il Fatto Quotidiano, 5 novembre 2024
Sottomarino nucleare, arriva il progetto firmato Fincantieri
Per ora è solo uno studio di fattibilità finalizzato all’installazione di piccoli reattori nucleari di quarta generazione, oggi in fase sperimentale, su navi militari. Un incarico di ricerca da 2,094 milioni di euro, che nel mondo degli armamenti sono briciole. La Difesa l’ha affidato il 2 agosto scorso a una Associazione temporanea di scopo formata da Fincantieri (mandataria) con la controllata Catena, Ansaldo Nucleare, Rina Service e l’Università di Genova. Nell’avviso di aggiudicazione si legge anche che “l’argomento di ricerca è stato espressamente selezionato da Segredifesa (il Segretariato generale della Difesa, ndr) con l’obiettivo finale di sviluppare la capacità tecnologica principalmente per lo sviluppo nel settore delle prossime costruzioni subacquee nazionali”.
Insomma, non è il progetto di un sottomarino italiano a propulsione nucleare, che richiederebbe una montagna di soldi e non meno di un decennio, però ai vertici della Difesa e della Marina militare ci stanno pensando. Anche solo pensarci non è banale, l’Italia non l’ha mai avuto, se ne parlava fin dagli anni 50 del secolo scorso ma Giulio Andreotti, raccontano le cronache dell’epoca, non era convinto.
Oggi i sottomarini nucleari li hanno solo Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito, Cina e India, che hanno anche testate atomiche. Li sta acquisendo l’Australia, ci lavora il Brasile in partnership con i francesi, ma è più indietro. È l’arma più costosa: la Francia sta potenziando il suo arsenale e spenderà circa 15 miliardi di euro per sostituire quattro natanti. Sono tutti Paesi che impiegano il nucleare anche per la produzione di energia in ambito civile, mentre l’Italia ci ha rinunciato dopo il referendum del 1987, ma è sempre più forte la pressione per tornare indietro e puntare di nuovo sull’atomo: il governo starebbe preparando una prossima legge delega sul tema, che porterebbe anche alla nascita di una nuova società pubblica per lo sviluppo dei reattori più avanzati con dentro Enel, Ansaldo, Leonardo e Cassa depositi e prestiti. Servirebbe una legge, a occhio e croce, anche per costruire navi o mezzi subacquei a propulsione nucleare. Le testate nucleari sul nostro territorio, come è noto, sono statunitensi.
A disporre di questo tipo di sottomarini sono per lo più Paesi con una proiezione transoceanica che la nostra Marina, tradizionalmente, non ha, per quanto le cose stiano cambiando anche sotto questo aspetto. Navi militari italiane partecipano da tempo a missioni internazionali anche in acque assai lontane, in particolare nell’area dell’Indo-Pacifico, mercato di particolare interesse per le navi militari prodotte da Fincantieri. I sottomarini a propulsione nucleare misurano dai 100 agli oltre 200 metri di lunghezza, sono in genere armati con missili balistici e la loro principale caratteristica è quella di poter navigare per migliaia di miglia senza dover fare rifornimento. La sigla Usa è Ssbn, Submersible Ship Ballistic Nuclear. Navigano anche nel Mediterraneo, naturalmente, ma il loro ambiente ideale non è un mare chiuso con bassi fondali.
Il progetto affidato a Fincantieri e ai suoi partner nasce nell’ambito del Piano nazionale per la ricerca militare 2023. Si chiama “Minerva – Marinizzazione di impianto nucleare per l’energia di bordo di vascelli armati”. Le società incaricate studieranno l’andamento del mercato mondiale del settore, che è in pieno sviluppo, per individuare le tecnologie particolarmente promettenti e ipotizzare eventuali possibili partnership internazionali. Nonché la partecipazione di aziende italiane alla costruzione di sottomarini di altri Paesi. Leonardo ha già alcune commesse nel settore dagli Stati Uniti. E Fincantieri lavora già sui droni subacquei. Qui invece al momento siamo ancora allo stato embrionale: “Il progetto prevede – si legge nella relazione preliminare della Difesa – lo studio dell’integrazione a bordo di una nave militare di prima linea di un reattore nucleare di nuova generazione per la propulsione e la generazione elettrica per il quale non risultano allo stato dell’arte applicazioni navali”, ci sono infatti solo “abbondanti esempi di generazione nucleare con tecnologia tradizionale a bordo di navi e unità subacquee straniere”. La relazione stessa richiede che “siano valutati i principali fattori decisionali anche per unità subacquee”.