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 2024  novembre 11 Lunedì calendario

Miracolo a Milano, cinquant’anni dopo

Scritto da Cesare Zavattini e diretto da Vittorio De Sica, Miracolo a Milano fu proiettato in anteprima l’8.02.51 al cinema Odeon, a pochi passi dal Duomo, dove la storia nata da un romanzo (Totò il buono) di “Zac” si conclude. Il critico Paolo Mereghetti osserva che da noi “scontentò tutti, sia a destra che a sinistra”. Ma la favola sui poveri “che disturbano”, e che, scacciati dalla baraccopoli della periferia meneghina, vanno fantasticamente alla ricerca di “un regno dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno”, in compenso conquistò il Festival di Cannes. Vinse la Palma d’Oro, scrive sempre Mereghetti, “ex aequo con La notte del piacere di Sjöberg e il premio Fipresci della critica internazionale ed ebbe i complimenti di Jean Cocteau (che lo paragonò a Chaplin), Jean Renoir, Orson Welles (che parlò di regia “magistrale”), Pudovkin”. Gabriel Garcia Màrquez avrebbe poi scritto che era stato proprio il neorealismo fiabesco di Miracolo a Milano a ispirare il realismo magico di Cent’anni di solitudine.
A questo capolavoro del cinema e alla straordinaria stagione del neorealismo (“la nostra bandiera” per Zavattini), Valentina Fortichiari e Sergio Seghetti hanno dedicato il libro Miracolo a Milano. Parole, immagini e immaginari, pubblicato da Oligo. Nel volume, che esce in occasione del 50esimo anniversario della morte di De Sica (13.11.74), oltre agli interventi di critici, scrittori, artisti, vengono proposte le immagini inedite scattate dal grande fotografo Mario De Biasi sul set del film, ritrovate nel 2022 dalla figlia Silvia.
La storia narrata da De Sica e Zavattini, rievoca Mereghetti, “la conoscono tutti: un gruppo di poveracci si adatta a vivere alla bell’e meglio in un terreno alla periferia di Milano, perché il proprietario non sa cosa farsene di quella spianata senza nemmeno un albero. Ma quando dalla terra zampilla qualcosa che sembra avere le stesse qualità del petrolio, allora il padrone li fa scacciare e portare via. E l’ultima scena è così famosa, con i barboni che volano sulle scope sopra il Duomo, che non c’è neppure il rischio dello spoiler”. La morale è tutta nella canzoncina del maestro Alessandro Cicognini, su parole di Zavattini: “Ci basta una capanna per vivere e dormir/ Ci basta un po’ di terra per vivere e morir”.
Fortichiari, nipote di Zavattini, ricorda: “Zac sapeva bene che nel film, covato per tre anni, c’erano ‘cose stupende’, un film dove si avverte subito, appena entrati, una ‘grande corrente di calore umano’, un film che uscendo dalla sala fa sentire migliori, come ebbero a dichiarare i giornali francesi quando a Cannes il film fu insignito della Palma d’oro”.
Non meno rimarchevole è la memoria che la storia ha lasciato nei milanesi, che non l’hanno dimenticata. Racconta Cochi Ponzoni: “Ho visto girare Miracolo a Milanoquand’ero bambino. Avevo nove anni e mi trovavo con mio padre in piazza del Duomo. Ricordo di aver assistito in particolare alle riprese per la scena in cui arrivano i tram e ne scendono i poveri sfrattati dalla baraccopoli. Del cast faceva parte anche un amico di mio nonno: il nano, il signor Monguzzi, detto Mongussin a causa della sua ridotta statura. In realtà era il pargolo di una famiglia molto ricca di Milano. Non era affatto un barbone, anzi era proprio ricchissimo”. E Andrea De Sica, nipote di Vittorio, sottolinea che il nonno “ha puntato la cinepresa su una spianata dove all’epoca non c’era nulla, prendendo come comparse anche molti ‘barboni’ veri, ha girato la sequenza del volo sulle scope sopra il Duomo di Milano trasformando in immagini le magnifiche intuizioni di Zavattini”. Un film, insomma, “che va oltre la finzione ed entra in un mondo nuovo, magico e forse irripetibile”.