Corriere della Sera, 9 novembre 2024
Raul Bova e quel bacio con Madonna
E quindi alle feste Raoul Bova faceva tappezzeria.
«Beh, adesso non esageriamo. Chiacchieravo. Ma ballare no. Ero negato. Mi vergognavo. Non riuscivo a muovermi, rigido come un pezzo di marmo. Le poche volte che ci ho provato, per lavoro, mi hanno quasi compatito: “Lascia perdere”».
Ragazzino timidissimo.
«Odiavo le interrogazioni perché dovevo parlare davanti a tutta la classe. A una recita scolastica, il professore fermò le prove: “Tu per favore non cantare, muovi solo la bocca”. Non rida!».
Ma ride pure lui.
«Per me è stato un trauma».
Metodo Montessori, eh.
«Dentro di me so che ce la potrei fare. Il mio sogno, pensi, sarebbe un musical. Anni fa fui convocato al Sistina per un provino. Trovajoli e Garinei mi volevano a tutti i costi per Ciao Rudy. Mi consolarono così: “Tranquillo, Mastroianni cantava peggio di te”».
E oggi?
«Mi sento a disagio quando nel mio interlocutore avverto il giudizio, la chiusura. Allora mi blocco. E ha presente quelli che fanno i brindisi ai matrimoni o gridano “Di-scor-so di-scor-so”?».
Come no.
«Ecco, io potrei morire. In Emily in Paris c’era una scena in cui, a tavola, avrei dovuto battere con il coltello sul bicchiere. Mi sarei sotterrato. Per fortuna l’hanno cancellata dal mio copione e l’hanno assegnata a Rupert Everett».
La volta in cui si è più imbarazzato sul set.
«Quando giravo La Lupa con Monica Guerritore, con molte scene di passione. Il regista era suo marito Gabriele Lavia che mi voleva più focoso: “Devi prenderla con impeto, farla impazzire”. Immagini come mi sentivo, davanti a lui. Ero un ghiacciolo».
Il debutto in tv a «Scommettiamo che?».
«Con due persone eccezionali come Milly Carlucci e Fabrizio Frizzi. Ero un ragazzino, cercavo di guadagnare due soldini. Entravo col cuore a palla e il sorriso tirato, imbranato. E dall’alto Guardì gridava: “Ma che stai facendo?”».
E al cinema con «Mutande pazze» di D’Agostino.
«Con Eva Grimaldi, bellissima, un’icona, vestita di pelle. Dovevo sedurla. E anche lì ero imbarazzatissimo. Come con il bacio a Madonna».
Per uno spot di un rossetto. Lady Ciccone volle proprio lei. Come andò?
«Avevo il terrore di sbagliare. Non sapevo come ci si bacia e ci si abbraccia sul set. Dopo ho imparato che esiste una tecnica. Fu Lina Wertmüller a insegnarmi tutto sulle scene d’amore».
Il segreto, se c’è?
«Stare nudi davanti alla telecamera o a una cinepresa, con settanta persone che ti guardano è una sensazione... impattante. Se ti metti a pensare fai un casino, conviene entrare nel personaggio».
E poi?
«Devi baciare non come se masticassi un chewing gum. Molti fanno il pesce, aprono e chiudono la bocca. Non va bene. Non bisogna stare al centro, per non coprire l’attrice. E occorre posare le labbra verso l’angolo della bocca di lei. Prima muovi la testa, poi il naso e infine puoi baciarla».
Oddio, che stress.
«Sosteneva Lina: “Il momento più erotico è lo sguardo subito prima del bacio”».
Ma alla fine quello con Madonna com’è stato?
«Umido». Ride. «È stata carina. “Rilassati, non ti preoccupare, lo rifacciamo finché non sei contento”».
Ha lavorato con le star di Hollywood. Stallone.
«A Los Angeles Sylvester era mio vicino di casa. Molto carino, salutava, c’è gente che finge di non conoscerti».
Tom Hanks.
«A Venezia mi chiese di accompagnarlo da Buccellati insieme a Spielberg».
Angelina Jolie.
«Mi presentai al provino per Tomb Raider. Volevano prendere me. Però soffrivo ancora di ansia. All’ultimo call back feci un disastro totale: dimenticai le parole, ricominciai da capo e non si fa».
Scartato.
