La Stampa, 3 novembre 2024
Richard Ford e l’ombra di Trump
Nell’ultima opera di Richard Ford, Be Mine, in Italia Per sempre, pubblicata da Feltrinelli, a un certo punto Frank Bascombe – protagonista di altri quattro romanzi che sono, questi sì, un’elegia americana – vede in televisione Donald Trump: il mento in fuori, le braccia sui fianchi. Gli ricorda Mussolini. Il romanziere statunitense nato a Jackson, Mississipi, ha vissuto tra New York – dove ha insegnato alla Columbia University – il Maine, New Orleans. Ora è a Missoula, in Montana. Ma per parlare dell’America di oggi, non si poteva che partire da quella scena del romanzo. È riferita al 2016, ma poteva essere oggi.
Crede sia una posa intenzionale, quella dell’uomo autoritario? Del dittatore?
«No, penso sia una coincidenza divertente che metta le braccia e sporga il mento come faceva Mussolini. E che se qualcuno glielo dicesse, non sarebbe d’accordo sulla somiglianza, perché non accetta alcuna tipizzazione se non la sua».
Ma vorrebbe, come ha detto una volta, i poteri di un dittatore?
«È una domanda astuta. Penso che Trump voglia correre per la presidenza, vincere la presidenza, ma che non abbia poi tanta voglia di essere presidente. Perché quando lo sei un sacco di persone ti criticano, ti sfidano, è un lavoro duro. E lui è un uomo anziano che non ha il pieno controllo dei suoi sensi. Vuole essere un dittatore? In realtà, vuole dire di aspirare ad esserlo. Ma il problema è un altro».
Quale?
«Ci sono un sacco di persone, fuori dalla telecamera, che vogliono che sia un dittatore, vogliono assaporare e usare il potere che consoliderà attorno a sé in caso vada in carcere. Quindi sì, da una parte c’è lui, un uomo terribile, dall’altra ci sono tutti questi uomini e queste donne più giovani e ancora più terribili che lo usano per i loro interessi».
Teme che nel caso Trump perdesse, si potrebbe ripetere qualcosa di simile all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021? Perché l’impressione, seguendo questa campagna elettorale, è che nessuno se ne occupi davvero. Quel giorno è accaduta una cosa inedita in una democrazia sana, il tentativo di sovvertire il voto con la violenza, ma è come non fosse mai successo.
«È la natura della società americana. Mi ricordo quando l’uragano Katrina colpì New Orleans. Pensavo avrebbe cambiato la nazione per sempre, ma dopo nove mesi non ne parlava più nessuno. È l’essenza di questo enorme continente in cui viviamo, estremamente eterodosso. È la fascinazione narcisistica degli americani per la loro vita e il loro benessere. Le cose non rimangono a lungo nella testa delle persone».
Come mai?
«Non studiamo la storia. A poco a poco la stiamo escludendo dai programmi scolastici. Gli americani si fissano la punta dei piedi, non amano guardarsi indietro. E questa probabilmente sarà l’origine della rovina degli Stati Uniti. Il 6 gennaio può accadere di nuovo? Penso di sì. Saremmo più preparati a difendere Capitol Hill? Certo. Ma ci sono anarchici, nichilisti, persone violente che non credono in nulla e che potrebbero provarci ancora».
Il filo rosso di Per sempre è la ricerca della felicità, che poi è il filo rosso di moltissimi classici dal Rosso e il nero di Stendhal in poi. L’America è ancora un posto che può rendere felici, o c’è sempre qualcosa di incombente che minaccia questa felicità?
«Entrambe le cose. In Be mine quando Frank entra in un luogo pubblico ha sempre la sensazione che qualcuno potrebbe sparargli addosso. Vive con un costante livello di ansia che è quello di tantissimi americani. Ma la felicità è qualcosa che ti costruisci da solo. Un Paese come l’America ti renderà felice metà del tempo, e infelice l’altra metà, ma dipende da te, dipende da ciascuno di noi. Gli Stati Uniti sono solo l’ambientazione dentro la quale devi costruirti la tua felicità».
Qual è la posta in gioco di questo voto ?
«Sono in gioco il controllo dei corpi delle donne, la possibilità di far avanzare gli interessi delle minoranze, politiche umane sull’immigrazione, che permettano alle persone che vogliono costruirsi una vita degna di poterlo fare. È in gioco la nomina di adulatori in luoghi di responsabilità. Il futuro della Corte suprema. Moltissime cose sono in gioco. Ma lo è il Paese stesso? Non credo».
Il messaggio di Trump ha convinto moltissimi americani, nonostante le derive violente di questi giorni. Che corde tocca?
«Trump non ha un messaggio, non ha un’ideologia che non sia l’infatuazione narcisistica per se stesso. Ma gli interessi che ha organizzato e cui ha dato forma fanno parte da sempre del carattere americano. Nichilisti che non sanno niente, fanatici religiosi, politici cinici che cercano un guadagno personale: c’è un’intera classe di persone che fa soldi su tutte le altre. E questo è sempre successo in America. L’altro giorno ho letto su un manifesto: la Costituzione non è in vendita. Ma la Costituzione è sempre stata in vendita in America! Semplicemente, non c’era questa figura strana, clownesca, che capita una volta in una generazione come Trump, in grado di catturare sostanzialmente l’attenzione della gente nel modo in cui la cattura un bizzarro reality show. Il nichilismo, l’ignoranza, il narcisismo che sono sempre stati parte del carattere americano sono ora organizzati, gli è stato dato un portavoce. Trump è solo un portavoce, entra ed esce da se stesso, è un uomo pericoloso, certo, ma è anche una creatura insignificante».
