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 2024  novembre 12 Martedì calendario

Steve Bannon contro Zelens’kyj: «I soldi sono finiti»

Steve Bannon ci ha dato appuntamento alle 11 dell’11/11, l’ora e il giorno dell’armistizio che sancì la fine della Prima guerra mondiale. È Veterans Day, festa nazionale. È seduto a un tavolo a casa davanti al camino, circondato da telecamere: sta registrando il suo programma online «War Room» con l’aiuto di un assistente. Il clima non è di armistizio. «Non possiamo aspettare l’insediamento di Trump: la battaglia per il controllo del governo avviene in questo momento: alla Camera, al Senato, nello Stato amministrativo, alla Difesa, i giudici...». 
L’ex stratega della vittoria di Trump nel 2016 guida il braccio mediatico del movimento Make America Great Again (Maga). Dice che ora le priorità sono la «decostruzione dello Stato amministrativo» e il debito pubblico, «la principale minaccia alla sicurezza nazionale». L’incontro Trump-Biden di domani? «Una cortesia di Trump, sono contento che lo faccia, ma non ne ha bisogno. Io non inviterei Biden all’insediamento. Dicono che serve unità. Avremo l’unità dopo che abbiamo epurato i traditori». 
A marzo lei ci disse che se Giorgia Meloni volesse essere riaccolta dopo la vittoria di Trump dovrebbe dimostrare di aver cambiato posizione sull’Ucraina. 
«Parlavo del movimento Maga, non di Trump. Lui non fa queste richieste agli altri Paesi. Ma credo che molti, nel movimento qui, pensano che Meloni si è quasi trasformata in una Nikki Haley. È stata tra i più grandi sostenitori della continuazione della guerra in Ucraina. Però l’Italia non ha fatto abbastanza per tenere il canale di Suez aperto per il commercio: tra i gruppi tattici di portaerei là, credo che ci sia solo una corvetta italiana. Comunque penso che il suo atteggiamento cambierà con l’arrivo del presidente Trump, che la convincerà. E che i Paesi della Nato saliranno a bordo abbastanza rapidamente. Altrimenti, se crede davvero a quello che ha detto negli ultimi anni, dovrebbe essere pronta con gli altri in Europa a metterci i soldi, a staccare assegni grandi quanto i discorsi. Noi del movimento Maga siamo irremovibili, vogliamo tagliare al 100% i fondi per l’Ucraina alla Camera». 
Quindi c’è una differenza tra quello che il movimento «Maga» e l’amministrazione Trump potrebbero chiedere alla premier Meloni?
«Al 100%. Ma Trump dirà che vuole la pace in Ucraina. Non parlo per lui, ma è evidente che vuole porre fine a questa semi-ossessione di spingere la Nato quasi in territorio russo. Lui non l’appoggerà, ma lei l’ha fatto, è stata al gioco. È piuttosto ovvio che aveva scommesso che Trump non sarebbe più tornato, si vede dalle sue politiche. La scommessa era sbagliata, non ha pagato. Ora che Trump è tornato, il movimento Maga è più forte che mai e ci prenderemo l’apparato della sicurezza nazionale e della politica estera». 
Meloni può essere un ponte tra America e Europa? 
«Se resta fedele alle sue convinzioni fondamentali, sì». 
Può essere d’aiuto? 
«Non abbiamo bisogno di aiuto da nessuno in Europa. I populisti hanno preso questo Paese, Trump è un grande leader e sono certo che sarà magnanimo, ma il movimento Maga, che è più a destra di Trump, dirà che l’Europa non ha fatto nulla per gli Stati Uniti. Vi abbiamo salvati nella Prima e Seconda guerra mondiale, nella Guerra fredda e in Ucraina. Basta. Perché ci servirebbe un ponte? Abbiamo un modello, America First: riportare la sicurezza economica e lavorativa nel Paese. Se volete un partner, ok, sennò ok uguale. Al movimento Maga non serve un ponte, perché Le Pen, Farage e Orbán sono con noi. Raccomanderei a Meloni: sii ciò che eri quando i Fratelli d’Italia erano al 3%». 
È stato in contatto con Salvini? 
«No, sono stato schierato al 100% nell’assistere Trump a tornare alla Casa Bianca: 20 ore al giorno per 4 anni, senza un giorno libero tranne quand’ero in prigione». 
In Europa molti sono preoccupati per i dazi.
«Dovrebbero esserlo. Non pagheremo per la vostra difesa mentre lasciamo che ci colpiate con accordi commerciali sbilanciati. Sì, i dazi stanno arrivando, dovrete pagare per avere accesso al mercato Usa. Non è più gratis, il libero mercato è finito, perché l’Europa ha abusato di noi, come hanno fatto gli altri alleati». 
Tornerà alla Casa Bianca? 
«No, ho molto più potere qui. Servono media alternativi: podcast, streaming, Twitter hanno battuto i media tradizionali in questa elezione. Perché dovrei rinunciarci?». 
Lei ha parlato di purghe al Pentagono. Cosa succederà ai funzionari pubblici? 
«Dipende dal presidente e dalla sua cerchia ma è possibile eliminare interi dipartimenti. Sarà un’operazione aggressiva. E Stephen Miller, nuovo vicecapo dello staff per le politiche della Casa Bianca, sarà centrale». 
Chi sono le figure di peso nel team di transizione? 
«Robert F. Kennedy, Tulsi Gabbard, Musk, Tucker Carlson, Don jr, 5 o 6 persone». 
E lei non va a Mar-a-Lago? 
«Non c’è bisogno, serve che io stia qua. E sono in contatto con loro 24 ore su 24». 
Pompeo e Haley non torneranno al governo. 
«La loro carriera politica è finita. Quel tweet del presidente Trump l’ha uccisa». 
Il Wall Street Journal scrive che è per evitare competizione per J.D. Vance quando correrà per la Casa Bianca. 
«No, sono neocon. J.D. farà quel che deve, se avrà l’appoggio di Trump lo vedremo. Ma una decisione simile non è per proteggere J.D. Vance».