Corriere della Sera, 10 novembre 2024
Offensiva russa in Ucraina, per avanzare prima dell’avvio dei negoziati
Meno missili e invece molti più droni: così i russi cercano di guadagnare il massimo del territorio ucraino possibile in vista dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. La logica della guerra la raccontano gli ufficiali ucraini che dalle linee calde del fronte vengono per brevi licenze nella capitale. «I russi stanno premendo, attaccano con tutto ciò che possono, sanno che entro una settantina di giorni Trump potrebbe aprire i negoziati con Putin e allora probabilmente anche i combattimenti saranno meno accesi, il fronte rischia poi di congelarsi», dice, tra i tanti, Igor, tenente maggiore trentenne della 44esima Brigata Meccanizzata che ha combattuto a lungo nel Donbass e da poco è stata spostata nella zona di Kupiansk.
Sono in tanti a sostenerlo, il 20 gennaio, quando Biden lascerà il posto a Trump, potrebbe rappresentare una sorta di data traguardo e ripartenza per i due eserciti. A quel punto, ciò che Putin sarà riuscito a prendersi rimarrà sotto il suo controllo. Per gli ucraini varrà il principio specularmente simile: ciò che saranno riusciti a tenersi del loro territorio diventerà il confine dell’eventuale cessate il fuoco del futuro.
«Siamo in una fase difficilissima della guerra. I nostri veterani della prima ora, generosi e coraggioso, sono morti, feriti o hanno lasciato. Da maggio-giugno sono arrivate le nuove leve, molto meno motivate, impreparate a restare sotto il fuoco continuo per intere settimane. Ci difendiamo con le armi super-tecnologiche donate dagli Stati Uniti e dagli alleati europei. Però ci mancano soldati, ecco il motivo delle nostre lente, ma continue ritirate», spiega Vitaly, sergente maggiore 54enne di un’unità dell’intelligence militare che opera tra Donetsk e Lyman, nel Donbass centrale.
Una situazione estremamente complessa a quasi 1.000 giorni dall’inizio dell’invasione russa, che per i comandi ucraini è adesso aggravata dall’incubo del possibile blocco delle armi americane per ordine di Trump. Va comunque aggiunto che i russi continuano a incassare perdite gravissime, sino al triplo di quelle nemiche. Alcuni osservatori occidentali segnalano che da metà estate i russi subirebbero circa 1.000 tra morti o feriti quotidiani. Nonostante questo, avanzano, poco, ma progressivamente: in alcuni settori contesi come a Chasiv Yar verso Kramatorsk meno di 100 metri al giorno, in altri più dinamici come la direzione di Pokrovsk e Mirnograd anche un chilometro. I comandi di Kiev segnalano che, sui 1.300 chilometri di fronte caldo, la proporzione numerica tra soldati ucraini e russi è adesso uno a cinque.
Negli ultimi tempi Putin sarebbe riuscito a reclutare circa 100.000 nuovi effettivi per 5 brigate. E nel Donbass le sue unità avrebbero occupato nel solo mese di ottobre circa 490 chilometri quadrati di territorio: relativamente poco, però tanto se si tiene conto che è stata l’avanzata più importante da quelle veloci dei primi due mesi.
Dinamiche simili si replicano nella piccola enclave che dal 6 agosto gli ucraini occupano nella regione russa di Kursk. Originariamente era ampia oltre 1.000 chilometri quadrati, ma da inizio ottobre Putin ne ha ordinato la «liberazione veloce» e adesso sembra vi abbia concentrato circa 10.000 soldati nordcoreani. Le notizie restano frammentarie, pare che ormai gli ucraini controllino meno di 500 chilometri quadrati. Mentre i russi mostrano di voler prendere l’intera regione di Zaporizhzhia. Ufficiali della Legione dei volontari stranieri dispiegati con gli ucraini nella zona testimoniano di ingenti concentrazioni di truppe russe. «Le reclute ucraine mancano d’addestramento e disciplina, hanno difficoltà a reggere gli intensi bombardamenti», ci dicono.