la Repubblica, 5 novembre 2024
Intervista a Eve Hewson, attrice
Il suo sguardo limpido e la risata contagiosa sono lontani dai personaggi che ha interpretato. Eve Hewson è stata infatti l’amica dark di Sean Penn in This must be the placedi Sorrentino, la misteriosa moglie diDietro i suoi occhi e, di recente, la giovane sposa le cui nozze vengono terremotate da un omicidio nella serie con Nicole Kidman, The perfect couple. È la figlia della produttrice Ali Stewart e della rockstar Paul David Hewson, meglio conosciuto come Bono degli U2. Trentatré anni, curriculum ricco (Lady Marian nello sfortunato Robin Hood di Taron Egerton, Il ponte delle spie di Steven Spielberg), Eve si fa strada per scrollarsi di dosso l’etichetta di “nepo baby”. In questo percorso c’è la serie irlandese, la dark comedy Bad sisters, grande successo in patria. La seconda stagione sarà su Apple tv+ dal 13 novembre, storia di cinque sorelle e un assassinio da nascondere.
Ha iniziato a recitare da adolescente. In che momento ha capito che poteva essere un lavoro?
«Nel primo film, The 27 club,avevo 15 anni, amavo a tal punto il set che non volevo mai tornare a casa. A fine riprese mi sono sentita persa, tristissima, mi dicevo “devo fare di tutto per trovarne un altro”. Mi aveva appassionato tutta la macchina del film, la realizzazione, quel senso di appartenenza che ti dà lavorare in un gruppo. È lì che ho capito che volevo fare quello per vivere».
I suoi genitori l’hanno sostenuta fin dall’inizio. Le hanno dato consigli?
«Sì, e continuano a farlo, tutti i giorni. Ancora oggi, e ho più di trent’anni, mi chiamano di continuo per dirmi quel che pensano del mio lavoro».
C’è un suggerimento che si sentirebbe di condividere con altri giovani artisti?
«C’è, anche se non viene dai miei genitori ma da un amico. Che un giorno, proprio agli inizi, mi disse: non puoi sapere se un film o una serie andrà bene o male, o come verrà. Scegli i ruoli per l’esperienza in sé, per la qualità della sceneggiatura, perché lavorerai con quel regista o quell’attore, o con quel produttore. Prendi ogni decisione pensando a ciò che potrai imparare piuttosto che in funzione del successo, o meno, del prodotto».
A proposito di insegnamenti: aveva diciannove anni sul set di “This must be the place” di Paolo Sorrentino.
«È stata un’esperienza entusiasmante. Sorrentino è un grande, negli anni successivi abbiamo continuato a vederci di tanto in tanto. Su quel set c’era una atmosfera di grande familiarità: forse perché è italiano ma stavamo tutti insieme, sua moglie cucinavaper tutti. Ero giovane e nervosa ma quel clima mi ha aiutata. Per me il set durò un paio di settimane, ora che ho un po’ più di esperienza mi piacerebbe tornare a lavorare con lui».
A dieci anni da “Il ponte delle spie” tornerà a lavorare con Steven Spielberg nel suo prossimo film, ancora top secret.
«In quel film avevo un piccolo ruolo in una produzione enorme ma ricordo bene l’energia che Spielberg trasmetteva sul set. È un grande direttore di attori perché ha in testa come dare vita a quel che sta per girare, scena dopo scena riesce a coinvolgere tutti, e questo emerge in tutte le sue opere».
La cifra di “Bad sisters” è quella di un umorismo dark molto brillante. Che corrisponde alla vitalità del suo ruolo.
«Amo profondamente il personaggio di Becka, così incasinata, un po’ depressa eppure vitale e vivace. Quando reciti, di solito ti si chiede di misurarti solo con un aspetto del carattere del tuo personaggio mentre Becka è complessa, sfaccettata».
Ha qualcosa in comune con lei?
«Sì, ma forse perché è irlandese, una giovane donna cresciuta a Dublino, mi ricorda com’ero io da adolescente. Le amiche e le ragazze che frequentavo avevano un senso dell’umorismo simile».
Ha studiato a New York, lavora molto con Hollywood. Per lei l’Irlanda è ancora casa?
«Certo, e girare questa serie mi ha permesso di rientrare la sera a casa e ritrovare i miei cani. Le due stagioni mi hanno impegnata per due anni e mezzo, tutto bellissimo tranne il clima, a volte mi sono congelata».
Il cuore della storia è il legame tra cinque sorelle.
Lei ha due fratelli e una sorella: ha ritrovato qualcosa di familiare?
«Sono molto legata a mia sorella Jordan, i miei fratelli sono molto più piccoli; Jordan e io abbiamo fatto loro da baby sitter. Il rapporto con mia sorella è molto simile a quello che hanno le sorelle Garvey e tutte mi ricordano le mie amiche del liceo, quando ci si vuole bene da morire ma con grande leggerezza».
Il ruolo della vita?
«Un film in costume. Con un po’ di magia, gli incantesimi, qualcosa alla Harry Potter. Vorrei un costume folle e una voce strana. E una grossa parrucca».