«Già. Tempo dopo l’ho incontrata una festa, abbiamo ballato insieme. Mi confidò: “Mi dispiace, facevo il tifo per te”. “Dai, ci saranno altri film, non ti preoccupare. Don’t cry for me, Angelina”».
Sophia Loren.
«Un mito pazzesco, con un fascino unico, impossibile non innamorarsi di lei per quanto è bella, sexy e affascinante. Ero un po’ in crisi per le pretese degli americani. “Fottitenn. Sei una star, resta te stesso, non farti cambiare”».
Era il più elegante.
«Non è difficile, con Armani al tuo fianco, non era merito mio. Siamo amici da 25 anni, per me è famiglia».
Le metteva soggezione?
«No, anche se è un tipo riservato. Ma con uno come me, ancora più timido di lui, lo sente e si scioglie».
Quando si è reso conto di essere bello?
«Quando mamma mi portava al mercato, ci regalavano sempre qualcosa, magari una mela. Ma fino ai 18 anni non avevo grande successo. Non ero chissà che. Andavo a nuotare la mattina alle 5, arrivavo a scuola con il segno degli occhialini, gli occhi rossi di cloro, pallidissimo, mentre gli altri si facevano la lampada. Frequentavo le magistrali, scuola quasi tutta femminile, in proporzione rimorchiavo poco».
La bellezza, un vantaggio o un obbligo?
«Non mi piace lo stereotipo di chi si lamenta dei complimenti: “Non sono soltanto bello, c’è di più”. Ai tempi del calendario, quando mi toglievo la maglietta, c’era chi esclamava: “Ah, ma allora gli addominali sono veri!”. Spesso mi sentivo un oggetto da guardare piuttosto che una persona con cui parlare».
E certo.
«Alla mia età, magari averci ancora quel problema. Mangiavo qualsiasi cosa ed ero magrissimo, ora basta che guardi e ingrasso. Ci sto attento, lo sport è fondamentale».
Nuota ancora?
«Certo, sono appena uscito dalla piscina, ho fatto 4 km».
Dieta?
«Mi regolo, poi ho un giorno premio».
Tempo fa era ingrassato fino a 110 chili.
«E sui giornali scrivevano: “È crollato un mito”, “Bova ha perso tutto il suo sex appeal”. Stavo male, avevo appena perso mamma e papà. Il dolore scatena il cortisolo che ti fa gonfiare. Già stai a pezzi e ti vedi ridotto così. In più sentirsi dire certe cose non è facile. Ci ho sofferto».
Ci tiene al suo aspetto.
«Mi piace vestirmi con cura, tenermi allenato, avere un bel taglio di capelli. Significa volersi bene».
E lei se ne vuole?
«Sto imparando. Prima forse me ne volevo poco. Adesso mi voglio bene a modo mio. Sono molto severo con me stesso, pretendo parecchio. E temo il mio giudizio».
Mai stato tampinato sul set?
«Tampinato no, tamponato sì. Scherzo. Sì, è successo, oppure a volte ho fatto io la prima mossa, si flirta. Ma se vedevo che l’impresa era difficilissima, che c’era una probabilità su un milione, non ci provavo nemmeno».
Ha interpretato un papa, un santo, ora don Massimo. Nella vita è un buono?
«Sì, è un mio difetto, mi fregano come vogliono. Pure le mie figlie l’hanno già capito, un disastro. L’altro giorno stavo rimproverando Luna per i compiti. Lei sorrideva: “Papo non ce la fai ad essere cattivo, hai gli occhi buoni”».
Altri difetti.
«Ho il mio carattere, nel bene e nel male. Leone ascendente Vergine, ho preso il peggio di entrambi. Chi resta con me è perché mi conosce fino in fondo. Su alcune cose sono molto permaloso».
Qualcosa in cui è negato.
«A suonare gli strumenti. A prendere appuntamenti. Ad andare sui pattini».
Su Instagram posta la foto di peperoncini messi a seccare. Guarda o partecipa?
«Scherza? Li ho fatti io».
Rocio chi è per lei?
«Una domandona, dalla risposta dipenderà la mia vita o la morte. È la persona che amo, con cui ho fatto due figlie, molto importante».
Pesano i 17 anni in più?
«A volte sono un vantaggio, sei spinto a fare cose che non hai mai fatto prima».
Amarsi è facile o difficile?
«Facile, ma noi ce lo rendiamo difficile».