3 novembre 2024
Parla Landini, i perché dello sciopero generale
In piazza contro un governo che «spacca il Paese, legalizza l’evasione, taglia investimenti e spesa sociale per investire in armi». Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, conferma le ragioni dello sciopero generale di otto ore proclamato, insieme alla Uil, per venerdì 29 novembre.
Segretario, siamo alla riapertura del concordato fiscale. La convince?
«Ne pensavo male già prima. Ma ora si può dire senza remore: questo governo legalizza l’evasione fiscale.Anziché fare una seria riforma e prendere i soldi dove ci sono, ovvero rendite e profitti, per investire in scuola e sanità pubblica, fa condoni e marchette elettorali. Divide il Paese con l’autonomia differenziata. E mette sotto attacco l’indipendenza della magistratura».
Dicono di volere usare i soldi incassati dagli autonomi per abbassare le tasse ai dipendenti.
«Una mistificazione. L’unica tassa che aumenta è proprio l’Irpef: 17 miliardi in più quest’anno e il 90% da dipendenti e pensionati. Se a parità di reddito un autonomo paga il 15% di flat tax e un dipendente il 43% e i profitti sono tassati al 24%, non c’è riequilibrio che tenga».
Per Salvini siete “ridicoli estremisti di sinistra”. Non li cita, ma intende Cgil e Uil.
«Il vicepresidente del Consiglio diceva di voler cancellare la legge Fornero. Invece alza l’età pensionabile a 70 anni. Chi è ridicolo? Ha preso in giro il Paese. Il 29 novembre, in piazza a scioperare, ci saranno tanti che hanno creduto alle sue bugie».
Anche il leader Cisl Luigi Sbarra dice che lei non fa sindacato, ma “collateralismo” all’opposizione.Le piace la politica?
«Se per politica si intende difendere i diritti e i bisogni delle persone, sì mi piace la politica del sindacato. In gioco c’è la libertà di esistere per tutte le persone che per vivere vogliono lavorare con dignità e giustizia, in sicurezza. E senza guerre. Anche per questo ci mobilitiamo. A differenza di altri, non abbiamo mai cambiato idea».
Eppure siamo al quarto sciopero generale di seguito contro la manovra. Una sconfitta della mediazione?
«Tutt’altro. Lo sciopero generale contro il governo Draghi portò a passare dall’una tantum al taglio del cuneo. Se oggi abbiamo il taglio, lo dobbiamo a quello sciopero di Cgil e Uil. Fa sorridere poi che per il terzo anno il governo Meloni ci rivenda la stessa misura. A gennaio i salari non aumentano. E se salgono è solo per l’azione del sindacato che rinnova i contratti».
La premier Meloni giudica “ideologico” il vostro sciopero.Martedì la incontrate.
«Avere una sanità pubblica che funzioni non è mai una richiesta ideologica. Mai successo poi che un premier ci convocasse dopo leaudizioni parlamentari sulla manovra che ci saranno domani. La premier non vuole mediazioni o trattative. Ha in testa solo il comando. Anzi, vedo il rischio di una corporativizzazione dell’azione sindacale e di accordi separati con i sindacati più disponibili. È il momento di una legge sulla rappresentanza che riconosca anche il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di votare sui contratti nazionali che li riguardano».
Ci sono spazi per revocare lo sciopero del 29?
«Chiederemo alla premier di ripristinare i 4,6 miliardi tagliati al settore dell’automotive che è dentro una crisi epocale. Di ridurre la spesa per armi. Di aumentare la spesa sanitaria e per la scuola pubblica. Di avviare una seria riforma fiscale,tassando rendite e profitti. Di fare una riforma delle pensioni giusta e per i giovani. Di alzare le risorse per il contratto di lavoro dei dipendenti pubblici: non basta un 6% in più contro 17 punti persi per l’inflazione. Chiederemo anche di cambiare il collegato lavoro che liberalizza la precarietà. Di investire seriamente sulla sicurezza e cancellare la logica del subappalto a cascata. Di ripristinare il fondo affitti dei Comuni. Di abrogare la legge sull’autonomia. Senza risposte, sarà sciopero».
Perché non vi accontentate del taglio delle tasse? Diventa strutturale. Lo chiedevate voi.
«Se mi hai regalato un paio di scarpe tre anni fa e ora dici che me le lasci, non mi stai dando un paio nuovo. E nel frattempo si sono pure consumate, per via dell’inflazione.Chi prendono in giro? Dai nostri conteggi poi, non si garantisce lo stesso taglio di prima fino a 35 mila euro: vigileremo. Piuttosto, visto che quest’anno entreranno 17 miliardi in più dall’Irpef chiediamo che tornino a chi li ha versati: soprattutto dipendenti e pensionati. Altrimenti il taglio al cuneo ce lo saremo pagati noi con il drenaggio fiscale, le maggiori tasse su un lordo più alto».
Industria in crisi nera. Cosa teme di più?
«La mancanza di una strategia e di una politica industriale e sociale. Il governo ha promesso all’Europa sette anni di tagli alla spesa e agli investimenti e procede per condoni.Questo ci preoccupa molto. Non sappiamo neanche quanti soldi del Pnrr sono stati spesi. L’idea di lasciar fare al mercato non sta più in piedi. Ciò che manca è un progetto per uno sviluppo sostenibile».
Cos’è andato storto nel settore auto?
«Paghiamo ritardi e scelte sbagliate.A partire da chi per anni ha sostenuto che l’elettrico non era il futuro. E che era meglio investire su alto di gamma e lusso. Palazzo Chigi convochi i vertici di Stellantis, i sindacati e le imprese della componentistica per chiedere i piani di investimento. Dopodiché, tagliare 4,6 miliardi a un settore importante con 300 mila dipendenti per finanziare la difesa è un grande errore».
Potrebbe succedere come in Germania, con Volkswagen che chiude le fabbriche?
«In Italia si produrranno quest’anno poco più di 300 mila auto contro 1,5 milioni di capacità potenziale. Tutti gli stabilimenti sono sottoutilizzati e in cassa integrazione. Quanto possono andare avanti? Serve un’agenzia per lo sviluppo nazionale, altro che allungare i tempi della transizione ecologica, come vogliono governo e Confindustria. Procrastinare non è una strategia. E non serve a nulla. I lavoratori rischiano di pagare il doppio».