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 2024  ottobre 31 Giovedì calendario

Biografia di Jacques Attali

Jacques Attali, nato ad Algeri (Algeria, allora dipartimento francese d’oltremare) il 1° novembre 1943 (81 anni). Economista. Politico. Banchiere • «Il Richelieu socialista» • «L’eminenza grigia» • «Il grande intellettuale della sinistra francese» • Dal 1981 al 1991 fu consigliere speciale del presidente François Mitterand, lo stesso ruolo che aveva Henry Kissinger con Nixon alla Casa Bianca. Ha collaborato con Nicolas Sarkozy, che gli commissionò un rapporto sulla crescita economica. Fu lui, in quell’occasione, a scoprire ed assumere come assistente un brillante diplomato all’Ena di nome Emmanuel Macron. «Sono stato io a presentarlo a François Hollande nel 2010, e quando Hollande è diventato presidente lo ha chiamato come consigliere. Devo riconoscere che provo un certo orgoglio nell’avere capito per primo che Emmanuel era un ragazzo di grandi qualità» • È politologo, futurologo e direttore d’orchestra. È stato fondatore e primo presidente, tra il 1991 e il 1993, della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, nata per accompagnare la transizione al libero mercato dei Paesi dell’ex blocco sovietico. Si è occupato di tutto e di più: microcredito, fusioni aziendali, nuove tecnologie, rischi legati alla proliferazione nucleare, inondazioni in Bangladesh. Suona il piano da quando era bambino, è autore di quaranta libri sugli argomenti più disparati, tradotti in più di venti lingue, con più di sei milioni di copie vendute. Attivissimo su X, Instagram e YouTube. Per vent’anni ha scritto sul L’Express e sul Journal des arts, oggi è editorialista di Les Échos e del Financial Times • «Parlando di Attali non si possono dimenticare la sua indipendenza di giudizio, il suo ingegno pluridirezionale, la sua fantasia psichedelica e soprattutto la sua capacità di lavoro. Chi lo conosce bene lo descrive come un incrocio fra Tintin e il dottor Stranamore. Sempre alla ricerca dell’avventura intellettuale, poco importa se macchiata da un pizzico di follia» [Arturo Guatelli, Cds 23/5/1990].
Titoli di testa «Una volta Jacques Attali aveva convocato un congresso di dimensioni mostruose a Parigi sul tema “gli intellettuali e le crisi del nostro secolo”. Il mio intervento si era limitato a poche parole: “Badate che gli intellettuali, per mestiere, le crisi le creano, ma non le risolvono”» (Umberto Eco).
Vita Figlio di un modesto commerciante di profumi. Famiglia di ebrei sefarditi, scappati dalla Spagna in Africa del Nord. Nato ventiquattro ore dopo il ristabilimento del decreto che nel 1870 aveva accordato la cittadinanza a tutti gli ebrei di Algeria, revocato nell’ottobre del 1940 dal governo di Vichy • «Mio padre era un rabbino per cultura, se non per professione. Mia madre insegnava l’ebraico e la Bibbia agli allievi di una scuola dell’Alleanza israelitica universale ad Algeri» • «Attali passa la sua infanzia ad Algeri. È un’infanzia tranquilla, senza troppe comodità e senza troppi sacrifici. Per i loro ragazzi - Jacques ha un fratello gemello che si chiama Bernard ed è l’attuale presidente dell’Air France [dal 1988 al 1993, ndr] - Simon e Fernande Attali hanno molte ambizioni. La loro idea è che nella vita debbano riuscire senza perdere tempo. Un’idea che trova la sua applicazione pratica nel 1956 quando gli Attali si trasferiscono a Parigi. I genitori prima scelgono la scuola, il prestigioso liceo pubblico Janson-de-Sally. Poi comprano un appartamento proprio di fronte alla scuola. In modo tale che Jacques e Bernard possano andare e venire senza troppo distrarsi per la strada. Se vogliamo, è il popolare concetto di casa e bottega applicato senza misericordia agli studi dei figli. Sui banchi di scuola Attali vola, letteralmente. Il suo è un percorso veloce e senza errori. Finito il liceo è la volta dell’École Polythecnique dove la matematica superiore si mescola all’economia. Poi dell’École Nationale d’Administration, la celebratissima Ena. Sempre primo, le medaglie si aggiungono alle medaglie. Gli si aprono le porte dell’università. Insegna a Paris-Dauphine ed entra al consiglio di Stato. Qui incontra Georges Davan, uno dei migliori amici di François Mitterrand. Siamo nel 1973. Attali ha solo 31 anni. Ma già sogna di diventare il Raymond Aron della sinistra. Ha il socialismo nel sangue. Un socialismo ancora farcito di allucinazioni libertarie, quelle allucinazioni che hanno dato lustro alla generazione del ’68 […] Sembra che la prima volta Attali abbia incontrato Mitterrand in un night club. Questa