Corriere della Sera, 2 novembre 2024
In morte di Massimiliano Galletti
Un colpo di Rpg (un lancia granate portatile anti carro) e due date: quella del ricovero in ospedale del volontario italiano morto sul fronte ucraino e quella in cui alla famiglia è stato comunicato il decesso. Sono gli unici frammenti certi di una storia che ha molte ombre e verità da accertare. Resta il fatto che la salma di Massimiliano Galletti, 59 anni di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) è in un obitorio a Kiev. E che ritornerà in Italia non più da vivo. La famiglia si sta battendo per poterlo seppellire, non sa però quando potrà farlo. Con Galletti c’era un amico sardo, che sarebbe rimasto illeso nell’attacco.
Il volontario della protezione civile della sua città era in Ucraina da diversi mesi. Non per combattere ma come esperto nella ricerca di persone attraverso l’utilizzo dei cani molecolari. «Il suo ruolo era di soccorritore paramedico nelle retrovie – afferma la moglie Donatella —. Supportava le unità cinofile nella ricerca di persone ferite o decedute. Non era un combattente. Non ha mai preso in mano un fucile».
Donatella e l’unica figlia, Aurora, avevano ascoltato la sua voce l’ultima volta a fine settembre. Finché il 3 ottobre è stato comunicato loro che il volontario era ricoverato in ospedale a Kiev dopo essere rimasto ferito nella regione di Kharkiv. Da quel momento le comunicazioni con l’Ucraina sono cessate. Preoccupata, Donatella ha ingaggiato un avvocato. Il 26 ottobre la famiglia ha presentato formale denuncia alla questura di San Benedetto per la scomparsa. Il 28 ottobre, attraverso l’ambasciata italiana a Kiev, la questura ha comunicato il decesso di Massimiliano.
La moglie Donatella e la figlia Aurora sono sotto choc. Ma orgogliose del loro familiare. «Un coraggioso, un altruista». La morte su un campo di battaglia, per quanto valorosa, non attenua però la loro voglia di conoscere la verità. Cosa è successo, come è morto Massimiliano, perché dal 3 ottobre, nonostante le numerose richieste, non hanno ricevuto nessuna notizia del loro caro. Nemmeno la data della morte. «Ho chiamato mio marito il 3 ottobre. Ma il telefono squillava».
Al telefono l’avvocato della famiglia, Carla Tiboni, che ha seguito tutte le fasi, afferma che l’ambasciata italiana si è mossa con celerità ed efficienza; e che sta facendo di tutto per accelerare le pratiche burocratiche del rientro della salma. Ma a parte questo, altro non si sa. «Solo il ministero della Difesa ucraina può fornire chiarimenti sulla dinamica dell’incidente – afferma Tiboni —. Per ora registriamo solo il silenzio. Il ministero non ha specificato nemmeno se intende o meno fare un’autopsia». Donatella, in ansia, aspetta il nulla osta per il rimpatrio del marito. E dice: «Voglio la verità».
Massimiliano Galletti era un messo comunale, in aspettativa dal novembre dello scorso anno. Sarebbe dovuto ritornare a lavorare nel comune di San Benedetto a metà mese. Era un atleta, grande appassionato di escursioni in montagna e di corse. Con il suo cane Byron aveva effettuato numerose operazioni di soccorso, anche nelle zone terremotate. Sempre con Byron era già stato in Polonia, in aiuto dei profughi ucraini, e (una prima volta) a Kiev come ausiliario dei vigili del fuoco: prestava soccorso dopo i bombardamenti. La figlia Aurora, studentessa universitaria, ha ricordato il padre con un post: «Ciao Papi sei sempre stato il mio punto di riferimento. In questo momento che non ci sei, più che mai ho bisogno di te. So che sei volato via da eroe, l’eroe che sei sempre stato per me».