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 2024  novembre 05 Martedì calendario

Piogge torrenziali a Barcellona

Valencia Questa volta l’alert sui cellulari è arrivato in largo anticipo: «Previste piogge torrenziali, state lontani dai corsi d’acqua». Di buon mattino l’avviso che Dana si stava spostando più a nord di Valencia, nella provincia di Barcellona. Ben altra storia rispetto a una settimana fa quando in alcune zone l’allarme è stato dato alle 20.30, quando la gente aveva già le case allagate.
Paura e polemiche hanno messo in guardia la Generalitat della Catalogna e questa volta, fortunatamente, non si contano vittime. Ma la frustata di Dana è stata violentissima, mandando in tilt la rete dei trasporti. In quattro ore su Barcellona ci sono state le precipitazioni di tre mesi. Cancellati settanta voli e altri 18 dirottati, con lo scalo di El Prat parzialmente allagato. Bloccata l’alta velocità tra Barcellona e Madrid e l’autostrada AP7. Centinaia gli interventi dei bomberos (i vigili del fuoco) per salvare persone rimaste bloccate in auto o nei garage.
Il parcheggio
Più o meno nelle stesse ore a Valencia veniva invece ridimensionato l’allarme nel centro commerciale Bonaire di Aldaia. Se per due giorni si è parlato di «un cimitero con un numero di morti incalcolabili», ieri è stato il sindaco della città, Guillermo Luján, a fare marcia indietro: «Nei veicoli controllati non ci sono vittime». «Abbiamo ispezionato 50 auto – dice al Corriere il portavoce dei bomberos – e non ci sono morti. Manca una parte ancora da controllare, ma non dovrebbe essere l’ecatombe che si temeva».
Quello che si è visto a Valencia sembra molto distante dagli standard della Protezione civile italiana. Si ha la sensazione che qui siano stati fatti errori prima, durante e dopo.
Sequenza di errori
Partendo dalla fine quello che sembra totalmente fuori controllo sono i numeri e chi è chiamato a comunicarli tra autorità regionali e centrali. Erano stati gli stessi soccorritori a fare stime su un numero impressionante di vittime nel parcheggio del centro commerciale. Ancor prima di aver verifiche attendibili, ma sulla base di ispezioni fatte con i droni. Altro grande equivoco sui dispersi. «Non possiamo dare un numero attendibile – ha detto ieri il ministro dell’Interno Fernando Grande Marlaska a Tve—, quindi meglio non fissare una cifra».
Peccato che da tre giorni si parli di 1.500-2.000 dispersi che, giustamente, ora il governo non si sente di confermare. È verosimile che quel numero corrisponda alle segnalazioni arrivate durante l’emergenza. Senza che nessuno si sia preoccupato man mano di aggiornarlo. Come ci insegnano tante catastrofi vissute in Italia: la corretta comunicazione è parte dell’emergenza. Per carità, il bilancio resta altissimo. Ieri, col ritrovamento di 5 cadaveri, è salito a 222 vittime. Crescerà ancora, ma è difficile che si arrivi alla cifra iperbolica dei presunti dispersi. L’Unità militare di emergenza dice di aver predisposto «un obitorio con una capacità di 400 morti».
«Uno tsunami»
E poi c’è, soprattutto, il prima dell’alluvione che potrebbe avere avuto conseguenze in termini di vite umane. La collera scoppiata contro re Felipe VI e Pedro Sánchez è dovuta soprattutto a questo. Ecco come la racconta al Corriere Chiara Basato, una 44enne, che da 10 anni vive a Paiporta. «Abbiamo ricevuto l’alert per pioggia intensa – racconta— il disastro però è dovuto non tanto alla pioggia, ma al fatto che nessuno ci ha avvertito che erano state aperte le paratie del torrente Poyo. E così, all’improvviso l’acqua ha allagato le case e ha distrutto tutto. È stato uno tsunami: siamo stati inondati dal basso, non dall’alto». E ancora: «Non hanno chiuso le scuole. Io sono andata a prendere mia figlia di 4 anni alle 17.30. Fortunatamente ho fatto in tempo a salire in casa, al quarto piano».
Scambio di accuse
Il Poyo è un torrente sempre asciutto e viene inondato in caso di piogge intense. Ma se non avvisi per tempo la popolazione le eventuali tracimazioni possono essere devastanti, come in questo caso. Ieri è andato in scena anche lo scambio di accuse tra il governatore della comunità valenciana Carlos Mazón e le autorità centrali, su chi doveva dare l’allarme e sui ritardi nei soccorsi. Questo mentre ci sono paesini ancora senza acqua e corrente elettrica e l’esercito è arrivato solo ieri: 8 mila uomini. «Ho soccorso un mio amico che ha la casa devastata a Massanassa – racconta Riccardo Lafuenti, altro italiano che vive a Valencia —, e la prima cosa che mi ha chiesto è stato: per favore porta candele e torce elettriche».
Risalendo il Poyo le carcasse di auto sono spiaccicate come zanzare contro i piloni dei cavalcavia. A Chiva il torrente tombato ha sventrato tutto e si è ripreso la strada e tutte le case che erano state costruite sopra. E mentre si continua a spalare scatta anche l’allarme sanitario per i liquami accumulati. In alcune zone è stata avviata la profilassi contro il tetano e l’ultimo alert avvisa la popolazione: «Attenzione all’acqua che bevete e al cibo che mangiate, potrebbero essere contaminati».