Ha detto che proteggerà le donne che loro lo vogliano o meno. Ha mimato un atto sessuale con un microfono. Pensa che il voto delle donne possa fare la differenza?
«Non penso che niente di quel dice o fa in questi ultimi giorni possa fare la differenza. Le elezioni sono andate. Non so chi vincerà, ma non saranno queste ultime ore a cambiare le cose. Quando dice “proteggerò le donne che lo vogliano o no”, non sa neanche quel che sta dicendo. La scorsa settimana ho scritto un articolo sul Guardian in cui sostanzialmente dicevo che Trump è il personaggio americano per eccellenza: sembra strano, idiopatico, ma non lo è. È un personaggio di cui gli americani leggono e che vedono per tutta la vita. Un imbonitore, un imbroglione, è il vestito nuovo dell’imperatore: lo conosciamo benissimo».
Il suo Bascombe è un americano medio, agente immobiliare, middle class, ma sembra immune al trumpismo. Cosa lo protegge?
«Io lo proteggo! Ho cose più importanti da fargli fare. Può prendere in giro Trump, ma non sarà uno di quei liberali tremanti che si torcono le mani e nascondono la testa nella sabbia e non riescono a guardare dritto in faccia il pericolo. È un personaggio inventato e la cosa più importante che voglio che faccia, è trovare un modo per dire a suo figlio che lo ama. Penso sia quello che fanno davvero la maggior parte degli americani. I media ti faranno credere che l’America è terribile. Io penso che l’America sia preoccupata, ma non terrorizzata. E forse mi terrorizza non esserlo».
C’è ancora, come nel 2016, l’impressione che i democratici possano disprezzare gli elettori di Trump? Inimicandosi così una larga parte della popolazione? Biden ha fatto un’uscita infelice sulla spazzatura, Hillary Clinton aveva fatto un errore molto simile.
«Generalizzare è sempre sbagliato. Vivo in Montana, il più repubblicano degli Stati repubblicani. Incontro ogni giorno persone gentili che voteranno per Donald Trump. Questo è un semplice dato di fatto. Non puoi, come aveva fatto Hillary Clinton, dichiarare tutte queste persone deplorevoli. Alcune lo sono, altre no. E chi fa politica dovrebbe saperlo bene».
Tempo fa Amitav Gosh ha detto alla Stampa che non bisogna guardare alle elezioni americane come un appuntamento importante per il mondo, e che piuttosto bisogna guardare a quel che accade in India, in Cina. L’Occidente vive un tramonto che non vuole vedere?
«Certo. È il declino di uno stile di vita cui ne seguirà un altro. Nell’Europa occidentale ci sono tutte queste persone che vengono dall’Africa, attraversano il Mediterraneo per vivere in Italia, in Grecia, in Turchia, ovunque possano vivere. E questo cambierà gli stili di vita in un modo che non dev’essere per forza un declino. Le persone che negli Stati Uniti sono contro l’immigrazione lo sono perché pensano che cambierà le cose. Bè, certo, cambierà le cose. Potrebbe non cambiarle in peggio però. Potrebbe cambiarle in meglio. Quindi quando si parla del tramonto dell’Occidente, si tratta del tramonto di una versione dell’Occidente. È la versione bianca, anglosassone, cattolica dell’Occidente. Quella che verrà non è affatto detto sia peggiore».
L’ossessione per il denaro sta deteriorando il sogno americano? E questa è una delle ragioni per cui persone come Elon Musk possono diventare così potenti e avere un’influenza così grande sulle elezioni?
«Regalare un milione di dollari al giorno per portare le persone a votare repubblicano è una trovata sbalorditiva, ma non porterà a nulla. Musk si sta solo divertendo con Trump. Avrebbe potuto facilmente decidere di divertirsi con Kamala Harris. Non crede in nessuna delle cose che sta facendo. Ha più soldi di quanti ne potrebbe spendere se iniziasse a spendere un milione di dollari al giorno per il resto della sua vita. Quindi è solo una perdita di tempo inutile, ecco cos’è. Pericoloso. Abbastanza pericoloso, ma inutile. Penso che il sogno americano sia stato corrotto dall’ossessione dei soldi e dalla disuguaglianza finanziaria? Sì. Perché per sopravvivere qui devi pensare ai soldi tutto il tempo. Darli via, farli girare, guadagnarli. Ho molti amici che sono i miei compagni di tiro e sono molto ricchi. E queste persone così ricche, pensano senza sosta, tutto il tempo, ai soldi. Hanno più soldi di quanti gliene serviranno mai, ma non fanno che pensarci e parlarne. Le loro vite sono interamente dedicate a guadagnare denaro. Ma dovrebbe chiedermi se io mi preoccupo del denaro».
La risposta?
«Per niente. Io scrivo romanzi».