la Repubblica, 9 novembre 2024
Ad Amsterdam il fantasma dei progrom
Intorno alla mezzanotte di giovedì, Jesse Cohen e Yotam Asher stanno rientrando in albergo dopo una giornata tesissima. Ai due tifosi del Maccabi, della sonora sconfitta contro l’Ajax già non importa più niente. Vogliono solo tornare sani e salvi in albergo: sin dalle prime ore del pomeriggio, Amsterdam è attraversata da scontri e scorribande di teppisti in passamontagna che danno la caccia a israeliani come loro, a piedi e sugli scooter. Mentre stanno attraversando Stadhouderskade, uno degli anelli che circondano il centro storico, una Mercedes scura gli sbarra la strada. Quando si aprono le portiere, Cohen e Asher sentono musica araba sparata a tutto volume. I due scappano, passano davanti a un tassista che li insulta ma riescono a rifugiarsi nella hall del loro albergo. E la Mercedes li ha seguiti fino a lì.Il dramma di Cohen e Asher è un pezzo di cronaca di una «notte buia come la pece», come l’ha definita la sindaca di Amsterdam, Femke Halsema; la loro fuga drammatica è stata raccontata ieri dalVolksrant. Alla vigilia del 9 novembre, il cupo anniversario dei pogrom di Hitler contro gli ebrei, Amsterdam si è risvegliata in un incubo. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha evocato quella notte di 86 anni fa, «quando gli ebrei in Europa furono attaccati in quanto ebrei. Ora è successo di nuovo».Nel Paese di Erasmo, nella città simbolo della tolleranza religiosa che porta persino un nomignolo in jiddish, “Mokum”, le frange più estreme della tifoseria israeliana e delle fazioni filopalestinesi si sono date battaglia nelle vie del centro e nell’area intorno allo stadio dedicato a Johan Cruijff sin dalle prime ore del pomeriggio. E i 1.210 poliziotti mobilitati per l’occasione non sono riusciti a evitare le violenze. I tifosi dell’Ajax, da sempre solidali con Israele, non c’entrano nulla con la guerriglia scoppiata nella città di Anna Frank. E gli eccessi più inauditi, spesso delle vere e proprie imboscate, come ricostruito poi dagli inquirenti, sono stati indubbiamente quelli subiti dagli israeliani.Ieri pomeriggio, al centralissimo Dam, l’unico indizio dei disordini di giovedì restano le camionette e le motociclette della polizia ancora parcheggiate davanti al Palazzo Reale. All’angolo opposto, il caposala dell’Europub, Jole, racconta di aver chiuso il locale prima del solito, a mezzanotte invece che all’una. Il Dam e le strade intorno erano diventate dalle tre del pomeriggio di giovedì, ore prima della partita Maccabi-Ajax, uno dei teatri principali degli eccessi dei tifosi israeliani. Alcune foto li mostrano mentre si arrampicano sulle facciate della via Rokin, strappano e danno fuoco a bandiere palestinesi; in un altro video urlano «morte agli arabi» e alcuni testimoni sostengono, andando allo stadio, di averli sentiti cantare «gli ospedali a Gaza non ci sono più perché non ci sono più bambini». Durante la partita, alcuni ultrà israeliani rompono il minuto di silenzio per le vittime dell’alluvione a Valencia con razzi e fumogeni.Ma le testimonianze predominanti raccontano inseguimenti furiosi e violenze contro gli israeliani, una caccia all’ebreo che si è scatenata tra i canali del centro nelle stesse ore ma soprattutto dopo la partita. I video, postati spesso dagli stessi aggressori, che parlanoin arabo ma le cui nazionalità non sono state rivelate dalla polizia, mostrano tifosi presi a pugni e spinte al grido di «devi dire ‘free Palestine», atterrati a calci e accompagnati da grida belluine «questo è per i bambini a Gaza», inseguiti in dieci contro uno, «da dove vieni», e massacrati di botte. Un gruppo di tassisti bracca alcuni israeliani in un casinò sulla Max Euweplein. Uno finisce nel canale, ed è costretto a urlare “Palestina libera”.Dalle notizie, dapprima confuse, poi più nitide, emerge che molti attacchi sono stati preparati: ai tifosi del Maccabi sono stati tesi dei veri agguati. L’invito agli atti di terrore corre già prima del match sui canali Snapchat e persinosulle chat Telegram dei tassisti e degli Uber: «Qui non c’è Gaza, questa è Amsterdam, oggi fottiamo te e la tua famiglia». E gli appelli sono a intercettare gli israeliani, dopo la partita, nella metro, alla stazione, intorno al Dam, ovunque. Anche tendendogli delle trappole: «Appendiamo le bandiere palestinesi, arriveranno come ratti». A pochi metri dalla casa dove si nascose Anne Frank, l’invito è a «cacciare i sionisti» e a «liberare la Palestina». Un ignoto posta una foto diun campo di concentramento: «Questa sarà la vostra ultima tappa». E pensare che la memoria della bambina del diario più toccante della persecuzione nazista, deportata e trucidata ad Auschwitz, era stata violata già quest’estate: qualcunol’aveva imbrattata con lascritta “Gaza”.Un odio sfogato anche nel corteo non autorizzato di giovedì verso lo stadio: la sindaca lo ha vietato per precauzione, i manifestanti filopalestinesi si spostano un chilometro più in là, sfogano il loro odio a via Anton de Komplein. E molto più a nord, si radunano alla stazione centrale per organizzare degli agguati agli israeliani che riaffacciano dalla metropolitana. A Dam, il ventinovenne Yoni Itz-chakian viene assaltato da un gruppo mentre passeggia col padre e il fratello lungo la piazza. Il padre viene preso a calci. «Non mi sono mai sentito così spaventato», ha raccontato Yoni ai media olandesi. «Neanche il 7 ottobre ho sentito ciò che ho provato ieri».Il bilancio, per ora, è di 62 arresti e decine di feriti, 5 dei quali ricoverati. Ieri centinaia di tifosi sono tornati in Israele anche con due aerei speciali inviati da Netanyahu, che ha spedito anche il suo neo ministro degli Esteri, Gideon Saar, nei Paesi Bassi, per una «visita diplomatica urgente». Il premier olandese Dick Schoof non ha potute che parlare di «vergogna» per gli incidenti.