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 2024  novembre 10 Domenica calendario

Biografia di Camilla Mancini

«No, non me lo aspettavo». Camilla Mancini sorride. Ha 27 anni e ha parlato a Tv 2000 del suo primo romanzo. In un videomessaggio papà Roberto, ex c.t. dell’Italia, le ha detto che è orgoglioso di lei, facendola commuovere: «È uomo tutto di un pezzo, fa fatica a lasciarsi andare quando siamo insieme».
È in libreria con «Sei una farfalla». Perché questo titolo? 
«La farfalla è l’emblema della libertà. All’inizio è un bruco, bruttino e fragile. Poi le spuntano le ali e vola ovunque. Io sogno questo, di andare dove mi porta il cuore». 
Da dove nasce l’idea di scrivere un romanzo? 
«Ho sempre scritto, fin da piccola. Mi sfogavo su un quadernino oppure con dei bigliettini ai familiari. “Sei molto brava, perché non scrivi un libro?”, mi chiedevano. Sorridevo. “Perché qualcuno dovrebbe leggerlo?”. Sapevo di avere qualcosa da raccontare ma mi frenavo. La molla è scattata durante un viaggio a Parigi». 
Quella di Celeste, la protagonista, sembra la vita perfetta. Vestiti firmati, una casa grande, ma anche un padre assente. 
«Spesso mi è mancato. Sapevo che si trovava lontano per lavoro e che lo faceva anche per la famiglia. Quando ero piccolina, lo vedevo in tv e chiedevo: “Perché papà è dentro quella scatola nera?”. Ma attraverso questa mancanza fisica mi ha insegnato il senso del dovere e del sacrificio». 
Una situazione in cui le è mancato particolarmente? 
«Quando ho preso la patente, avevo 19 anni. Mi sarebbe piaciuto condividere con lui quel senso di libertà». 
Un ricordo felice? 
«Da piccola ci addormentavamo insieme. C’è una foto in cui lo controllo con gli occhi semiaperti, forse avevo paura che potesse andarsene all’improvviso. Ricordo anche quando si sedeva sul divano a guardare le partite. Gli facevo domande. “Ma tu non ti spegni mai?”, scherzava. Ci accomuna da sempre un’ironia sottile». 
«Mancini», cognome pesante... 
«L’ho odiato quando le persone si avvicinavano a me per arrivare a mio padre o quando la conversazione si focalizzava solo su di lui. Non vedevano Camilla ma solo Camilla Mancini. Si fermavano al contenitore, senza andare a vedere il contenuto». 
Quanto è difficile essere figli d’arte? 
«Materialmente ho tanti agi, so di essere una privilegiata. Ma c’è quell’abbraccio mancato, quella carezza non data che i soldi non possono rimpiazzare. Si pensa che i “figli di” siano degli alieni, invece vivono emozioni umane. Io per esempio non sono stata immune dal bullismo». 
Per problemi durante il parto è nata con una paresi facciale. 
«A scuola mi dicevano: “Non puoi giocare con noi, sei diversa”. Vedevano un volto che non erano abituati a vedere e mi isolavano. Avevo sette anni, questo mi creava un senso di vergogna e spaesamento. Diversa da cosa?, mi chiedevo”». 
Che rapporto aveva con lo specchio? 
«Ci ho lottato tanto, non mi guardavo. Davanti alle vetrine tiravo dritto. Non mi piacevo, non mi sentivo rappresentata da quell’immagine. Non riuscivo a capire chi fossi al di là del cognome. Ora sono arrivata a uno stato di accettazione, mi dico “sei bellissima” e che mi voglio bene». 
Come ci è riuscita? 
«Vado in terapia da cinque anni. Ho iniziato a scavare, tornando a ciò che ero da bambina. E infatti il libro è dedicato alla Camilla bambina». 
Che cosa risponde a chi l’accusa di raccontare la sua storia solo per marketing? 
«Che non mi serve. L’ho fatto perché sento di dover tendere una mano agli altri. È con le testimonianze che si aiutano le persone, non stando zitti». 
E che cosa direbbe oggi ai bulli? 
«Che le loro parole hanno delle conseguenze. Tanti ragazzi non riescono a convivere con quel senso di inadeguatezza e si tolgono la vita. Ma non porto nessun rancore, la sofferenza mi ha insegnato ad accogliere o al massimo a compatire». 
Chi è Camilla Mancini? 
«Una ragazza a cui piacciono un mazzo di rose rosse e l’odore del caffè. Lo sci, il nuoto e la fotografia. Sostengono che sia un po’ pazza, ma è il complimento migliore che mi possano fare. Essere diversi vuol dire essere speciali». 
Ha consolato papà Roberto dopo l’Arabia? 
«È molto forte, a volte sembra indistruttibile. Gli ho sempre detto che sono fiera di lui. Semplicemente tutto ha un inizio e una fine. Purtroppo, o per fortuna».