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 2024  novembre 11 Lunedì calendario

Giulia Cecchettin, un anno dopo

Nessuno l’ha dimenticata, nessuno la dimenticherà. Tra l’asfalto e i capannoni dove cercò di fuggire per l’ultima volta, c’è un mazzo di rose e la foto del suo viso che sorride. Nel cimitero di Saonara, oltre il cancello dov’è rimasto appeso un nastro rosso, un arcobaleno di fiori copre quasi del tutto la scritta: «Giulia Cecchettin è dottoressa in ingegneria biomedica». E all’università di Padova, che ha aperto uno sportello contro la violenza di genere, oggi a mezzogiorno si riuniranno per lei studentesse e studenti. «Vogliamo continuare a fare rumore».«Brucia ancora, e fa male», dice Alessia Morandin, assessora alla Cultura di Legnaro, novemila abitanti in provincia di Padova. Gino Cecchettin non rinuncia neppure a essere qui, alle tre del pomeriggio di domenica, nella corte benedettina del paese, per presentare il libro che ha dedicato alla figlia, Cara Giul ia.Lo ascoltano più di cento persone: pensionati, mamme, papà e ragazzi. Si è lasciato alle spalle il cancello della villetta di via Aldo Moro, a Vigonovo, che un anno fa si trasformò in un santuario laico di lettere, biglietti e peluche. Lo stesso cancello che chiuse Giulia, sabato 11 novembre, per andare al centro commerciale “Nave de Vero”.Aveva 22 anni, il giovedì successivo si sarebbe laureata, voleva fare un giro per negozi, scegliere un paio di scarpe nuove, aveva inviato la bozza della tesi alla relatrice. Quel giorno la accompagnò Filippo Turetta, il coetaneo di Torreglia conosciuto in facoltà, con cui era stata insieme e che aveva lasciato, ma che la ossessionava. Al punto di ucciderla, quella notte, e di caricarla in macchina per poi lasciare il corpo sulle colline sopra il lago di Barcis, in Friuli, coprendolo coi sacchi neri. In un luogo impervio dove mani sconosciute lasciano in queste ore messaggi, fotografie e orsacchiotti.«E noi abbiamo voluto ricordarla in uno dei luoghi più dolorosi…», sussurra Andrea Camerotto, zio della studentessa: in mattinata porta un mazzo di fiori nella zona industriale di Fossò, deserta nel giorno di festa, dove un anno fa le telecamere di sorveglianza inquadrarono la fine. L’aggressione cominciò prima, a cento passi da casa di Giulia, nel parcheggio di un asilo adesso vuoto. Dall’altro lato della strada, il balcone del testimone che sentì le urla della ragazza. Recita una preghiera l’anziano che accarezza la croce di legno nel cimitero di Saonara: arrivò qui il corteo, dopo il funerale dei diecimila in piazza a Padova e la cerimonia più ristretta nella parrocchia del paese, dove Giulia e la mamma Monica, sepolta dieci passi più in là, avevano le loro radici. Ora una processione ricorda la studentessa, conoscenti e amici guardano questo altare di ciclamini rose e crisantemi, e poi i braccialetti, i pupazzi, un foglio con la frase di Nietzsche: «E coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica».Suonano le campane, escono i fedeli dalle chiese, i parroci hanno ricordato il nome di Giulia. La nonna paterna Carla Gatto, 75 anni, sempre presente alle udienze del processo a Turetta, ha fatto dire una messa: «È stato un anno veramente difficile – racconta – Tutto iniziò come un incubo, con la scomparsa, ma come qualcosa che doveva finire. Purtroppo, come è finita lo sappiamo. Non riesco più ad accendere la televisione, perché di violenze ce ne sono ogni giorno». E mette in guardia dagli amori tossici: «Bisogna allontanarsi da chi ti dice “non vivo senza di te”, o “tu sei mia”. Se succede, bisogna chiedere aiuto. Continuerò ad andare al processo, è una promessa che ho fatto a me stessa anche se mi fa stare male. Spero che la giustizia faccia il suo corso come deve. Che sia giusta».Musica al pianoforte, oggi dalle 11 alle 12, davanti al municipio di Vigonovo, che sulla facciata ospitò la gigantografia della studentessa sull’altalena: «Abbiamo chiesto a Paolo Zanarella di suonare per Giulia», le parole del sindaco Luca Martello. «Il municipio la sera sarà illuminato di rosso e il 3 dicembre (giorno della sentenza, ndr) esporremo le scarpette rosse», frutto del lavoro di aziende e volontari. A Torreglia, il paese di Turetta, sul citofono del condominio dove vivono i genitori non c’è attaccato nemmeno il nome. Nessuno risponde, mamma e papà del 22enne – detenuto nel carcere di Verona – chiedono silenzio. Il figlio rischia l’ergastolo.L’eredità di Giulia va cercata in un luogo che la rappresenta: l’università di Padova, che le ha conferito a febbraio la laurea alla memoria. L’ateneo ha dato vita al progetto “Unire”, che prevede sei azioni tra cui l’apertura, avvenuta il primo luglio, di uno sportello di ascolto su discriminazioni, molestie e violenze. «Finora abbiamo ricevuto dodici richieste, prevalentemente da donne. Hanno segnalato relazioni che potrebbero diventare pericolose, che fanno stare male», racconta Alessandra Simonelli, psicologa e responsabile dello sportello. «Ne apriamo uno anche nella sede distaccata di Vicenza e il nostro desiderio è di farlo anche a Treviso e Rovigo», aggiunge la prorettrice alle politiche per le pari opportunità Gaya Spolverato. Migliaia di ragazzi si riunirono in facoltà per ricordare Giulia quando venne trovato il corpo. In quegli stessi spazi, «a mezzogiorno e dieci ritroviamo per un minuto di silenzio o, per chi vorrà, di rumore – conclude Gaudenzio Meneghesso, direttore del dipartimento di ingegneria dell’informazione – A metà dicembre inauguriamo l’aula studio dedicata a Giulia». Nessuno l’ha dimenticata.