la Repubblica, 4 novembre 2024
Il revival dei giochi da tavolo
Scegliere con cura tra le scatole impilate una sull’altra, dispiegare il tabellone consumato dalle troppe partite, posizionare minuziosamente, un pezzo per volta, pedine, gettoni, dadi. È forse questa ritualità profana a rendere intramontabili i giochi da tavolo, highlander di un intrattenimento domestico fagocitato dai videogiochi. Il confronto è impari, ma il mercato globale dei board game è di tutto rispetto: circa 14 miliardi di dollari. E nel 2032 potrebbe superare i 30. Se da un lato i classici come Cluedo e Scarabeo continuano a collezionare record di vendite, a trainare questa avanzata sono i concept più innovativi e quelli che ibridano digitale e tradizione.
Anche se di fatto rientrano nella categoria dei giocattoli, i bambini hanno poco a che vedere con il loro successo. I veri patiti sono piuttosto i «kidult», adulti nostalgici e non troppo cresciuti, riportandoli alla ribalta dopo l’esplosione degli anni ‘90. Non a caso quasi il 40 per cento degli acquisti ricade sugli strategici come Risiko, seguiti dagli sci-fi e dal fantasy, con il gioco di ruolo Dungeons & Dragons ai primi posti. «C’è bisogno di aggregazione e distacco dalla quotidianità, per questo il fantasy riscuote molto successo – nota Maurizio Cutrino, direttore generale di Assogiocattoli –. Si cercano tanto anche le illustrazioni e il vintage. Ma l’offerta è molto vitale».
Difficile dare numeri precisi, perché il mercato italiano è frazionato e composto da protagonisti di dimensioni diverse: dai colossi come la francese Asmodee e la casa editrice statunitense Hasbro, alla storica DvGiochi o la milanese Cranio Creations. Quel che è certo è che la crescita è costante – dai due ai cinque punti percentuali l’anno – e il settore vale oggi all’incirca 150 milioni di euro, il 10 per cento di tutta la categoria giocattoli, secondo dati Circana.
Trovare un’idea originale, però, diventa sempre più complicato e non è nemmeno una garanzia di successo. Sempre più indipendenti e piccoli editori entrano nel mercato sfruttando piattaforme di crowdfunding come Kickstarter, dove i giochi da tavolo sono i progetti più finanziati: due miliardi e mezzo di dollari totali. L’effetto è una moltiplicazione di titoli che dimezza itempi di permanenza sugli scaffali. Notizia positiva per gli acquirenti, che ogni anno si trovano davanti a migliaia di giochi inediti tra cui scegliere, un po’ meno per gli autori. «Quando ho iniziato negli anni ‘80, anche un gioco mediocre poteva arrivare a 50mila copie, perché ne uscivano un centinaio l’anno. Oggi l’offerta è esplosa e per fare quei numeri bisogna sfornare un successo. La stragrande maggioranza ne vende da due a cinquemila».Leo Colovini, veneziano, 60 anni, gestisce la società Studiogiochi e è uno di quei pochi autori italiani che vivono solo di questo.Ma oggi «il contratto medio che si riesce a strappare a un editore è del 6-7 per cento sul fatturato. Così se un gioco viene venduto al pubblico a 40 euro, l’editore solitamente ne guadagna 12, l’autore 72 centesimi». E piuttosto che investire su prodotti nuovi, sempre pi ù spesso si preferisce andare sul sicuro, facendo indossare ai bestseller le vesti della serie tv o del film del momento. «Nel mercato del gioco oltre il 30 per cento è composto da prodotti a licenza, Disney soprattutto», riferisce il direttore di Assogiocattoli. E così di Monopoly, che l’anno prossimo compie 90 anni, esistono centinaia di versioni diverse, da quella dei Simpson a Star Wars.
Ma è anche il progresso tecnologico a dettare la linea. È vero che i videogiochi non costituiscono dei diretti rivali, perché «come per il cinema e il libro, gli investimenti e i pubblici sono diversi», sostiene Colovini. Eppure i giochi da tavolo sono ormai degli ibridi, che da anni ricorrono a app o siti web per rendere l’esperienza più ricca e immersiva.
«L’aspetto tattile è ancora centrale, ma il digitale può dare un aggiunta al mondo fisico», dice Davide Garofalo, ceo di Xplored, società di Rapallo, e ideatore di Teburu, un nuovo sistema di gaming. Il prodotto è una console simile a un tabellone, in grado di tenere traccia dei vari componenti del gioco, dai dadi alle miniature, e collegata a un’app.«Non sarà più necessario che un giocatore legga un manuale lungo decine di pagine e poi spieghi le regole agli altri, perché si verrà guidati passo passo – illustra Garofalo – E per i giochi complessi sarà l’app a tenere traccia di punteggi, bonus e malus. Tutto diventa più accessibile». Una rivoluzione più vicina di quanto si pensi. Non solo la società possiede già dei titoli propri, ma, grazie a un accordo con Hasbro, presto anche alcuni grandi classici, da Monopoly a Cluedo, saranno accompagnati da schede interattive, voci narranti e grafiche accattivanti.