circostanza non ha mai trovato conferma. Più discretamente, i biografi parlano di un ristorante di Saint-Germain. Fatto è che fra i due scocca subito la scintilla dell’amicizia, della simpatia, della complementarietà, della stima reciproca. L’economista prodigio viene invitato a rue de Bièvre dove abita il primo segretario del Partito socialista francese. È il 1974 e si sta preparando la successione di Georges Pompidou. Ad Attali, l’ultimo arrivato, è affidata la redazione della piattaforma elettorale. Tutti sanno come va a finire: vittoria ai punti di Valéry Giscard d’Estaing e sconfitta di Mitterrand. Ma in quei giorni febbrili vengono anche messe le basi per il trionfo del 1981. Il capolavoro strategico e programmatico di Jacques Attali […]» [Guatelli, cit.]. «Egli è il fiore all’occhiello di tutta una generazione di giovani matematici che hanno invaso la statistica e poi l’economia imponendo la loro forma mentis e il loro vocabolario, la rapidità del ragionamento impeccabile, sospingendo gli anziani teorici nella polvere della naftalina […] Il suo grande segreto è la discrezione, accompagnata da una fedeltà cieca e assoluta. Consigliere c anche confidente di Mitterrand. Sono famose le loro passeggiate per le vie di Parigi, le loro visite ai librai e anche le loro partite di golf il lunedì mattina a Saint-Cloud. Si può ben dire: fino a oggi il loro è stato un sodalizio senza ombre e senza riserve […] «Come se tutto questo non bastasse, Attali ha già pubblicato sette libri, e per di più con successo. Ha cominciato nel ’74 con L’anti-économique e ha continuato con La parole et l’outil (’75), Bruits (’77), La nuovelle économie française (’78), L’ordre cannibale (’79), Les trois mondes (’81) e Histoire du temps (’82). Sono tutti saggi scritti rapidamente, con l’aiuto di gruppi di ricercatori, in un gergo multidisciplinare spesso oscuro (ma non è questo un difetto, osservano gli avversari, poiché ormai più i libri di questo genere sono incomprensibili e più il clamore suscitato ne fa salire le vendite). “Tutte opere scritte non per essere lette ma perché i mass media ne parlino e le facciano vendere” ha scritto nello scorso aprile Philippe Simonnot in un ritratto al vetriolo […] Dicono che sia stato lui a iniziare ai misteri dell’economia il presidente della Repubblica, accusato dagli avversari di preferire la letteratura, l’arte e persino la buona cucina alle aride leggi delle cifre e delle percentuali. È uno dei tre o quattro intimi presso i quali il capo solitario accetta di togliersi a volte la maschera dell’imperium e si lascia andare alle confidenze. Ha avuto il “patro” come padrino alle sue recenti nozze. Il suo ufficio all’Eliseo è una specie di forca caudina per tutti i visitatori del Capo dello Stato. Consigliere speciale del presidente, egli partecipa alla redazione dei suoi discorsi, prepara per lui i grandi dossiers, lo accompagna in tutti i viaggi ufficiali e sulle ardue pendici dei “vertici” (Ottawa, Cancun, Versailles), da qualche tempo ha anche il compito di presentare ai giornalisti il resoconto del consiglio dei ministri del mercoledì e di commentare le decisioni del governo. Questa classica “testa d’uovo” non ha ancora quarant’anni […] In un Paese che ha il culto dell’uguaglianza (spesso praticato tagliando le teste che emergono dalla massa, e ravvivato con l’arrivo al potere della sinistra ossessionata dall’égalité des chanches) non poteva che rendersi insopportabile uno come Attali, la cui testa sovrasta di gran lunga le altre. Detestato dalla stessa base del P.S. che gli ha sbarrato la strada della deputazione, invidiato dagli economisti del suo partito, criticato per l’irrefrenabile ambizione di diventare il Michel Foucault dell’economia e per l’accanimento nel forgiarsi una immagine di esteta e di elitista, Attali ha finito per cadere nel suo primo grosso incidente. Nello scorso novembre l’editore Fayard pubblica le sue Histoires du temps, un tentativo di individuare nella storia delle scienze – nel caso specifico quella degli strumenti di misura del tempo – i segni annunciatori dei mutamenti politici. Ci si stupisce un po’ che il consigliere speciale del presidente e il portavoce del governo trovi ancora il tempo di dedicarsi ai cari studi, alle sudate carte, alle ricerche personali. Ma lui ne spiega subito il segreto: le idee gli germogliano in testa senza soluzione di continuità, si alza tutti i giorni alle quattro del mattino, non viaggia mai senza portare con sé l’abituale nutrimento intellettuale. Il nuovo successo editoriale e critico fa traboccare il vaso. La “caccia