Corriere della Sera, 9 novembre 2024
Per uno sciopero diverso
Ha ragione de Bortoli: i primi che avrebbero diritto di rivoltarsi, in questo Paese, sono i milioni di cittadini costretti a subire gli effetti dei continui scioperi selvaggi del trasporto pubblico. La logica dello sciopero è di infliggere un danno economico e di reputazione al datore di lavoro (in questo caso il governo), mentre così si finisce per rafforzarlo. So bene che in un mondo ideale dovrebbe scattare la solidarietà tra utenti e manifestanti, ma nel mondo reale (quello, per intenderci, dove vincono i Trump) ciascuno finisce per mettere davanti i propri interessi. Puoi anche sentirti spiritualmente vicino al bigliettaio vessato e all’autista sottopagato, ma se poi lo sciopero selvaggio trasforma il tuo tragitto casa-lavoro in un’impresa epica, farai fatica a tifare per chi, pur dicendo in buona fede di voler creare un disagio a Salvini, nei fatti lo sta procurando a te.
Il diritto di sciopero è sacrosanto e intoccabile, però mi si conceda una provocazione: agli scioperanti non converrebbe affiancare forme di protesta più moderne e anche più furbe? Se ieri i mezzi pubblici avessero funzionato regolarmente ma gratuitamente, cioè se i manifestanti avessero aperto i tornelli ed evitato di controllare i biglietti, avrebbero ottenuto il loro scopo – danneggiare la controparte – senza inimicarsi la clientela. Ci sarebbero stati strascichi legali? Sicuramente, e per qualche tempo, ma la storia insegna che ogni cambiamento comincia con un attrito e finisce con un accordo.