la Repubblica, 8 novembre 2024
Italia, paese di centenarie
Hanno attraversato senza farsi fermare una pandemia, hanno figli entrati già nella categoria degli anziani fragili e nipoti che magari iniziano a pensare a come sarà la vita tra qualche anno, dopo la pensione. Sono sempre di più i centenari ancora con noi, uomini e soprattutto donne che durante la Seconda guerra mondiale erano adolescenti o ventenni e oggi sorridono al fotografo di fronte alla torta di compleanno con tre cifre sopra.L’Italia è un Paese che invecchia e a dirlo sono i dati più evidenti, come quelli riguardo al numero degli over 65 (tantissimi, quasi 14 milioni), ma anche quelli estremi, appunto sui cittadini che hanno superato i 100 anni. All’inizio di quest’anno i centenari erano 22.552, cioè 38 ogni centomila abitanti (il dato in Liguria sale a 61). Si tratta, rivela l’Istat, del 30 per cento in più dei 17.252 di dieci anni fa.Come è stato possibile? «Non va chiesto a loro, perché non lo sanno. Certo, c’entrano la vita sana e la genetica, ma i centenari per certi versi sono un mistero». A parlare è Roberto Bernabei, presidente di Italia longeva, associazione legata al ministero alla Salute. Qui si va oltre le capacità dell’assistenza sanitaria. «Stiamo parlando di persone super selezionate, che nel 30% dei casi sono autosufficienti. Nessuna fascia di popolazione vede un aumento percentuale come la loro, che solo tra il 2023 e quest’anno sono cresciuti del 10%». Bernabei allarga lo sguardo, per uscire appunto dal dato estremo. «Quello dei centenari è un numero straordinario, ma io sono forse più colpito da quello degli ultra novantenni italiani, che sono quasi un milione. Sta succedendo una cosa inedita nella storia dell’umanità, e cioè che molti della generazione dei sessantenni di oggi hanno ben trent’anni di vita davanti. Bisogna capire come farglieli impiegare».Ha idee in proposito Lidia Ravera, la scrittrice che tra l’altro ha pubblicato per Einaudi Age pride,testo dal sottotitolo eloquente: “Per liberarci dai pregiudizi sull’età”. Per usare bene quei tre decenni, «intanto bisogna combattere contro gli stereotipi che vedono nella vecchiaia un passaggio scadente della vita», dice Ravera. Ci vuole consapevolezza delle possibilità che si aprono con l’età. «Siamo attivi, abbiamo riscritto le regole negli anni Settanta e non dobbiamo cambiare proprio adesso, che stiamo vivendo una fase eccitante e avventurosa. Eravamo la maggioranza quando siamo nati, i cosiddetti baby boomer, e lo siamo ancora, per questo potremmo avere un peso politico maggiore, perché il Paese faccia i conti con la mutazione anagrafica della società, sia dalpunto di vista filosofico che da quello del welfare e della sanità». Otto centenari su dieci sono donne, più numerose anche nelle altre fasce di età anziane. «Noi donne dobbiamo smetterla di vergognarci e levarci gli anni – dice sempre Ravera – Siamo tante, più robuste, facciamo parte dell’unico movimento di massa rimasto in piedi: il femminismo».Secondo la scrittrice «invecchiare bene è una forma d’arte». E il presidente della Società italiana di cardiologia geriatrica, Niccolò Marchionni, ne fa pure una questione di libero arbitrio. «Sapete cosa accomuna le cinque “blu zones”, di Sardegna, Costa Rica, Grecia, California e Giappone, dove la speranza di vita è molto più alta della media mondiale? Tre cose: una dieta molto morigerata, la vita di comunità e un’attività fisica moderata ma costante. Significa che le persone sono padrone del proprio destino». Non si deve dormire sugli allori della genetica. «No, se non si conduce il giusto stile di vita – dice Marchionni – ci si può ammalare anche se si hanno ascendenti longevi. Ma c’è anche una buona notizia: chi riga dritto può migliorare l’infame destino di qualche problema ereditario e vivere a lungo. Magari anche fino a cent’anni».