Robinson, 3 novembre 2024
Parla Juan Díaz Canales: ecco il suo Corto Maltese
«Quando ero bambino mi accorsi che non avevo la linea della fortuna sulla mano e allora presi il rasoio di mio padre e zac... Me ne feci una come volevo». Lo dice Corto Maltese alla giovane e bella Pandora in una delle vignette della sua prima storia: Una ballata del mare salato, del 1967.Vuole far colpo su una ragazza che le piace e, siccome Corto è un po’ il suo autore Hugo Pratt (che amava la finzione anche nella vita), chissà se poi quel ricordo è “accaduto” davvero. La nuova, bellissima avventura di Corto Maltese, la quinta scritta da Juan Díaz Canales e disegnata da Rubén Pellejero, si intitola La linea della vita e non si sa se Corto ha ritoccato anche quella.Ma nel trovare altre tracce nel destino di questo personaggio bisogna dare atto ai due grandi fumettisti spagnoli di aver realizzato il massimo: mantenere la coerenza con il mondo di Corto e di averlo fatto in una storia attuale, che parla del nostro terribile presente. La frase simbolo del libro è questa: «Non c’è più nulla di disumano della guerra. Ma ora che ci siamo dentro, abbiamo il sacro dovere di sopravvivere». La rivolge Corto a Yann, giovanissimo reporter che, dopo essere stato da lui salvato, gli si presenta (ed è divertentissimo) come un fan che sa tutto di lui, che conosce le sue mille facce di avventuriero. Ma gli bastano poche pagine per capire che l’avventura può essere dannosa alla salute, soprattutto se è affollata di persone che non hanno rispetto alcuno per la dignità umana. Prima ancora Corto aveva detto: «Bisogna avere molta fede per vedere Dio in mezzo a questa carneficina». Già, perché (a proposito di legami con la nostra realtà) in queste pagine c’è tanta fede religiosa trasformata in guerra. E un Rasputin dentro una tunica da prete che duetta meravigliosamente con Corto.Raggiungo Canales in collegamento video nel suo studio di Madrid. A lui, che è autore di tanti mondi fantastici (come Blacksad e Fraternity), non posso non chiedere qualcosa sulla sua straordinaria sintonia con il mondo di Pratt.
La tua visione del mondo coincide con la sua o l’empatia che hai creato è il frutto di un lungo lavoro?
«Tutte le volte che scrivo un fumetto, un romanzo, una storia di finzione, combino quello che sono e quello che penso con quello che mi piacerebbe essere. Ci sono pensieri che condivido con Hugo Pratt e con il personaggio di Corto Maltese. Però il pensiero e l’opera di Pratt sono tanto complessi e contraddittori che al suo interno si può leggere un’affermazione e il suo contrario. La sua magia è proprio quella di mantenere una coerenza nonostante le contraddizioni. Per questo mi è molto difficile affermare di averlo rispettato al cento per cento».
Anche Corto Maltese è un personaggio di cui non ci si può fidare totalmente.
«La complessità del mondo che presenta Corto Maltese è vera, credibile. Nei film e nei fumetti americani la visione è molto manichea, con personaggi squadrati, definiti e irreali. Ti puoi fidare dei personaggi del mondo di Corto Maltese perché mostrano persone imperfette che possono avere momenti di grandezza e di fragilità».
Secondo te, Corto Maltese ha paura di morire?
«Anche qui è contraddittorio. Alcune volte dà l’impressione di non avere paura di morire e altre volte sì. La questione è quasi filosofica: stiamo parlando di un eroe o di un essere umano? Le domande che si fa Corto Maltese sono le stesse che si faceva Hugo Pratt? Credo che siano due domande molto importanti per capire il personaggio».
Come funziona il rapporto con Patrizia Zanotti, che detiene i diritti di Corto Maltese?
«È molto simile a quello che ho con Rubén: una collaborazione in cui è bello scambiarsi idee. Certo, Patrizia è la persona che deve dare la luce verde a qualsiasi iniziativa che abbia a che fare con Corto. Rubén ed io siamo aperti alle sue osservazioniche in effetti sono sempre poche e giuste. D’altra parte chi conosce Corto meglio di lei? Per me lei è la guardiana del fuoco sacro».
Il fan di Corto Maltese perde la sua passione per l’avventura dopo essere stato traumatizzato dalla violenza sconvolgente della guerra.
«Se c’è una cosa che mi ha impressionato alla prima lettura di Hugo Pratt è il suono che lui ha dato agli spari dei fucili: non bang, ma crack. Voleva dire che non si tratta di uno spettacolo, di un divertimento, ma di un suono sordo in seguito al quale una persona viene uccisa. Crack, perché Hugo Pratt sapeva assai bene che cos’è la guerra. Nel nostro libro si parla di guerre civili, che sono le guerre peggiori di tutti, fratelli contro fratelli, non ci sono buoni, non ci sono cattivi, ma solo gente che soffre».
C’è un’altra faccia della medaglia che Hugo Pratt metteva sempre in risalto: la guerra e le situazioni estreme mostrano l’aspetto più profondo delle persone.
«Sì e questo è tanto più vero in un mondo come il nostro che sta perdendo il contatto con la realtà.Pensiamo che tutto possa essere risolto attraverso una macchina. E perdiamo di vista le forze primarie che muovono il mondo. La guerra dimostra come in un mondo in veloce trasformazione la natura umana non sia cambiata».
I tuoi dialoghi sono veloci, essenziali e fulminanti. Vengono di getto o li ceselli con cura?
«Più i dialoghi sembrano diretti, efficaci e semplici più sono il frutto di continue revisioni. Quello che ti viene di getto è la situazione, la voglia di creare un dialogo in una data scena, per esempio l’idea di una conversazione di Corto con un Rasputin che si è convertito. Costruirlo è tutta un’altra faccenda anche perché un dialogo del genere deve contenere ironia e allo stesso tempo deve far andare avanti la storia. Senza parlare del bisogno di coerenza con la psicologia dei personaggi in scena».
Corto Maltese sembra sempre amato da tutti. Sei d’accordo?
«Credo che sia soprattutto una questione di carisma. Quando Corto Maltese entra in scena la illumina e tutti gli occhi sono su di lui: per il suo aspetto, la sua maniera di parlare, la sua eleganza».
Racconti di un’umanità imbrogliona che non crede in nulla ma spesso inventa dogmi in cui credere ciecamente.
«Sono felice di avere Corto Maltese protagonista delle mie storie. Lui sa come portare alla luce la grande menzogna che muove le società e le religioni: quella per cui nel nome di Dio o del tuo Paese puoi uccidere la gente. Corto Maltese è come il bambino della fiaba dei vestiti nuovi dell’imperatore, capace di dimostrare che certi poteri affermano una cosa credendo nel suo contrario. Quando la realtà è tanto disumana è bello che un’opera di finzione denunci la violenza e l’ingiustizia, che si ponga dalla parte dei più deboli. Questo può far bene all’anima».