Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 25 Venerdì calendario

Biografia di Carlo Lucarelli

Carlo Lucarelli, nato a Parma il 26 ottobre 1960 (64 anni). Giornalista. Scrittore. Conduttore tv. Sceneggiatore (uno su tutti Non ho sonno di Dario Argento). Attore (Era legale, Diabolik sono io e anche nella parte di sé stesso in Un posto al sole il 5 aprile 2004). Regista (L’isola dell’angelo caduto, 2012). Tra i suoi libri: L’estate torbida (1991), Indagine non autorizzata (Mondadori 1993), Il giorno del Lupo (1998), L’isola dell’angelo caduto (Einaudi 1999), Laura di Rimini (2001), L’ottava vibrazione (Einaudi 2008), Albergo Italia (2014), L’incredibile, prima di colazione (2020), Nero come il sangue (con Picozzi, 2021), Nero come l’anima (2022), Nero come il terrore (con Picozzi, 2023). A questi si aggiungono i sei volumi del commissario De Luca (a cominciare da Carta bianca, romanzo d’esordio) e i due del commissario Marino. E poi le serie degli ispettori Coliandro (da Nikita a il giorno del lupo), Grazia Negro (il primo volume fu Almost blu, l’ultimo Léon) e del capitano Colaprico (Albergo Italia e Il tempo delle iene). In tv ha condotto, tra gli altri, Milonga station, Blu notte, Almost true, Lucarelli racconta, Italia in 4D, La tredicesima ora. Scrive anche per il teatro (Tenco a tempo di tango). Per 5 anni a Radio Deejay con Dee Giallo. «Racconto storie sui misteri della musica, dall’assassinio di John Lennon al suicidio di Kurt Cobain, con intermezzi musicali». Suoi anche i programmi Profondo nero (2015-2016), Inseparabili (2018) e da ultimo ospite fisso a Noos – L’avventura della conoscenza (2024) di Alberto Angela. Sceneggiatore di fumetti (fra gli altri Dylan Dog, Cornelio e da ultimo Julian). Nel 2015 è uscito il suo primo libro per bambini: Thomas e le gemelle, le cui protagoniste sono le sue gemelline: Angelica e Giuliana. «Se va avanti così oscurerà Georges Simenon. Quanto a prolificità» [Aldo Grasso, Cds].
Titoli di testa «Scrivere un noir è come osservare qualcosa stando a mezz’aria».
Vita Tra i suoi antenati c’è l’inventore del telefono Antonio Meucci: «Mia nonna era una Meucci e dall’albero genealogico che ha ricostruito mio fratello, risulta che Antonio Meucci era il cugino del mio Bisnonno. Io me ne vanto perché Meucci è un personaggio grandioso: molto italiano, un geniale disorganizzato» [Ruggiero, cit.] • Primo ricordo d’infanzia? «Un tailleur a quadretti indossato da mia mamma». Il gioco? «I soldatini, ne avevo a migliaia» [IoDonna] • «Io sono nato a Parma perché mio padre Guido, ematologo, era medico all’Università. Ho vissuto lì fino a dieci anni, poi ci siamo trasferiti a Faenza. La Parma dei miei ricordi è quella degli anni Sessanta e Settanta, molto diversa da oggi: vivevamo in via Puccini, che allora era quasi al limite della campagna. Qualche anno fa, mi sono accorto che adesso via Puccini è centro» [De Ioanna, Rep] • «Mia madre leggeva romanzi di ogni genere, e ogni volta che aveva letto un libro che le era piaciuto e pensava sarebbe piaciuto anche a me, compatibilmente con la mia età, me lo passava senza dirmi a che genere apparteneva. Per cui ho letto romanzi gialli: i classici “Gialli Mondadori”, con lo stesso spirito con cui leggevo le altre cose che lei mi passava. Mi sono accorto, dopo un po’, che le storie che più mi piacevano erano storie che avevano a che fare con il mistero» [Mauro Ruggiero, ilprimoamore.com] • Una passione per Giorgio Scerbanenco: «Da giovanissimo mi misi a leggere i suoi romanzi, primo tra tutti I ragazzi del massacro. Fu una rivelazione: con certe storie si poteva fare un’eccellente finzione» • I suoi genitori divorziarono presto. Come l’ha vissuta? «Bene, anche se all’epoca era comunque una condizione strana. Non ero una cima a scuola. Alle medie volevano mandarmi nelle sezioni speciali, quelle per ragazzi con problemi» [Roberta Scorranese, Rep] • «Il Liceo Torricelli, allora almeno, era una