alle virgolette perdute” comincia. La inaugura il settimanale “Tel” […] e viene ripresa dai quotidiani. Una dozzina di righe sarebbero state sottratte al Trattato della clessidra di Ernst Junger senza che ne venisse citata la fonte, un’altra decina di righe verrebbero nelle medesime condizioni dal Dizionario degli orologiai francesi di Tardy, diverse pagine apparterebbero al volume Per un altro Medioevo di Jacques Le Goff, tre pagine intere sarebbero state prese di sana pianta dal famoso saggio di Jacob Burckhardt sul Rinascimento italiano. L’editore si affretta a pubblicare una ristampa del volume, rimettendo al debito posto le virgolette mancanti per restituire a Cesare quel che è di Cesare. Ma i cacciatori non abbassano i loro fucili. Scoprono altri prestiti non dichiarati, diversi errori nel rinvio del lettore alla fonte (citazioni di Junger attribuite a Voltaire, affermazioni di Marx passate allo storico inglese Commons e così via) e persino lo sfruttamento delle conclusioni non pubblicate di un seminario di Foucault. Attali è quindi accusato di disinvoltura intellettuale, per aver cercato di far passare per suo il pensiero di altri. L’editore ha fatto osservare che le opere “plagiate” figurano tutte sull’ampia bibliografia alla fine del volume e che è stato lo stesso Attali a rivelare nella seconda edizione le inesattezze e le dimenticanze esistenti nella prima, troppo frettolosamente data alle stampe, segnalando per scrupolo, a tutti i vigilanti censori, i difetti dell’opera. I pretesi plagi, ha sottolineato l’imputato, concernono soltanto descrizioni di luoghi o di oggetti che gli autori plagiati avevano forse preso a toro volta da testi anteriori. Attali ha poi assicurato di esser stato più attento quando si trattava di rispettare il pensiero di un autore e meno quando si trattava di elementi di pura erudizione o di informazioni già ampiamente riprese da altri. È in definitiva il genere dell’opera di compilazione che viene messo in causa attraverso questo evidente regolamento di conti intellettuali. Per tutto quanto concerne la storia delle idee ogni autore rischia di diventare il plagiario di altri. Jean Giraudoux diceva che in letteratura tutto è plagio: soltanto la prima opera ne è esente, ma essa ci è sconosciuta. Ne sa qualcosa il bicentenario Stendhal, accusato anche lui di aver “copiato” uno dei suoi primi saggi. Attali è il terzo autore con ambizioni politiche che in questi ultimi anni viene coinvolto in uno scandalo più o meno disinteressato come questo. Già Alain Peyrefitte, l’ex ministro della Giustizia di Giscard D’Estaing, era stato accusato di essersi servito di oscuri collaboratori per addossarsi poi la paternità dei due suoi best sellers Quand la Chine s’éveillera e Le mal français, come più tardi Jean-Jacques Servan Schreiber per il suo ultimo Le défi mondial. Siccome l’editore di questi volumi tanto discussi è sempre lo stesso, qualcuno ha insinuato che la specialità di Fayard è proprio il libro scritto di corsa, su una documentazione di seconda mano da lui stesso fornita. Si è gettato nella mischia anche Jean-Edern Hallier, già fondatore della rivista di estrema sinistra L’idiot international, polemista instancabile e vittima di un recente rapimento in circostanze non ancora chiarite. “Sì” ha dichiarato. “Sono io che ho lanciato l’affaire, nel corso di una trasmissione della radio privata F.F.I. intitolata appunto l’orologio molle di Attali, quello che segna mezzogiorno alle quattordici. Avevo incontrato Attali mentre stava preparando il suo libro e gli avevo consigliato di leggere il Trattato della clessidra di Jung, che egli ignorava. Quando ho ricevuto il suo saggio ho immediatamente scoperto il plagio. Ho passato l’informazione a quelli di Tel e ho continuato ad analizzare sistematicamente il libro. Se ho dato l’avvio a questa campagna denunciandomi come fornitore dell’arma del delitto, l’ho fatto per denunciare l’abisso esistente tra quella che per me è la grande tradizione e questa sottocultura socialista in corso di sviluppo. Per la prima volta che un presidente della Repubblica pone le arti e le lettere al di sopra di tutto, è grave che il suo più intimo consigliere sia un plagiario. Sì, la mia è una vendetta personale. Sì, io sono il Conte di Montecristo della cultura. È la vera cultura che grida vendetta contro tutti i falsari. C’è stato un intervento dì Attali per far fallire il mio progetto di programma letterario alla televisione, ma in ogni caso, dopo aver scoperto quei prestiti abusivi io non gli avrei mai più stretto la mano”» [Lorenzo Bocchi, Cds 24/1/1983].
