Corriere della Sera, 2 novembre 2024
In Ucraina l’unica strada è il negoziato
A che punto siamo in Ucraina? Dimenticarsene nuoce alla nostra sicurezza. I soldati nordcoreani in campo fanno riflettere. La Russia sta lentamente volgendo lo stallo a suo vantaggio: controlla il 20 per cento del territorio ucraino, si consolida in gran parte del Donbass, accerchia le truppe ucraine penetrate nel Kursk. Sul piano militare, c’è poco che l’Occidente possa fare, senza spingersi al confronto diretto tra Nato e Mosca. Mentre autorizzare Kiev a colpire in profondità, sarebbe a rischio di escalation, senza essere risolutivo. E poi – quando Putin pare avere tempo e risorse – c’e la stanchezza dell’Occidente: continuare ad oltranza è proibitivo per i nostri arsenali, oneroso per i nostri bilanci, troppo rischioso per le opinioni pubbliche. È vero per l’Europa, come per gli Stati Uniti. Mentre Mosca rafforza l’asse con Kim e gli ayatollah. Tutto questo rende urgente un negoziato per un esito del conflitto. Ma come attivarlo? L’obiettivo è ormai chiaro: un cessate il fuoco di fatto sulle posizioni attuali. In sostanza, uno scambio «territori, contro tregua». Zelensky chiede l’invito ad entrare nella Nato: troppo per gli alleati, che temono di dover applicare le norme sulla difesa collettiva al primo colpo di cannone russo. L’alternativa è un sistema di garanzie di sicurezza bilaterali a Kiev. Ma senza la prospettiva di un approdo atlantico potrebbero non bastare. Con Putin, ci sono poche leve. Il tema è sempre quello di fargli pagare un prezzo alto per la guerra; l’arma, quella delle sanzioni contro l’export russo. Ma perché dovrebbe negoziare proprio adesso che è in vantaggio? Chiaro che il ruolo americano resta fondamentale. A corto di ricette miracolose, sia Harris che Trump useranno carota e bastone. Neppure a Donald conviene storcere troppo il braccio a Zelensky: otterrebbe un esito favorevole a Putin, un’Europa insicura e instabile. Altro che concentrarsi sull’Indo-pacifico. In vista c’è una fase di contrapposizione. Il nodo ritorna quello della deterrenza. Richiede che l’Europa si faccia carico della propria difesa in cambio della garanzia securitaria americana. Postula che l’Occidente compatto ingaggi la Cina, per dimostrare che abbracciare troppo Putin non conviene. Specie se guarda a Pyongyang. La posta insomma non è solo l’Ucraina.