Corriere della Sera, 5 novembre 2024
Sánchez, la fuga dalla piazza Il coraggio e l’empatia di Felipe La Spagna ritrova il suo re
È il day after della vergogna per lo Stato spagnolo. Social e giornali ieri erano pieni di video del premier socialista Pedro Sánchez costretto a battere in ritirata con disonore dalle zone alluvionate. Evacuato in tutta fretta su un Suv non blindato, dopo essere stato colpito di striscio alla schiena da un bastone, il premier ha cercato di minimizzare parlando di «atti di violenza marginali». I filmati dell’auto accerchiata, colpita con pietre, calci sulle fiancate e palle di fango, però, sono un danno d’immagine peggiore delle inchieste giudiziarie contro sua moglie Begoña Gómez, sospettata di corruzione.
Un tribunale sta indagando per aggressione all’autorità e sarebbero già stati identificati alcuni responsabili dell’assalto al corteo del premier, che ha accusato elementi dell’estrema destra. Una sorta di rivendicazione è arrivata via social da un rappresentante dell’associazione Revuelta, vicina al partito Vox di Santiago Abascal. «Siamo qui, gli abbiamo distrutto l’auto ma lo abbiamo potuto colpire solo con una mazza alle spalle», ha scritto su WhatsApp Adrian Campos. I video, però, mostrano un’intera piazza, a Paiporta, che urla «Assassini».
Ne esce meglio re Felipe VI che ieri, dopo aver annunciato che farà un’altra visita nella «zona cero» e un breve incontro con i vertici militari, ha presieduto, per la prima volta, la riunione del Comitato di crisi, la settima da quando è esplosa l’emergenza martedì sera. Oltre a Sánchez, erano presenti i tre vicepremier e sette ministri. Al sovrano, che domenica si era fermato con la regina a placare gli animi della folla inferocita di Paiporta, sono arrivati i ringraziamenti di Alberto Núñez Feijóo. Il leader del Partito popolare all’opposizione, per la prima volta dall’inizio della crisi ha fatto appello all’unità della politica, indicando Felipe come modello: «Anche noi dobbiamo mostrarci all’altezza della situazione, come ha fatto lui». Quindi, ha invitato Sánchez a proclamare lo stato di emergenza nazionale, come fece ai tempi della pandemia, e a varare un Piano Valencia per la ricostruzione.
Il premier aggredito
Identificati gli autori dell’aggressione, la rivendicazione del gruppo estremista
Il suo collega di partito e governatore della Comunitat Valenciana, Carlos Mazón, non ha raccolto l’appello all’unità. Ieri ha cercato di scaricare la responsabilità della perdita di tante vite sul governo, accusando la Confederazione idrografica di aver disattivato per ben tre volte l’allerta ai cellulari della popolazione, e pure sull’Unità militare di emergenza. Accuse rispedite al mittente sia dalla ministra della Difesa Margarita Robles sia dal capo generale dell’Ume: «Posso avere 1.000 soldati alla porta, ma non posso entrare senza autorizzazione», ha detto Francisco Marcos, sottolineando che le truppe sono arrivate «in pochi minuti», non appena la Generalitat ha dato loro il via libera. D’altra parte, Mazón aveva negato su X che ci fosse un allarme idrologico e il pericolo di straripamento 50 minuti dopo che il suo stesso governo aveva pubblicato l’avviso sui social.
I partiti della sinistra radicale, Podemos e Compromis, hanno chiesto le dimissioni di Mazón. E il suo stesso Partito popolare ha preso le distanze, chiedendo la proclamazione dell’emergenza nazionale che lo esautorerebbe da ogni decisione. L’estrema destra di Vox, invece, chiede le dimissioni di Sánchez. Il deputato Jacobo González-Robatto Perote ha addirittura approvato il lancio di bastoni contro il premier: «Chi l’ha buttato via, non si preoccupi, domani gliene porterò uno nuovo», ha scritto su X. Sull’account di Vox, girano anche diversi filmati girati dall’associazione Revuelta, la stessa che ha rivendicato l’aggressione al corteo del premier.
Un sondaggio del quotidiano El Español rivela che il 76% degli spagnoli approvano che il re abbia visitato Paiporta nonostante il parere contrario della Casa Reale e del governo mentre il 64% disapprova la fuga di Sánchez. Restano in mente le parole della (ex fredda) regina Letizia che con il volto stravolto dall’empatia piange fra le braccia di una alluvionata e poi sbotta: «Come non potrebbero essere cabreados», parola davvero poco reale ma che dà il senso di un Paese deluso dallo Stato. Come si fa a non essere inc...?