Il Messaggero, 4 novembre 2024
Badenoch, dall’Inghilterra una destra che non ti aspetti
Quante volte abbiamo annunciato la comparsa sulla scena politica di un nuovo e straordinario leader politico, destinato a chissà quale fulgida e fulminante carriera? Bene, dovremmo andarci tutti molto cauti. Con le democrazie del mondo divenute instabili e poco prevedibili, con gli elettori che sono ormai capaci di cambiare idea da un’elezione all’altra, sempre che non preferiscano starsene a casa senza votare, meglio non farsi prendere da entusiasmi eccessivi.D’altronde la cronaca, in alcuni casi già la storia, parla chiaramente. Di capi di partito e di uomini e donne di governo apparsi e spariti nello spazio di pochi anni, dopo che erano stati additati come esempi virtuosi da seguire o come innovatori radicali, troppi ne abbiamo conosciuti.Qualcuno ricorderà, ad esempio, Sebastian Kurz: cancelliere austriaco per due mandati tra il 2017 e il 2021, dopo essere stato ministro degli esteri a soli 27 anni. Giovane, volitivo, brillante, sicuro di sé, fautore convinto dell’alleanza tra centristi e destra populista. Era l’astro più luminoso del popolarismo continentale, destinato a chissà quali traguardi anche in Europa. Travolto da uno scandalo, venne accusato di favoreggiamento alla corruzione, ha lasciato la politica e ora fa il manager nella Silicon Valley.E che dire della finlandese Sanna Marin, capo di governo del suo Paese a soli 34 anni nonché leader del partito socialdemocratico.Per alcuni anni è stata l’icona del progressismo globale: giovane, bella, determinata, cresciuta in una famiglia omogenitoriale, ecologista, fautrice dei diritti civili e dello Stato sociale integrale, quello “dalla culla alla tomba”, incurante dei formalismi legati al suo ruolo istituzionale. Ovunque, a partire dall’Italia, ci si ispirava a lei come simbolo di una sinistra post-ideologica ma ancorata a valori solidi, pragmatica sul piano del governo ma capace di resistere alle lusinghe del potere, in grado di interpretare al meglio e con spregiudicatezza lo spirito dei tempi. Dopo le elezioni perse nel 2023 ha lasciato anche lei la politica e tutti gli incarichi che aveva: oggi si occupa di consulenze, pubbliche relazioni e organizzazione di grandi eventi.Ma anche in Italia abbiamo conosciuto le discese ardite senza risalite di politici che sembravano essere stati baciati dalla stella senza tramonto del successo. Brevi stagioni, anche se intense. Come quelle di Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Ma le loro storie politiche sono notorie. Inutile ripeterle.Anche se c’è una differenza sostanziale tra l’Italia e il resto del mondo: dalle nostre parti un politico, anche se sconfitto o in declino, non molla mai. Non torna alla vita privata, ma resta abbarbicato al suo scranno parlamentare in attesa degli eventi futuri. Più che una vocazione o un mestiere, in Italia la politica è, per chi la pratica, un’ossessione senza alternative.Tutto ciò premesso, giusto per mettere le mani avanti, dobbiamo riconoscere che l’elezione a capo dei conservatori inglesi di Kemi Badenoch, 44 anni, nome di battesimo Olukemi Olufunto Adegoke, nata casualmente a Londra ma cresciuta in Nigeria sino a sedici anni e dunque, come lei stessa dice, immigrata di primissima generazione, è una notizia al tempo stesso corroborante, spiazzante e divertente. A (political) star is born?I suoi estimatori tra cui anche un eminente storico e intellettuale come Niall Ferguson ne parlano già, in effetti, come di una nuova e potenziale Margaret Thachter, ma per l’appunto andiamoci piano. Magari scopriremo che è stata scelta solo perché dopo le pesanti sconfitte subite i conservatori non sapevano più a quale santo votarsi. Non solo, ma nell’era virtual-digitale il potere logora soprattutto quelli che lo detengono, specie se lo hanno appena conseguito e non sanno come funziona. Già due altre donne hanno guidato i Tory e il governo inglese in anni recenti, Theresa May e Liz Truss, ma hanno lasciato dietro di loro un ricordo che sfuma nell’oblio.Resta il fatto che la Gran Bretagna con questa scelta si conferma davvero un grande Paese, non a caso