scuola molto esigente, si studiava un sacco. Me ne accorsi subito, fin dal Ginnasio, dove il mio 7,5 in latino delle medie si trasformò in un orrido 4--. Fu uno choc terribile. Per non parlare della maturità, quando ogni minuto era buono per studiare. Ci sembrava davvero di stare in trincea, con gli occhi fuori dalle orbite, alla fine dell’anno scolastico contavamo i caduti, sempre due ogni volta» […]. Eppure... «A ripensarci oggi, mi rendo conto che il metodo di studio che ci ha dato quella palestra, perché di una vera e propria palestra si trattava, è servito. Allo stesso modo c’era un grande contrasto tra la spettralità del luogo e la sua modernità. Ad esempio, il professore di lettere Elio Tampieri, che pure criticavamo, dedicava però un’ora alla settimana alla Letteratura del Novecento. Ecco. Se io in seguito mi sono legato a certi modi di scrivere, a certi sperimentalismi, lo devo a lui. E in generale, per quanto riguarda l’italiano, mi ha dato di più il Liceo che l’università. Oltre a Tampieri poi, per me davvero geniale, abbiamo avuto alte ottimi professori, come Giannetto Cattani, di filosofia, che ci ha dato stimoli per imparare a pensare» [ad Annalisa Reggi, studentessa del Il Liceo di Faenza, 2005] • «Ero il classico studente apolitico di Faenza. Sono famoso tra gli amici per una storia comica che poteva rivelarsi tragica». La racconti. «11 marzo 1979. A Bologna c’era la manifestazione per l’anniversario della morte di Francesco Lorusso…» …il militante di Lotta Continua ucciso dalle forze dell’ordine nel ’77… «… si prevedevano scontri. Allora con i miei compagni di Università decidemmo di tenerci alla larga e invece di prendere i mezzi andammo all’Università con la mia macchina. Io lasciai persino a casa un piccolo coltellino, per non rischiare nulla. Quando rientrai a Faenza e mia madre mi vide sulla Ritmo, si mise a ridere». Perché? «Perché il giorno prima l’auto era stata usata dal suo compagno, Gaetano. Professione: rappresentante per una ditta d’armi. In pratica ero andato a Bologna, nel giorno del corteo, con un baule che conteneva due pistole e tre fucili. Se mi avessero fermato, probabilmente mi avrebbero arrestato e avrebbero buttato la chiave» [Vittorio Zincone, Sette] • Era il cantante di un gruppo punk, i Progetto Kappa • «Ho cominciato a mandare manoscritti alle case editrici a quattordici anni. Per molto tempo allegavo alle mie opere una lettera in cui annunciavo: “So che non è un granché, ma sono giovane…”». Che libri erano? «Ho sperimentato molto. Storie che si svolgevano all’estero, ispirate ad Agatha Christie, poi a Raymond Chandler. Una volta letto Scerbanenco mi decisi ad ambientarle in Italia. Alla fine degli anni Ottanta feci un piano di invio del manoscritto di Carta bianca…» [Zincone, cit.] • Romanzo che verrà pubblicato da Sellerio: «Dal punto di vista letterario Elvira Sellerio è stata come mia madre. Ero del tutto sconosciuto e a mia volta non conoscevo nessuno alla Sellerio quando spedii il mio romanzo. Qualche mese dopo, verso Natale mi arrivò la telefonata della Sellerio in persona che mi annunciava: “Buonasera. Pubblichiamo il suo libro, è contento?”. Lì per lì pensai che si trattasse di uno scherzo e rimasi freddo come un ghiacciolo, limitandomi a ringraziare. Una reazione che lei più tardi mi avrebbe a più riprese affettuosamente rimproverato» [Giornale di Vicenza] • Carta Bianca il primo romanzo della serie del Commissario De Luca, ambientato negli anni della Repubblica di Salò… «…studiavo Storia contemporanea, ero fuori corso a Lettere». Come si manteneva? «Scaricando frutta, facendo un po’ di lavoretti» [Zincone, cit.] • E poi «mi sono mantenuto scrivendo commedie teatrali». Facevano ridere? «Eccome, erano di una comicità crassa. Scrivevo testi per piccole compagnie del Bolognese, tipo quelle del festival medioevale di Brisighella. Lì non puoi andare per il sottile, la gente in piazza la devi far sganasciare» [Scorranese, cit.] • «Non