Corriere della Sera, 10 novembre 2024
Musk è il personaggio non eletto più potente d’America
«Non voglio uno stipendio. Non mi serve un titolo, non ho bisogno di riconoscimenti». Incoronato dal sito Axios come il personaggio non eletto più potente che l’America abbia mai avuto (è ora di smettere di paragonarlo ai Rockefeller, a JP Morgan, o a Henry Ford: qui siamo su un altro pianeta, e non è Marte), Elon Musk vuole penetrare in modo fluido nella politica e nella macchina di governo degli Stati Uniti. Fluido e avvolgente.
L’altro giorno, entrando (con un fotomontaggio) nello Studio Ovale della Casa Bianca con un lavandino in mano, ha segnalato la sua volontà di cambiare in modo radicale l’amministrazione federale, come ha già fatto con interi settori industriali. Programma assai ambizioso, forse irrealizzabile. Ma questo è il momento delle sfide e Musk, partecipando al colloquio telefonico Trump-Zelensky segnala di voler giocare anche un ruolo geopolitico, grazie al valore strategico delle sue imprese in campo civile e anche militare lungo la filiera informazione-telecomunicazioni-intelligenza artificiale fino a robotica, trasporto e spazio.
Per ora Donald Trump lo lascia fare: non si tratta solo di gratitudine per un personaggio che ha messo il turbo alla sua campagna elettorale. La riconoscenza non ha molto spazio nella «cassetta degli attrezzi» dell’ex e futuro presidente. Ma lui capisce che Elon può portare una carica di dinamismo, una capacità di affascinare e spronare che può rendere la sua presidenza davvero trasformativa.
Certo, i problemi non mancano, e non sono solo quelli della definizione del ruolo di Musk (che, prima di dichiararsi «potere fluido», si era proposto come ministro dell’Efficienza inventando anche un acronimo, DOGE, per il suo ufficio): c’è, intanto, da vedere se, come e per quanto tempo riusciranno a convivere due maschi alfa narcisisti ed egocentrici.
Per Trump, in certo senso, questa non è un’esperienza del tutto nuova: otto anni fa Peter Thiel (altro tycoon della Silicon Valley, un visionario che un quarto di secolo fa, proprio insieme a Musk, sognò di spazzare via l’intero sistema bancario coi pagamenti elettronici di PayPal) affiancò Trump durante la campagna e poi si insediò alla Casa Bianca come suo consigliere. Sostenitore di idee radicali di trasformazione (o cancellazione) delle istituzioni democratiche americane, troppo estreme perfino per The Donald, Thiel fu messo ben presto alla porta. Pensa di fare lo stesso con Musk se esagera? Certo, gli ha dedicato un quinto del tempo del suo discorso della vittoria, l’ha definito un genio assoluto, ha detto che «è nata una stella». Ma non sarebbe la prima volta che Trump passa dagli elogi sperticati alle condanne più feroci di un collaboratore che non gli va più a genio.
Ma, appunto, Musk è di un altro pianeta. Con le sue aziende fornitrici della Cia e del Pentagono è divenuto anche monopolista di tecnologie strategiche per la sicurezza nazionale. Non facile da mettere alla porta. Almeno non con metodi tradizionali. Ma Trump, che fra i suoi tanti difetti non ha quello di non saper valutare le persone e le situazioni, questo lo sa bene.
L’altro nodo, più sostanziale, è quello della strada che i due possono percorrere insieme, senza che Elon faccia troppa ombra al presidente (o gli crei imbarazzi con conflitti d’interesse a favore delle sue imprese, eccessivi anche per lo spregiudicato costruttore dell’impero immobiliare della Trump Organization). Per ora, almeno a livello di slogan, i due sono in perfetta sintonia: tasse giù e muri su. Ma in concreto? Economia oliata riducendo il prelievo fiscale e le regole, dando più libertà agli imprenditori in un Paese già iperliberista e molto inquinato. Dando una spinta in più con le criptovalute che Trump aveva bollato come la moneta dei criminali, mentre ora ne scopre virtù insospettate (forse sperando anche di poter spostare un pezzo del sempre più oneroso debito pubblico nel mondo virtuale). E poi i milioni di immigrati clandestini da rimandare a casa. Chi li sostituirà sul posto di lavoro? I milioni di dipendenti pubblici che Musk sogna di licenziare e riciclare?
Elon vuole un Trump disruptor a Washington come lui lo è stato in Silicon Valley. Il presidente, propenso a innovare e stupire, magari starà per un po’ al gioco. Ma, anche se non avrà più bisogno di essere votato, di certo non ha voglia di ritrovarsi assediato da masse di licenziati furenti. I due giocheranno partite delicate, dagli esiti imprevedibili. Comunque un grande spettacolo. Probabilmente la cosa che piace di più, a tutti e due.