ancora oggi, nell’immaginario collettivo, la più gloriosa democrazia del mondo. Era straniero d’origine anche il precedente leader del partito conservatore, per quasi un biennio anche inquilino a Downing Street: Rishi Sunak, nato nell’inglesissima Southampton ma figlio di genitori indù emigrati dall’Africa orientale. Oggi, è la volta di una donna di colore, eletta trionfalmente dagli iscritti alla guida del partito che fu di Winston Churchill. Non parliamo ovviamente di una sconosciuta, visto che aveva ricoperto incarichi di governo già con Boris Johnson primo ministro, ma il salto politico è indubbiamente notevole.Olukemi Olufunto Adegoke, chiamarla col suo nome d’origine fa ancora più effetto, colpisce soprattutto per le sue idee e posizioni, che viste dall’Italia suonano come una smentita appunto divertente di qualunque mainstream ideologico o pregiudizio da intellettuale politicamente corretto. Ha sostenuto la Brexit. Considera che il colonialismo britannico abbia fatto anche cose buone (la storia è ahimé complicata e quasi sempre a tinte grigie, vallo a spiegare ad Antonio Scurati). Rifiuta la cultura woke dilagante nel mondo accademico britannico e sempre più diffusa, alla stregua di un credo semi-religioso intollerante e settario, nella cultura pubblica dei Paesi occidentali. Addita come suo mentore e ispiratore il filosofo conservatore Roger Scruton, quello che in Italia i suoi colleghi liquidano sprezzantemente, senza averlo letto, come un mezzo fascistoide.Ma non basta. È’ una femminista contraria alla cultura gender. Da africana d’origine, critica il vittimismo razziale e la politica delle quote obbligatorie riservate alle minoranze etniche perché non creano giustizia ma ghetti culturali. Osteggia il neo-puritanesimo dilagante nelle nostre società: quel pedagogismo neo-maoista tale per cui un’avance giudicata impropria all’altro sesso (già, ma quale sesso?) ti può costare un processo o, se ti va bene, la pubblica riprovazione dei benpensanti. Spiazzante, non c’è che dire, a meno che non si voglia sostenere come certamente qualcuno presto o tardi farà che Kemi Badenoch sia vittima di quella che gli psicanalisti, accademici o da talk show spesso non c’è una grande differenza, potrebbero considerare una patologica dipendenza psico-affettiva dal proprio storico carnefice bianco.Ma davvero sublime è la motivazione da lei addotta sul perché da ragazza sia diventata una conservatrice ortodossa. Negli anni dell’università le è capitato di incontrare, parole sue, «degli stupidi ragazzi bianchi di sinistra». Un percorso che lascia ben sperare per l’Italia: tra qualche anno potremmo avere fior di politici d’origine straniera che avranno scelto anche loro di buttarsi a destra, come un tempo Totò, dopo aver visto i loro coetanei chiedere l’annientamento di Israele travestiti da militanti di Hezbollah, insozzare le opere d’arte con l’idea di salvare il pianeta o togliere la parola a quelli che la pensano diversamente da loro in nome della democrazia e della costituzione.Con le sue scelte politico-culturali all’apparenza eccentriche, Kemi Badenoch semplicemente nega da destra quel che si ritiene essere un punto non negoziabile della destra eterna e odierna: che le origini, culturali o naturali, di una persona ne segnino il destino in modo irrevocabile. Tipo che sei un patriota, padano o italico a seconda delle circostanze, solo se sei nato e cresciuto a Bergamo da nonni e genitori bergamaschi. Ma questo accade a chi pensa, in modo conformistico, che la destra col bollino d’origine sia il generale Vannacci. La nuova leader dei conservatori, col suo pedrigree sulla carta impeccabilmente progressista, dimostra che queste posizioni ne sono soltanto la caricatura ad uso della sinistra. E questo non è divertente, bensì altamente istruttivo. In primis proprio per la destra italiana.Diventerà la Badenoch una statista capace di fare la storia? Vedremo, senza troppo entusiasmarci. Per il momento, accontentiamoci di come sta già sconvolgendo, con la sua sola ascesa alla guida dei conservatori britannici, la cronaca e il conformismo politico-culturale nel quale siamo quotidianamente immersi.