati, la polizia interviene: dopo, non prima. E se gli antifascisti – ci mancherebbe – vogliono contestare la marcia di CasaPound, devono poterlo fare senza manganellate né cariche preventive.
Non è un’opinione. È l’articolo 17 della Costituzione: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Articolo che non specifica per cosa o contro chi si manifesta: si può farlo sempre senza chiedere il permesso, ma solo dando il preavviso. Punto. Lo stesso vale per le continue guerre verbali su ciò che dice questo o quello. Se Saviano vuol dare la colpa della mattanza dei ragazzini di Napoli al governo, è liberissimo di farlo senza che il partito della premier lo additi al linciaggio come “sciacallo senza dignità”. Se un prof di liceo insulta e minaccia (criticare è un’altra cosa) un ministro, questi può querelarlo (e con buone speranze in tribunale), ma non levargli il lavoro per tre mesi e dimezzargli il già misero stipendio. L’articolo 21 della Carta dice che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Cioè include anche il diritto alla cazzata. Chi solidarizza con Saviano e col prof, però, dovrebbe smettere di chiedere punizioni esemplari per le sparate di Vannacci&C. e dei negazionisti del clima, del Covid, del gender, della storia. E nessuno dovrebbe chiedere di vietare cortei e chiudere siti web e centri sociali di qualunque colore. Semmai sgomberare i palazzi che occupano illegalmente. Tutti, però.