Corriere della Sera, 5 novembre 2024
Generazione I, gli Incompresi
I numeri registrano un crescente malessere del mondo giovanile. Le curve disegnate dall’indice di salute mentale – misura del disagio che si basa sulle dimensioni di ansia, depressione, perdita di controllo comportamentale o emozionale e benessere psicologico – prima e dopo la pandemia (-3 punti in 4 anni) sembrano confermare che gli/le adolescenti potrebbero essere più felici. L’isolamento imposto dal Covid con la rarefazione dei rapporti sociali ha fatto esplodere il tema del disagio e dei divari educativi e ha acceso i riflettori sugli adolescenti che sono a rischio di dipendenza da cibo, videogiochi, social o si auto-segregano in casa. E talvolta abbandonano anche un altro dato: più di uno su due dice di non sentirsi ascoltato/compreso dai genitori che solo nel 31% dei casi si accorgono dei problemi dei figli.
Tutto questo è oggetto della campagna lanciata dall’Impresa sociale Con i Bambini che si concluderà a novembre a Roma (nonsonoemergenza.it) e si basa su una indagine realizzata da Openpolis. Ed è partendo dai dati che Marco Rossi-Doria, esperto di politiche educative e sociali e presidente di Con I Bambini, invita a prendere le distanze dalla retorica di una gioventù bruciata: «Viviamo una gravissima crisi demografica. I più giovani la percepiscono: ci sono pochi coetanei con cui stare, sono “circondati” da adulti. Chiudono le scuole nei borghi dove un bambino ha il suo coetaneo a chilometri di distanza, nei centri urbani c’è isolamento. Questa è la base della grande crisi». Su cui si innestano «un eccesso di protezione da parte degli adulti, molte ansie e tante aspettative che i minori vivono». I grandi, poi, fanno un errore «a parlare male dei giovani» mentre invece tarpano loro ali. In sostanza, «è urgente cambiare il paradigma, l’atteggiamento con cui ci rivolgiamo alle nuove generazioni. Noi – aggiunge severo Rossi-Doria – che consegniamo loro un Paese peggiore di come lo abbiamo ricevuto dai nostri genitori dobbiamo chiedere scusa e metterci in ascolto». I dati peraltro dicono che cresce la presenza dei più giovani nel volontariato (6,4% nel 2022 contro il 3,9 del 2021), tra i 15 e i 24 anni quasi due su tre sono impegnati, si interessano ai temi del cambiamento climatico più della media della popolazione (53%), prendono parte a attività ecologiste, per i diritti civili e per la pace molto più del resto della popolazione. E sei su dieci hanno un giudizio positivo sulle proprie prospettive future. Il presidente di Con I Bambini invita dunque a non ridurre a una caricatura la condizione giovanile: «Già prima della pandemia ragazze e ragazzi per esempio avevano segnalato l’urgenza di salvare il Pianeta scendendo nelle piazze ogni venerdì. La nostra campagna – conclude Rossi-Doria – non nasconde i segnali negativi ma sottolinea quelli positivi su cui fare leva nella ripresa del dialogo».
Strategia
Per favorire la ripresa del dialogo bisogna insistere sui segnali positivi come l’impegno e la fiducia
Posizione condivisa da Elena Marta, professoressa ordinaria di Psicologia sociale di comunità alla Cattolica di Milano: «Ci sono ragazze e ragazzi con difficoltà psicologiche e situazioni di disagio ma è sbagliato drammatizzare un dato, medicalizzare, patologizzare. Non vanno oscurate le potenzialità e le competenze che ognuno ha, anche chi è in difficoltà. Se leggo solo il disagio, la fiducia che metto in questa generazione diventerà limitata. Se vedo solo il disagio e restituisco loro quello che vedo, è ovvio che si abbassi l’autostima. Riconoscere bisogni e potenzialità di queste generazioni vuol dire far sentire gli/le adolescenti soggetti di uno sguardo di fiducia che li aiuterà a sentirsi accolti».
I minori chiedono agli adulti di fare le cose insieme e se si sentono inadeguati «è perché abbiamo posto loro standard così iper-prestativi da essere irraggiungibili. Se non prendo 30 e lode, non so 2 lingue, non faccio sport, non sono nessuno. Non abbiamo insegnato che i limiti sono un valore». Dall’ultimo report del Consiglio nazionale dei Giovani emerge che 3 giovani su 4 avvertono l’esigenza di un supporto psicologico. Ma anche Antonella Delle Fave, ordinaria di Psicologia generale alla Statale di Milano e referente per l’Health Behaviour in School-aged Children, studio multicentrico internazionale condotto ogni 4 anni in oltre 40 Paesi in Europa e Nord America con l’Oms (www.epicentro.iss.it/hbsc) invita a tenere ben distinti «i piani dei disturbi (ansia, depressione) diagnosticati come malattia dalle problematiche di “scarsa salute mentale positiva”. Dai nostri studi emerge che c’è un piccolo gruppo, 6% dei maschi e 10 delle femmine, che non sta benissimo ma la maggioranza sta bene e una quota, quella che tendiamo a non vedere, è in stato ottimale. Qui si innesta il ruolo dello psicologo che può aiutare chi fatica a trovare i propri orizzonti senza per questo essere patologicamente ansioso o depresso».