ho mai discusso la mia tesi perché quella ha finito per diventare il mio primo romanzo, Carta bianca» [ibid.] • Eccoci a Bologna, con il famoso «Gruppo dei 13» (nato nel 1990). Lei, Fois, Macchiavelli e altri giallisti riuniti in una sorta di cooperativa. «Già, modello emiliano. Ma è stata un’idea vincente, perché abbiamo deciso di unirci e non di farci la guerra tra di noi. Ci aiutavamo a vicenda, presentandoci reciprocamente i libri. Provi a immaginare: Andrea De Carlo che presenta i libri di Baricco all’epoca era un’ipotesi lunare. Non capisco perché anche altri scrittori e scrittrici non si uniscano. Ci si guadagna in forza, identità, resistenza all’usura del tempo». Bologna è stata un buon collante? «A dire il vero pochi di noi erano bolognesi. Quando decidemmo di mobilitarci per appoggiare Cofferati capimmo che quasi nessuno votava qui. Uno votava a Parma, uno a Modena. Bologna è stata un teatro dove abbiamo fatto cose. Presentazioni, iniziative, laboratori. Ci spostavamo in gruppo, usavamo il furgone della moglie di Fois che lavorava in una piscina» [ibid.] • Nel 1997 il successo con Almost blue che nel 200 diventa un film: «Almost blue è stata una cosa particolare. Alex Infascelli, che al tempo era al suo primo film, è stata sempre una persona molto geniale, ma anche un tipo esuberante. Mi aveva telefonato la prima volta dicendomi: “Complimenti, ho letto il tuo libro, mi è piaciuto molto e voglio farci un film. Lo sceneggiamo insieme, vengo a viere a casa tua e lo scriviamo!”. Va bene, gli dissi. Poi lo risento una seconda volta e mi dice: “Guarda nel frattempo ho già scritto la sceneggiatura. Te la mando e mi dici cosa ne pensi”. E io ho detto ancora una volta: “Va bene”. Mi arriva la sceneggiatura e poi mi arriva anche la sua terza telefonata in cui mi dice: “Guarda, nel frattempo ho anche già fatto il film. Vieni a vederlo al cinema!”. E così sono andato a vederlo in anteprima e mi è piaciuto, ci mancherebbe, va benissimo. Ma è un film fatto da un’altra persona. Il regista è come se fosse un lettore, e il lettore ha il diritto di proiettarsi nella testa qualunque cosa trovi nelle tue parole, non puoi andargli a dire: “No, guarda è sbagliato, hai capito male!”. Semmai ti sei spiegato male tu. E quindi lui ha fatto un film che è soprattutto un film horror, incentrato sulla figura del serial killer. Mentre io avevo altre idee. Dopo, agli altri film che hanno fatto dai miei libri, tranne quelli sul Commissario De Luca, in qualche maniera ho sempre partecipato» [Ruggiero, cit.] • Ci racconta l’incontro con Dario Argento? «Dunque, lo incontrai per la prima volta a un festival, ma ci salutammo e basta. Poi fu lui a telefonarmi, perché stava lavorando ad un film e non voleva scrivere la parte che riguardava i poliziotti, parte che intendeva affidare a me. Quando mi chiese di collaborare alla scrittura di Non ho sonno volle venire a trovarmi a Mordano. Allora una sera gli proposi un cinema e nell’unica sala del paese andammo a vedere Il mistero di Sleepy Hollow. Lei pensi: io e Dario Argento che vediamo quel film». «Paura, eh?», direbbe De Luigi. «Caso volle che quella sera nel cinema si rompesse il riscaldamento e così il pubblico poté vedere Argento che batteva i denti, ma non per la paura, bensì per il freddo. Non le dico la scenata che fece poi alla cassa» [Scorranese, cit.] Carlo Lucarelli rimase scioccato quando entrò nel camerino di Fabio De Luigi e vide come lo truccavano per fare la sua imitazione: «Prima gli hanno messo in testa una calotta per togliergli i capelli, poi un sacco di cuscini per mettergli la pancia. Ho pensato: “Merda, ma sono così brutto?”» [Brocardo, Vanity]. «Paura, eh!» (De Luigi) • All’inizio scriveva a penna e poi ricopiava tutto con la macchina da scrivere • «Un professionista metodico (“prima di iniziare a scrivere vado in biblioteca e comincio a leggere tutte le collezioni di giornali degli anni che mi interessano”), un