la Repubblica, 10 novembre 2024
Napoli rosso sangue
Abiti firmati e pistola nella cintura. Vanno in giro così i ragazzi che si fanno la guerra nella notte di Napoli, dove la vita vale meno di un paio di scarpe e la violenza passa rapidamente da una storia sui social alle strade del cuore della città. Se gli pesti un piede per sbaglio, incroci il loro sguardo o chiedi di spostare un motorino, prima sparano e poi cominciano a discutere. E se finiscono in galera, vengono celebrati come eroi. Dimenticate Mare fuori, perché questi ragazzi hanno il buio dentro, sono cresciuti con il coltello e adesso giocano con le armi da fuoco che si procurano con impressionante facilità.
Uccidono e vengono ammazzati in un deserto sociale dove il boom del turismo non riesce ad arginare il degrado. E sono tante, troppe, le famiglie che piangono i figli perduti in questa mattanza infinita.
Innocenti come Francesco Pio Maimone, pizzaiolo di 19 anni. Era seduto al tavolino di uno chalet del lungomare a Mergellina, la sera tra il 19 e il 20 marzo 2023, e dopo una settimana a spezzarsi la schiena voleva solo godersi la vigilia del giorno di riposo. Comincia a morire quando, sull’altro marciapiede, due gruppi di coetanei che nemmeno conosce litigano perché un drink ha macchiato la “Louis Vuitton” al piede di Francesco Pio Valda, ventenne della periferia orientale, un padre assassinato in un agguato, un fratello in galera, che ha una pistola pronta per l’uso e spara. Un colpo raggiunge al cuore l’incolpevole Maimone.
Dalla notte dell’omicidio sui social è Valda a essere un mito, non la vittima. E ci sono immagini che raccontano questo mondo meglio di mille parole. Come la foto dove l’assassino di Mergellina sorride tra due coetanei. Uno è Emmanuel Aprea, rampollo di una famiglia dicamorra. L’altro è il minorenne che la notte dello scorso weekend è andato a trascorrere la serata in piazza a San Sebastiano al Vesuvio con un paio di scarpe “Versace” da 500 euro e la pistola in tasca. Quando pestano un piede anche a lui, o almeno se ne convince, litiga con Santo Romano, 19enne portiere dilettanteche era uscito tranquillamente con la fidanzata e un gruppo di amici, gli spara e lo uccide. Proprio come aveva fatto il suo amico Valda.
Stesse storie, stessi delitti. Se non addirittura il gesto emulativo del più giovane del terzetto della foto, affascinato dal delitto commesso dall’amico più grande. Un passo indietro. È in un pub di piazza Municipio Giovambattista Cutolo detto Giogiò, 26 anni, promettente musicista dell’Orchestra Scarlatti Young, la sera del 31 agosto 2023, quando la banale discussione su un ciclomotore che ostruisce il marciapiede riprende inaspettatamente all’interno del locale. Giogiò e la sua comitiva vengono aggrediti da una banda di giovani specialisti nelle rapine dei Rolex.
Cutolo cerca di difendere un amico ma viene colpito con uno sgabello e sta per uscire quando il più piccolo della “paranza”, 17 anni appena, estrae la pistola e lo ammazza. L’assassino è in carcere, condannato a 20 anni, ma il calcolo degli sconti di pena previsti dalla legge è già partito. Giogiò è stato insignito della medaglia d’oro al valor civile, mentre mamma Daniela non si stanca di invocare norme più severe.
È una piaga sociale, ma è anche questione di ordine pubblico se una batteria di otto motorini può partire indisturbata, pistole in pugno, dal rione Sanità e fare irruzione nel quartiere Mercato come accaduto la notte tra il 23 e il 24 ottobre. Ne viene fuori un conflitto a fuoco, venti colpi esplosi da cinque armi diverse e un quindicenne, Emanuele Tufano, che resta senza vita sul selciato, raggiunto da un proiettile alle spalle. Apparteneva, dicono, al gruppo della Sanità mentre a sparare sarebbe stato un coetaneo della fazione avversa.
Parlano con uno slang pieno di “fratm” e “vita mia”, eppure le amicizie sono spesso brevi e tragiche come le loro esistenze. Gennaro Ramondino, ad esempio. Assassinato il 31 agosto scorso a Pianura, periferia nord, il corpo caricato in auto e dato alle fiamme tra le sterpaglie. Aveva 20 anni e si era messo in testa di fare carriera nella piazza di spaccio del quartiere. Gli ha sparato uno dei suoi migliori amici, 16 anni appena, che davanti al giudice si difende: «Non volevo farlo, me lo hanno chiesto i più grandi», cioè i boss della piazza, a loro volta poco più che ventenni. Erano amici e stavano giocando, la notte tra venerdì e ieri, il diciottenne Arcangelo Correra e i due coetanei che erano insieme a lui in via dei Tribunali. Uno è il fratello di Luigi Caiafa, che aveva 17 anni quando fu ucciso da un poliziotto mentre tentava una rapina insieme al figlio di Gennaro De Tommaso detto ’A carogna. Si divertivano con la pistola, un colpo ha ucciso Arcangelo. Storie che si intrecciano, nella notte di Napoli dove la vita può valere meno di un paio di scarpe.