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 2024  novembre 06 Mercoledì calendario

Nadia Terranova e Francesco Lepore parlano di Angela Botari

Recentemente edito da Castelvecchi, il volume collettaneo “Angela Bottari. Storia di una donna libera” (pp. 246, € 20) ripercorre la vita della deputata del Pci, che è stata protagonista d’importanti battaglie per i diritti civili e sociali, attraverso scritti, foto e il ricordo di personalità del mondo della politica e della letteratura. A illustrarne per noi contenuti e aspetti, il giornalista (e co-curatore dell’opera) Francesco Lepore e la scrittrice Nadia Terranova, che ha contributo al libro con le splendide pagine intitolate “Il tuo nome impedisca di perderci”.
Francesco Lepore: «Mi manca la presenza della sua figura». Così cantava Giuni Russo in un brano che, lanciato esattamente trent’anni fa, è ispirato al Cántico espiritual di Giovanni della Croce. Queste parole mi sembrano le più adatte per esprimere l’enorme senso di vuoto che Angela Bottari, morta nella sua Messina il 14 novembre scorso, ha lasciato in chi l’ha conosciuta e profondamente amata. Schietta, diretta, allergica al compromesso, addirittura irremovibile se c’erano in ballo i principi, la pasionaria siciliana e deputata comunista per tre legislature è stata per me, ad esempio, soprattutto amica, sorella, madre. Da qui il desiderio di scrivere con Pietro Folena – il cui percorso esistenziale e politico si è a lungo intrecciato con quello di Angela – un libro che raccontasse la vita e le battaglie della storica paladina per i diritti e le libertà delle donne attraverso i suoi stessi scritti, discorsi, interventi parlamentari e la corale testimonianza di voci diversificate. Trentacinque in tutto, compresa la tua, Nadia, che compongono questo libro e rendono presente, in un certo qual modo, al lettore la figura di Angela Bottari.
Nadia Terranova: «Io penso che con questo libro abbiate fatto qualcosa di molto importante e di molto bello. Non si tratta solo di ricordare, che è un verbo anche un po’ morto, ma di rendere vivo il pensiero di Angela Bottari, che era una donna scomoda e non incasellabile, con idee accese che suscitavano forti contrasti anche in chi la seguiva e la rispettava. Penso che soprattutto questo ci dica la sua storia, che alla fine è il coraggio di avere una personalità a rimanere, e a lei certo non mancava, come non le mancava il coraggio di cambiare idea, di rivedersi. Penso spesso che se sei la persona che fa un passo enorme, e lo fa fare a un paese intero, a una società, come ha fatto lei quando è stata la prima relatrice della legge che ha portato all’abrogazione del matrimonio riparatore e del delitto d’onore, poi potresti usare quel passo per diventare l’icona di te stessa, per definirti in un modo inattaccabile ma che poi si fossilizza. Invece lei si è sottratta a quest’unico racconto, è stata tante cose. Non si è mai voluta appuntare medaglie, aveva sempre l’aria della donna che ha fatto il suo dovere e basta. E invece ha cambiato la Storia».
Lepore: «Che Angela non abbia mai voluto appuntarsi medaglie, pur avendo cambiato la Storia con il suo impegno, le sue scelte, i suoi gesti controcorrente, è soprattutto evidente in riferimento a un’altra proposta di legge, quella contro la violenza sessuale, da lei presentata per la prima volta il 2 dicembre 1977. Di questo progetto normativo, che dovette ripresentare altre due volte (ma sempre senza successo: come noto, la legge fu approvata soltanto nel 1996), lei fu anche relatrice. E proprio nel corso della discussione durante l’VIII legislatura, il giorno 25 gennaio 1983, avvenne l’eclatante e inaspettato episodio delle dimissioni dall’incarico tra le ire di Nilde Iotti, Giorgio Napolitano e altri dirigenti del Pci: l’aula della Camera aveva, infatti, approvato un inaccettabile emendamento del democristiano Carlo Casini, che da delitto contro la persona riconduceva la violenza sessuale all’alveo di delitto contro la moralità pubblica e il buon costume. Orbene, Angela sin da allora ne parlò, e sempre ne avrebbe parlato, nei termini di atto e merito non già personale, ma collettivo e condiviso con le compagne di partito Carla Nespolo, Romana Bianchi, Ersilia Salvato e altre. Non a caso era solita ripetere: «Noi il noi lo abbiamo vissuto, non predicato».
Terranova: Mi manca molto questo “noi” oggi, e non solo in politica. Mi manca la rivendicazione di appartenenza a una comunità in modo non identitario, ma di metodo. Sei andato dritto al punto ricordando il motivo per il quale Angela ha ispirato tante donne, come Viola Ardone che l’ha esplicitamente omaggiata dopo aver scritto Oliva Denaro».
Lepore: «Ricordo bene quando Angela, parlandomi per la prima volta di questo bellissimo romanzo e del personaggio di Liliana a lei ispirato, mi disse con la sua inconfondibile voce roca: «Viola Ardone non è solo una scrittrice di talento, ma un’acuta analizzatrice della realtà, perché raccontando in filigrana la mia storia ha raccontato la storia di tutte noi, ragazze di provincia, giunte alla fine degli anni ’70 in Parlamento e insieme impegnate per i diritti e le libertà comuni». La stessa Viola, d’altra parte, coglie pienamente nel segno, quando nel suo contributo al libro, da me curato con Pietro Folena, scrive: «Era così che ragionava Angela: quello che si fa, lo si fa per tutte e tutti. Solo così è giustizia. Solo così è progresso». Ed è in quest’ottica collettiva e sociale che solo si potranno comprendere appieno le sue battaglie contro l’installazione dei missili Cruise a Comiso e per il contrasto alla mafia, l’assegnazione della casa ai baraccati di Messina, la piena tutela dei lavoratori e delle lavoratrici, i diritti civili delle persone omosessuali e trans».
Terranova: «A volte penso alla grande fortuna che ho avuto nell’averla vista all’opera negli anni Novanta, quando presi l’unica tessera di partito della mia vita, iscrivendomi alla Sinistra giovanile, che afferiva al suo partito. Angela Bottari era ascoltata, rispettata, amata ma anche temuta e, come tutte le donne forti, la sua sola presenza o apparizione in un’assemblea poteva suscitare reazioni accese. La vita stessa di Angela ci stimolava a essere migliori, ci costringeva a fare i conti con tutto quello che potevamo fare, a quanta grandezza potessimo dare ai nostri sogni e obiettivi. Era preceduta dalla sua aura. Mi sembra che questo connubio tra l’alone della sua forza e la concretezza delle sue azioni permei molti degli interventi del libro, per non dire tutti».
Lepore: «È proprio così, anzi le stesse foto, che arricchiscono il volume, rendono plasticamente tutto ciò. In conclusione, mi sento di dire che questo libro non solo ci fa avvertire “la presenza della figura” di Angela, ma trasmette, viva e palpitante, la storia di una donna libera, che si è costantemente impegnata perché ogni persona fosse pienamente libera. Credo che chiunque si immergerà nella lettura di Angela Bottari. Storia di una donna libera ne potrà fare esperienza e sentire come rivolte a sé quelle parole, che lei stessa, tra il rude e l’affettuoso, era solita dirmi: «Mi sembra di conoscerti da sempre». —