meticoloso cronista di nera (lo è stato) che sa battere la pista (“la maggior parte del tempo sei fuori a parlare con la gente”). Uno scrittore, anzi un narratore, che sforna a ritmi da catena di montaggio romanzi e racconti, ordinatamente suddivisi in gialli classici e noir, serie televisive, sceneggiature tratte dai suoi libri. Che ha un sito Internet di precisione maniacale, che viene anche qualche brivido a scorrerlo – lo scrittore seriale e il killer seriale saranno mica parenti psichici? – dove stanno ben ordinate le interviste concesse e una bibliografia che nella forma completa (c’è anche la versione minima, per i pigri) occupa dieci fogli formato A4, praticamente la tesi di laurea su di lui è già fatta. E in più le notizie, i tic, i mirabilia ufficiali, allineati come un serial killer allinea le ossa. Perché il giallista è una professione a tempo pieno, ci vuole del metodo se non si vuole gettare tempo e denaro. Per non parlare del talento, che non è una risorsa infinita. Carlo Lucarelli è innanzitutto un metodo» [Maurizio Crippa, Foglio] • «Appendo sulla porta del bagno di casa una fila ordinata di post-it su cui segno quel che ho già scritto e sotto attacco a macchia di leopardo tutte le idee che vorrei inserire, i particolari che mi vengono in mente. Perdo molto tempo a osservare quella porta» [Zincone, cit.] • «Comincio al mattino verso le 11, se posso non interrompo per il pranzo. Le ore buone arrivano verso le 4 del pomeriggio. Quando azzecco una buona frase mi alzo, vado a farmi un caffè con la macchinetta espresso, guardo un minuto di televisione. Correggo sullo schermo, rivedendo ogni mattina il lavoro del giorno prima. Se non è tutto a posto non riesco a proseguire. Sono sempre in ritardo, l’editore mi strappa di mano il manoscritto. O mi sequestra, com’è accaduto per Un giorno dopo l’altro» [a Mariarosa Mancuso, Foglio] • «Il mio metodo è “forsennatamente”, e non è consigliabile» [Riva, Rep] • La lettura del suo Mistero in blu indusse il pm di Catania Salvatore Faro a riaprire il caso dell’omicidio di Antonella Falcidia, uccisa nel 1993: nel marzo del 2007 finì in carcere per alcuni mesi Vincenzo Morici, medico e marito della vittima. «So che in tanti amerebbero una versione Miss Marple della storia. In realtà nel libro ho riportato il frutto del lavoro di una puntata di sei anni fa. Il nuovo pubblico ministero lo ha letto, ha riflettuto su alcuni miei spunti per un ragionamento. Ha riaperto il caso. Il resto è tutto merito degli investigatori» [a Paolo Conti] • Nel 2012 esordio alla regia in L’isola dell’angelo caduto «È un’opera volutamente sopra le righe, un thriller gotico surreale dal linguaggio complesso e contorto. Ed è venuto proprio come lo volevo io. Ma se trovate che sia pasticciato, che ci siano dentro troppe cose, la colpa è solo mia» [Mereghetti, Cds] • «Ormai Lucarelli è diventato una sorta di format di sé stesso, tutto basato su un’affabulazione che è spesso schematica, su consolidati e reiterati espedienti retorici che ne fanno un “brand” esportabile dalla radio alla tv, al marketing, capace di piegarsi indifferentemente a qualsiasi argomento, dalla musica alla cronaca, ai misteri irrisolti» [Grasso, cit.] • Libri, trasmissioni televisive, scrittura di fiction tv, documentari. Lei è diventato ricco? «Benestante» [Scorranese, cit.] • «Ho una vita noiosa, è vero. Pinketts incarnava il giallista perché lo voleva. Ma non è che se scrivi romanzi gialli sei tormentato e se sei tormentato bevi. Pinketts si è divertito un sacco a fare Pinketts. E beveva. Ma si può vivere facendo tante altre cose. È uno stereotipo quello del giallista maledetto. Si può anche essere irregolari senza per questo avere vizi. Per esempio, la gente mi immagina a casa a scrivere, ma sono quasi sempre in giro. A me piace bere senza essere un bevitore, apprezzo ogni tanto il fumo del sigaro. Insomma, preferisco la degustazione» [Gianmarco Aimi, RollingStone].
