Corriere della Sera, 6 novembre 2024
Volti e passioni di Franco Antonicelli , che sapeva raccontare (e scegliere) i libri
«Bisognava averlo conosciuto bene per sapere che tutte le figure che egli impersonava, apparentemente così distanti l’una dall’altra, si componevano nell’unità di un unico, irripetibile, sovrano personaggio». Giulio Bollati parlava così di Franco Antonicelli, uno dei protagonisti della cultura italiana del Novecento, scomparso il 6 novembre 1974, esattamente cinquant’anni fa. All’Università, si laurea prima in Lettere nel 1921 e poi, per intraprendere la carriera diplomatica, in Giurisprudenza nel 1931. Insegnante d’Italiano nel 1926-1927 al suo stesso liceo D’Azeglio di Torino, entra in contatto con il gruppo riunito intorno ad Augusto Monti di cui fanno parte maestri e coetanei quali Benedetto Croce, Piero Gobetti, Norberto Bobbio, Massimo Mila, Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Ludovico Geymonat. Pavese scriverà di lui: «Franco era divenuto uno dei tipi culturalmente più significativi di Torino, uomo onestissimo e sinceramente democratico, un fine umanista».
Il 31 maggio 1929 Antonicelli viene arrestato, attaccato da Mussolini, quando sottoscrive una lettera di solidarietà a Benedetto Croce, in occasione del dibattito al Senato sui Patti Lateranensi, e rimane in carcere circa un mese. Ostacolato nell’insegnamento nelle scuole pubbliche a causa dei precedenti politici, Antonicelli nel 1933-1934 è istitutore privato di Gianni Agnelli. Nel 1944 entra in clandestinità, dedicandosi alla lotta partigiana e diventando, alla fine della guerra, il capo del Cln piemontese. Fu un «antifascista con naturalezza, per ragione di stile e di dignità», ha scritto Corrado Stajano. Nel dopoguerra, dopo un breve periodo alla direzione del Partito repubblicano italiano, aderisce nel 1953 all’Alleanza democratica nazionale partecipando attivamente alla battaglia contro la «legge truffa».
Antonicelli è stato prima il direttore della collana Biblioteca Europea dell’editore Frassinelli. Per sua scelta e per la prima volta, entrano in Italia opere come L’armata a cavallo di Babel’, Moby-Dick di Melville, Il processo di Kafka e anche Topolino di Walt Disney. Nel 1942 fonda la casa editrice Francesco De Silva – dal nome di un editore piemontese del Quattrocento – che per prima pubblica Se questo è un uomo di Primo Levi, libro respinto dalla Einaudi (giudizio negativo di Natalia Ginzburg e Cesare Pavese).
Nell’autunno del 1967 è invitato a Livorno per dare consigli sui libri più utili per la costituenda biblioteca dei portuali. Antonicelli non si preoccupa di indicare libri, che sarebbero stati ovviamente quelli già disponibili, ma propone di riflettere soprattutto su un criterio di scelta: «Cercate sempre i libri che vi tormentano, cioè che vi conducono avanti, i libri che vi gettano lo scrupolo di coscienza: questi sono i libri, i libri non di fede accertata ma di fede incerta. Questi sono i libri che un cittadino, un portuale, che diventa, che vuole essere più cittadino, deve leggere».
A differenza di altri intellettuali «impegnati» che guardavano alla televisione con altezzosità, Antonicelli capisce sin da principio l’importanza del mezzo. Nel 1950 diventa consulente della Direzione generale della Rai per i programmi culturali radiofonici. Si deve a lui la prima rubrica sui libri, «Il commesso di libreria». Avviata sul finire della fase sperimentale, il 13 dicembre 1953, la rubrica è collocata alla domenica, alle 19, per poi essere spostata nelle puntate successive, tra la fine del 1953 e l’aprile del 1954, in orari e giornate differenti, generalmente con cadenza quindicinale. Antonicelli presenta libri, incontra autori e si chiede: «Chi è un buon commesso di libreria? È uno che sa di non essere lì a vendere una merce come un’altra, ma qualcosa di particolare qualità, da averci mani delicate, mente svelta, buona memoria, senso di opportunità, conoscenza del mercato e familiarità con il pubblico, così difficile e svagato e, perché no?, gusto e voglia di leggere, che non guastan davvero».
Nel 1968 è eletto senatore nelle liste del Pci, diventando uno dei fondatori della Sinistra Indipendente. La rottura con il partito liberale era avvenuta al tempo del referendum tra Monarchia e Repubblica (1946) e Antonicelli aveva sempre collaborato con gli esponenti della sinistra torinese e in particolare con i comunisti, pur preservando la sua indipendenza. Il suo cammino è sempre stato su un crinale, tra letteratura, politica culturale e militanza.