Amori Ha teorizzato in un libro che in futuro l’amore non sarà più amore ma netloving. «In analogia con networking. Significa che uomini e donne potranno avere relazioni sentimentali e/o sessuali simultanee, con più persone che avranno a loro volta partner multipli». Vediamo i dettagli: scomparso il matrimonio, monogamico o anche poligamico, ognuno potrà avere più part ner dello stesso sesso o di sessi diversi che faranno l’amore tutti insieme o in coppia. I bambini verranno cresciuti sempre più spesso in famiglie dove avranno varie madri e vari padri o solo padri o solo madri, tutti ugualmente legittimi. Ma poiché molti saranno innamorati solo di sé stessi, si andrà verso la fine della sessualità e verso l’amore di sé, approdando alla riproduzione dell’umanità per via tecnologica. Scrive Attali: «I bambini potranno essere concepiti, portati in grembo e fatti nascere da matrici esterne, animali o artificiali, con grande vantaggio per tutti: degli uomini poiché potranno riprodursi senza affidare la nascita dei propri discendenti a rappresentanti dell’altro sesso, delle donne poiché si sbarazzeranno dei gravami del parto; della specie umana poiché si libererà dai vincoli imposti dalla nascita per vie naturali che impedisce la crescita delle dimensioni del cervello». E infine, andando ancora più in avanti nel tempo, l’uomo vorrà realizzare il suo desiderio di eternità, insito in lui fin dall’alba dei tempi, con l’autoriproduzione. «Ognuno potrà collezionare sé stesso replicando la propria coscienza e per vivere ogni forma di sessualità l’uomo aspirerà a passare da un sesso all’altro grazie al travestitismo mentale, fisico, psichico e infine genetico» [Lauretta Colonnelli, Cds 18/2/2009].
Religione «“Conoscete i sei ebrei che hanno cambiato la storia del mondo?”, chiede a un certo punto Attali, che confessa la sua predilezione molto ebraica per storielle e apologhi. “Mosè, perché ha detto: ‘Tutto è Legge’. Gesù, perché ha detto: ‘Tutto è Amore’. Spinoza, perché ha detto: ‘Tutto è Natura’. Marx, perché ha detto: ‘Tutto è Denaro’. Freud, perché ha detto: ‘Tutto è Sesso’. Infine Einstein, perché ha detto: ‘Tutto è relativo’”» [Il Foglio 28/11/2013].
Curiosità Lettore compulsivo di giornali • Dice che Joe Biden dovrebbe smembrare Google e Facebook • Nel 1978 ha interpretato sé stesso nel film Pauline et l’Ordinateur di Francis Fehr • Convinto che entro il 2050 un terzo della popolazione mondiale sarà vegetariana • È favorevole all’eutanasia, e al diritto al suicidio • Usa una tecnica particolare per immaginare il proprio futuro. «Pochi accettano di impiegare i cinque minuti al giorno che, come vedremo, sono assieme necessari e sufficienti per fare il punto su sé stessi, sul proprio ambiente, sulle conseguenze a lungo termine delle proprie decisioni quotidiane, sullo stato dei propri progetti e dei progetti che gli altri nutrono per loro» • Nel suo ultimo romanzo immagina l’arrivo di Le Pen all’Eliseo • «La luce che crediamo di vedere alla fine del tunnel sarà quella della locomotiva che sta per investirci».
Titoli di coda «Non si capisce, però, come Attali riesca a conciliare (nella sua testa, se non nel libro, dove non si sforza di farlo) il concetto romantico dell’uomo che cerca “l’amore nell’amore” (ricorre più volte tra le sue pagine) con l’idea che il desiderio, la sessualità e il sentimento, tra qualche decennio, saranno del tutto dissociati l’uno dall’altro: l’uomo, scrive Attali, diventerà dapprima spiccatamente bisessuale e poi, per parossismo narcisistico, si disinteresserà completamente all’altro e al sesso: tutti, infatti, a forza di dirsi tutto e amare liberamente tutti, ameranno soltanto se stessi (che Attali abbia letto Anthony Giddens sul tema “democrazia delle emozioni” e l’abbia ribaltato in senso pessimistico?). Epperò, rassicura l’economista francese, gli scienziati, forti delle nuove conoscenze sul cervello, avranno già brevettato le “tecnologie di induzione dei sentimenti”. E nel lettore sorge un dubbio: a quel punto non si saranno già suicidati tutti?» [Marianna Rizzini, Foglio 1/12/2008].