Curiosità È vero che Fausto Bertinotti non si addormenta se non legge un passo di Lucarelli? «Non so, di certo mi legge. Così come fa anche D’Alema, almeno per quello che so io. Non voglio parlare dei lettori illustri, però mi ha colpito moltissimo quando due mostri sacri come Don Winslow e Michael Connelly hanno citato il mio Almost Blue» [Scorranese, cit.] • «Ho scoperto di essere seguito molto dagli immigrati. La mia benzinaia, una rumena, dopo una puntata mi ha intrattenuto a lungo sulle Brigate rosse, per esempio...» • Lei di che cosa ha paura? «Dei granchi e delle aragoste». Davvero? «Li mangio, ma se me li ritrovo vivi davanti… credo sia una fobia legata alla mia infanzia. Quando ero piccolo andammo a vivere per un anno a Boston. Lì le aragoste non costavano nulla e ricordo una volta che ho aperto il frigorifero ed era pieno di crostacei arancioni» [Zincone, cit.] • In una vecchia intervista avevi ammesso che sotto la doccia cantavi l’Internazionale di Franco Fortini. Ancora oggi? «Era vero, ma non me la ricordo più bene. Alla stessa domanda, ora risponderei Bella ciao» [ibid.] • «Dulcis in fundo, era grande estimatore di Andrea Camilleri, il quale ricambiava, facendo anche leggere in più occasioni al commissario Montalbano libri di Lucarelli. Camilleri e Lucarelli hanno scritto insieme il racconto Acqua in bocca (minimum fax), in cui il commissario Montalbano e Grazia Negro collaborano a un’indagine a distanza, attraverso un rapporto epistolare; l’idea del racconto è venuta a seguito della realizzazione del documentario di Matteo Raffaelli A quattro mani (minimum fax media), che mette a confronto i due scrittori» • È di sinistra, nel 2010 a Bologna ha fondato Bottega Finzioni, una scuola «per imparare a raccontare», è presidente della Fondazione per le vittime dei reati • Non sopporta il rumore del computer • Vive a Mordano, vicino Bologna: «Un paesino proprio sul trattino dell’Emilia-Romagna».
Amori Quando conobbe Yodit lei le disse subito che lei non voleva sposarsi, né convivere né avere figli. Com’è finita? «Che siamo sposati, viviamo assieme e abbiamo due gemelle» [Scorranese, cit.] • Yodit è americana di Los Angeles ed Eritrea di Asmara: «Mi fa paura l’idea che qualcuno per strada possa maltrattare mia moglie per le sue origini. L’ho conosciuta in Italia, ci siamo sposati qui. Lei sarebbe andata a vivere volentieri nella sua New York, sono io che non sono voluto emigrare. Le mie figlie sono meticce e quando siamo in Africa per loro usiamo i nomi eritrei Manna e Abeba…» [Zincone, cit.]. In Italia si chiamano Giuliana e Angelica • Verrebbe da chiederle che giochi inventa per loro, perché ci si immagina subito un riferimento all’horror… «Ma no, gliel’ho detto che so essere anche divertente» [Scorranese, cit.] • «A casa ho lo studio su tre rampe di scale. Io sono di sopra a sbudellare persone, poi a un certo punto sento: “Babboooo” e scendo a giocare con loro. Poi torno su di nuovo ad ammazzare gente. I bambini, comunque, hanno un punto di vista interessantissimo e forse tra qualche tempo, quando avrò metabolizzato il loro modo di interpretare certe storie, mi ci dedicherò davvero» [Aimi, cit.]. Oggi le gemelle sono adolescenti.
Titoli di coda «Ma questa è un’altra storia».