Corriere della Sera, 4 novembre 2024
Nuove Forze armate, intervista al generale Portolano
«La mia responsabilità principale è che le forze armate siano pronte alla difesa che, come ci ricorda l’esperienza ucraina, implica la capacità di sostenere, in caso di necessità, uno sforzo militare prolungato nel tempo». Invece oggi «disponiamo di una struttura organica e di mezzi che, pur essendo adeguati per affrontare crisi locali, necessita di un potenziamento significativo per poter far fronte a scenari complessi e multipli». È l’analisi del generale di Corpo d’Armata Luciano Portolano, nuovo capo di Stato maggiore della Difesa, nella Giornata dell’Unità nazionale e delle forze armate (cerimonia questa mattina in piazza San Marco, a Venezia) che sulla missione Unifil in Libano aggiunge: «Le regole di ingaggio vanno adeguate».
Generale, quali sono le priorità oggi?
«La difesa e la deterrenza, prima di tutto quella dello Stato, e la salvaguardia degli spazi euro-atlantici. Devono tornare al centro della strategia nazionale in un panorama globale sempre più incerto, instabile e competitivo. Bisogna confrontarsi con le sfide e le opportunità dell’innovazione tecnologica: la digitalizzazione e la riduzione dell’asimmetria tecnologica fra le varie componenti della Difesa, per disporre di uno strumento militare interforze credibile, bilanciato e pronto a operare nel multi-dominio».
L’Italia ha sufficienti organici, mezzi e tecnologie?
«No, ma nessuno ce la fa da solo. Per questo esistono le alleanze e le coalizioni. La nostra posizione geostrategica richiede che l’Italia non solo mantenga, ma che anzi migliori il livello di preparazione e reattività. L’adeguamento agli standard di contribuzione della Nato non è immediato: è realistico pensare che l’Italia abbia bisogno di anni per raggiungere gli obiettivi, considerando anche le attuali congiunture economiche».
Serve la leva obbligatoria?
«Non la ritengo oggi una soluzione percorribile. Viviamo tempi difficili in cui sono necessari professionisti seri e preparati. Indossare l’uniforme è una scelta di vita che comporta l’accettazione di regole ben precise, di rischi e di sacrifici derivanti dal dovere professionale che spesso si sovrappone a quello familiare: non tutti sono disposti a operare per lunghi periodi di tempo lontani dagli affetti più cari, in territori di crisi, in condizioni di estremo disagio, o in complessi contesti internazionali. Abbiamo bisogno di nuove professionalità capaci di governare l’innovazione, l’introduzione e la gestione di sistemi ed equipaggiamenti basati su tecnologie emergenti e dirompenti: esperti di cyber sicurezza, intelligenza artificiale e tecnologie quantistiche».
Ci sono partner europei che addestrano i cittadini. È d’accordo?
«In Italia si potrebbero implementare programmi educativi nelle scuole e realizzare campagne di formazione e sensibilizzazione accessibili a tutti. Iniziative, in linea con i principi democratici e costituzionali, per rafforzare il senso di responsabilità collettiva verso la difesa del Paese, per fornire competenze utili per la vita quotidiana e affrontare situazioni di crisi».
Cambierà il nostro ruolo sui fronti di conflitto mondiali?
«In quello russo-ucraino siamo chiaramente dalla parte dell’Ucraina, cui riconosciamo il diritto alla difesa e all’integrità territoriale. Il nostro obiettivo è contribuire a una risoluzione pacifica del conflitto. Guardiamo inoltre alla ricostruzione del Paese. Lo sviluppo delle attività militari italiane nell’area dell’indo-pacifico è invece motivato dalla grande rilevanza strategica di questa regione, in cui passa l’80% del commercio mondiale».
E il futuro della missione Unifil? È cessato l’allarme?
«Nel sud del Libano siamo presenti con altri Paesi con oltre mille soldati (più i militari di Mibil): una forza imparziale nei confronti delle parti. Fu voluta dalla comunità internazionale e accettata da Libano e Israele, ma il quadro giuridico-legale sulle regole d’ingaggio non è mai stato adeguato alle reali esigenze sul terreno. Oggi più che mai».
Qual è il suo messaggio per il 4 Novembre?
«Tutti noi, almeno oggi, dovremmo prenderci un momento per riflettere sull’importanza della sicurezza e della pace. È fondamentale che la politica promuova un dialogo costruttivo sulle questioni militari, superando le divisioni di parte: investire in una Difesa pronta ed efficace si traduce nel garantire stabilità e sicurezza, assicurare le condizioni per la pace, il benessere e la prosperità del nostro Paese e dei nostri alleati. E ai giovani chiedo di comprendere il ruolo cruciale delle forze armate nella tutela dei valori democratici e della libertà: la loro voce e il loro coinvolgimento possono fare la differenza».