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 2024  novembre 10 Domenica calendario

Ricordo di Guglielmo Marconi

In tempi di dibattito sull’egemonia culturale fra destra e sinistra, si inserisce la grande mostra, suddivisa fra Palazzo Venezia e il Vittoriano (i complessi del Vive), dedicata a Guglielmo Marconi. Grandissimo inventore certo, precursore del “wireless” e di tutte le più recenti applicazioni della tecnologia. La sua soffitta a villa Griffone (residenza estiva della famiglia, nell’attuale Sasso Marconi) è antesignana del garage della Silicon Valley, tanto che Steve Jobs disse una volta: «Lui è le radici, noi siamo i rami». Un «genio magico» insomma, come lo definì l’amico Gabriele D’Annunzio. Ma pure imprenditore e uomo politico, anche nell’era del fascismo. C’è tutto questo, assieme alla sua sfera familiare ed affettiva, nella mostra che chiude il 150° della nascita, con efficacia titolata “Vedere l’invisibile”, promossa dal ministero della Cultura e organizzata da Cinecittà e Archivio Luce, con il patrocinio e il contributo del comitato “Marconi 150”, che durerà ben 5 mesi (fino al 25 aprile 2025), dopo essere stata apertavenerdì scorso dalla sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, e da Federico Mollicone, presidente (FdI) della commissione Cultura della Camera. «Una mostra non semplice racconta Borgonzoni – perché Marconi a lungo è stato un po’ dimenticato, soprattutto in Italia.
Siamo pieni di strade, piazze e aeroporti a lui intitolati, ma non tutti sanno bene chi fosse e cosa ha fatto. Da anni ritengo che questa figura andasse restituita anche al nostro Paese. Veniva da una famiglia di imprenditori del whiskey e riuscì a vedere “oltre”. È stato l’uomo senza il quale non esisterebbe nulla di quel che abbiamo oggi». Con l’ausilio di centinaia di documenti, foto, reperti, filmati, prestati da ben 34 enti, divisa in otto sezioni, la mostra ripercorre le tappe della sua vita, da quella come“startupper” ante litteram fino alla conquista transatlantica con le onde radio. E indugia non poco sulla sua vicinanza al fascismo – aspetto storicamente noto, ma spesso trascurato dell’imprenditore emiliano -, con tanto di foto di lui che scende al fianco di Benito Mussolini le scale del Campidoglio. Tanto che, durante la presentazione, il nipote Guglielmo Giovanelli Marconi ha sentito il dovere di precisare che «nel 1936 però, un anno prima della morte, mio nonno chiese udienza a Mussolini: gli ribadì la sua contrarietà netta all’alleanza con la Germania e Mussolini lo trattò molto male».
Una carriera, quella politica di Marconi, che era cominciata già nell’aprile 1914, con la nomina a senatore, e che lo vide protagonista della delegazione italiana alla Conferenza di pace di Parigi, i cui esiti lo delusero in relazione ai confini orientali. Una premessa che spiega il suo agire il 22 settembre 1920 quando il capo del governo, Nitti, lo spedì a Fiume per convincere D’Annunzio a rinunciare alla reggenza creata coi suoi legionari. Al contrario, Marconi alimentò l’impresa consentendo al poeta di parlare al mondo dalla nave Elettra, in quella che è la prima radiodiffusione circolare in lingua italiana. Si può parlare di una figura organica al regime, dunque? «Marconi fu un convinto nazionalista – osserva lo storico Giovanni Paoloni -, poi in genere gli imprenditori sono filo-governativi e lui non poteva non esserlo, dopo che nel 1914 lasciò l’Inghilterra per tornare in Italia. Il fascismo, riconoscendo il suo valore, lo mise al vertice dell’organizzazione culturale, a capo della Reale Accademia e del Cnr, e alla sua morte lo salutò con un imponente funerale di Stato». L’invito della mostra è a vedere Marconi come figura storica, immersa a tutto tondo nella storia del tempo