La Stampa, 8 novembre 2024
Intervista ad Antonio Vassallo, figlio del sindaco ucciso
«Il ruolo di sindaco, per mio padre, non era solo un lavoro. Ma una missione». Quando papà Angelo è morto, Antonio Vassallo aveva 26 anni. E il ricordo di quei giorni, di chi andava e veniva da casa sua, è ancora nitido. «Quello che sappiamo è solo una piccola parte. C’è molto ancora da approfondire»
Oggi prova più dolore o più fiducia nella giustizia?
«Molta fiducia. In questi anni abbiamo avuto perplessità sulle indagini. A volte abbiamo anche pensato che non avremmo mai conosciuto la verità».
Il colonnello dei carabinieri Cagnazzo è accusato di aver depistato le indagini.
«Per rallentarle sono state dette molte cose non vere. E queste dinamiche ora devono venire alla luce».
Cagnazzo lei se lo ricorda?
«Si atteggiava da bullo, spavaldo, al di sopra di ogni cosa. Sfrecciava in scooter senza casco, con un’altra persona con sé. Ad Acciaroli veniva in vacanza. Ottimo curriculum, nonostante il comportamento cafone era tenuto in considerazione. In fondo era un colonnello dell’Arma dei carabinieri»
Suo padre si dice non lo avesse in simpatia. Perché?
«Papà era un amministratore attento. Pensi che, quando si era sparsa la voce che da queste parti girava la droga, era andato di persona nei locali per cercare di allontanare i pusher. Poi ha scoperto che il porto di Acciaroli era di interesse per il traffico di stupefacenti. E l’hanno ammazzato».
Di questi sospetti ne ha mai parlato a casa?
«No, lui raccoglieva i problemi degli altri. Li ascoltava e cercava di risolverli. Dopo il suo omicidio, ho scoperto che aveva preso appuntamento per sporgere denuncia. Era fatto così».
Come?
«Coraggioso e impegnato politicamente e socialmente».
Cosa le ha insegnato?
«A comportarmi bene. E gli aneddoti sono tanti. Posso raccontarne uno particolarmente significativo?».
Prego.
«Un anno fui assunto dal Comune. Io tentennavo, temevo che sarei stato visto come il privilegiato, il favorito. Lui invece mi mandò a raccogliere la spazzatura all’interno dei locali. Gli chiesi spiegazioni».
E lui cosa le rispose?
«Che dovevo dare l’esempio. Ad Acciaroli non ci sono mai stati episodi legati al malaffare. Sin dagli Anni 80 è pure stato casa per le famiglie dei collaboratori di giustizia. Lo stesso Cagnazzo, da Napoli, li ha portati qui, dove è facile nascondere chi ha bisogno di protezione».
Suo padre ha dato la vita per il territorio.
«Sosteneva che bisognasse dare ospitalità ai turisti. Chi arriva, diceva, deve trovare un paese accogliente. Non di scostumati e maleducati. Era un sindaco di altri tempi».
Cosa significa?
«Il cellulare non lo spegneva mai. Mi ricordo che di notte suonava in continuazione. Magari c’era stata una rissa o un incendio. E lui andava di persona per cercare di risolvere il problema. Così ha fatto anche per la droga che dilagava nelle zone della movida».