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 2024  novembre 03 Domenica calendario

Il gas russo passa ancora dall’Ucraina


Nei piani doveva essere anche una guerra alle esportazioni energetiche russe. Ma i rubinetti che da Mosca portano il gas in Europa non sono mai stati definitivamente chiusi. È un’altra delle ambiguità nel conflitto matrioska che vede fronteggiarsi Russia e Ucraina, con ripercussioni e influenze internazionali. Il principale gasdotto che dalla regione russa di Kursk raggiunge Paesi come Ungheria, Austria, Slovacchia, continua a pompare diventando l’arma in più per dividere l’Europa. Anche ieri, come ogni giorno da mesi, la società russa Gazprom ha dichiarato che in una giornata avrebbe inviato 42,4 milioni di metri cubi di gas verso l’Unione europea attraverso l’Ucraina. Il gasdotto, infatti, non è mai stato sigillato. Pur se ridotte, quasi metà delle esportazioni russe di gas naturale verso l’Europa passa ancora attraverso l’Ucraina. L’altra metà raggiunge il Vecchio Continente attraverso il “Turkstream”, inabissato nel Mar Nero. La rotta terrestre passa da Sudzha, nella regione di Kursk, dove gli ucraini sono penetrati in agosto, e attraversa tutto il Paese fino agli acquirenti europei.
Per la prima volta dal 1999 il bilancio 2023 di Gazprom ha registrato una perdita di 6,4 miliardi di euro (629 miliardi di rubli). Le quotazioni del gas, inoltre, si sono dimezzate rispetto al primo anno di conflitto. Le vendite a causa della guerra in Ucraina sono dimezzate e il mercato cinese non ha compensato il crollo. Pechino ha importato un decimo di quanto vendeva prima la Russia all’Unione Europea.
L’operatore ucraino di trasporto del gas naturale liquido (Gnl) ha dichiarato che il transito destinato a Paesi Ue è aumentato del 10,5% nel periodo gennaio-luglio 2024. Il corridoio ucraino permette la distribuzione in direzione della Slovacchia, dove poi il gasdotto si biforca verso la Repubblica Ceca e l’Austria. I principali compratori sono Ungheria, Slovacchia e Austria. I primi due Paesi hanno governi apertamente schierati a sostegno di Putin e contro il supporto europeo a Kiev.
Nel dicembre 2019 i due Paesi oggi in guerra avevano firmato un accordo quinquennale a lungo termine per il passaggio del gas russo attraverso l’Ucraina. L’intesa scade al termine di quest’anno e Kiev ha dichiarato di non avere intenzione di prorogarla né di negoziare un nuovo contratto. Fino ad ora la conduttura è rimasta attiva perché, nonostante le dichiarazioni pubbliche, i governi europei non sono riusciti ad emanciparsi del tutto dalle forniture russe. L’Ue continua a cercare fornitori sostitutivi, tra cui l’Azerbaigian, ma a meno di due mesi dalla fine dell’anno e dalla scadenza dei contratti non ci sono ancora alternative definitive a Mosca. Bruxelles ha in corso colloqui con la parte russa per tenere aperte le valvole perpetuando l’attuale flusso.
Nel settembre del 2022, dopo i primi sei mesi di guerra, il gestore ucraino Naftogaz ha avviato un procedimento legale contro Gazprom: chiede il pagamento del transito attraverso l’Ucraina. L’Ungheria del premier Orban guarda avanti e continua a rompere la compattezza europea. Budapest e Gazprom stanno negoziando un accordo per ulteriori forniture a partire dal 2025. Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto lo ha confermato martedì all’agenzia di stampa russa “Ria”, spiegando di essere piuttosto avanti nella trattativa: «Abbiamo già firmato un accordo aggiuntivo per l’ultimo trimestre di quest’anno, che copre volumi aggiuntivi ad un prezzo competitivo. Stiamo attualmente negoziando un accordo per il prossimo».
Il nuovo contratto consente a Budapest di aumentare il volume del gasdotto Turk-Stream attraverso il Mar Nero. Annunciando l’intesa il ministro degli esteri di Budapest ha anche ribadito che l’Ungheria è intenzionata a porre il veto quando l’Unione europea dovrà votare un nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca. Non bastasse, il gruppo energetico ungherese “Mol” ha raggiunto un accordo per la fornitura di petrolio russo attraverso Bielorussia e Ucraina. Circa due terzi delle importazioni di gas in Ungheria provengono dalla Russia, mentre la Slovacchia ne riceve circa 3 miliardi di metri cubi.
Intanto la Russia ha cominciato a progettare sottomarini a propulsione nucleare per l’esportazione di gas dall’Artico all’Asia, volendo così dimezzare i tempi di percorrenza lungo la rotta del Mare del Nord. Mosca usa già navi rompighiaccio a propulsione nucleare per spianare il trasporto. Le coste dell’Artico, da Murmansk a ovest fino allo stretto di Bering a est, sono viste dal Cremlino come un’alternativa più rapida, ma la flotta moscovita non dispone di un sufficiente numero di rompighiaccio. Mikhail Kovalchuk, stretto collaboratore del presidente Vladimir Putin e direttore dell’Istituto Kurchatov per la ricerca nucleare, ha presentato il progetto del sottomarino in occasione di una conferenza di settore tenutasi a San Pietroburgo nei giorni scorsi. I sommergibili saranno lunghi 360 metri e non supereranno la lunghezza di una nave gasiera convenzionale. Perché la guerra degli idrocarburi sarà lunga e le economie europee non sanno ancora come affrontare le sfide energetiche emancipandosi dai “nemici”.