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 2024  novembre 12 Martedì calendario

Cazzullo parla con gli autisti di Uber che hanno votato Trump

Caro Aldo,
lei scrive che anche le classi popolari hanno votato per Trump, ma ne è così sicuro?
Franco Dessi
Caro Franco,
questa elezione ha segnato il rafforzarsi anche in America di una tendenza da tempo diffusa in Europa: il passaggio di parte delle classi popolari da sinistra a destra. Lo dicono le statistiche, e anche le verifiche sul campo. Ho chiesto a tutti gli autisti di Uber che ho incontrato per chi avessero votato: tutti, tranne uno, avevano votato per Trump. A parte il caso estremo di un russo di origine uzbeka e di fede politica rossobruna, fidanzato con un’ucraina, grande ammiratore di Hitler e Stalin («due veri leader, peccato si siano fatti la guerra tra loro»; in Italia appoggerebbe l’alleanza tra il generale Vannacci e Marco Rizzo), tutti gli altri mi hanno detto di aver votato Trump per la sua linea dura sull’immigrazione. Ed erano uno eritreo, uno etiope, uno senegalese, uno ecuadoriano, uno salvadoregno di nome Edgar… Anche loro quindi sono immigrati negli Stati Uniti. Ma legalmente. Rispettando le regole. Pagando le tasse. E sono arrabbiatissimi con i democratici, che hanno fatto entrare clandestini che le tasse non le pagano. «Se poi un salvadoregno commette un reato, se la prendono con tutti noi» mi ha detto Edgar.
L’unico ad aver votato per Kamala era Lorenzo. L’unico a essere nato negli Stati Uniti. Nome italiano, ma nero del Wisconsin (chi pensa che i neri si offendano a essere chiamati neri non conosce l’America, dove i neri sono giustamente orgogliosissimi di esserlo). Aveva più di sessant’anni, ma ne dimostrava venti meno, con la capigliatura dread. Lorenzo mi ha raccontato la sua storia, cominciando così: «Io sono stato ventitré anni in galera». La cosa mi ha un po’ preoccupato: in Italia per stare ventitré anni in galera bisogna aver commesso come minimo una strage, e non essersi pentiti. Lorenzo invece era l’unico membro di una gang, non dedita a opere caritative, a essere stato catturato: non aveva parlato, e quindi gli avevano appioppato tutte le malefatte del gruppo. «E sa quando sono uscito dal carcere? Non con Clinton. Non con Obama. Con Donald Trump!». Insomma, parlava di Trump come del suo liberatore. «Purtroppo non ho potuto votarlo, perché mia madre novantenne mi ha fatto una testa così per Kamala. Ma sono contento che abbia vinto».
P.s. non so però se gli autisti di Uber possano definirsi classe popolare. Certo lavorano tantissimo. Ma guadagnano bene. Da noi in Italia Uber in pratica non esiste. E mancano le auto pubbliche