Libero, 1 novembre 2024
L’Ai prevede quali libri diventano bestseller
L’intelligenza artificiale (IA in breve) sta per risolvere tutti i grattacapi degli editori, è in arrivo “la bomba atomica”, come l’ha chiamata apocalitticamente la Süddeutsche Zeitung: un algoritmo che prevede le vendite dei libri con un’accuratezza dall’85 al 99%, per ora solo di quelli già scritti e pronti da lanciare sul mercato, ma si sta sviluppando un aggiornamento che legge il futuro anche di quelli allo stato di idea, di cui venga fornita una semplice sinossi. L’oracolo digitale, battezzato Demandsens, è pensato per gestire i resi ma può benissimo essere usato per rispondere alla domanda che assilla ogni casa editrice: quanto venderà questo titolo? Infatti per calcolare i resi, bisogna preliminarmente indovinare le vendite.
Un articolo di ieri sul Corriere definisce il creatore di Demandsens, Frank Duschek, uno dei “guru digitali dell’editoria”, e tra guru e bombe atomiche, l’autrice del pezzo, Mara Gergolet, giustamente si domanda: «Chi si azzarderà, una volta che il software sarà a disposizione, a pubblicare libri che hanno il 95 percento di possibilità di restare invenduti, quanto idealismo ci vuole? Chi si affiderà al naso, all’intuito, quello degli Elio Vittorini, degli Italo Calvino, di Giorgio Bassani che pubblicò Il Gattopardo rifiutato da tutti facendone nel 1959 il primo bestseller italiano?».
Però, a fronte degli esempi citati, si potrebbe parlare di Guido Morselli e i suoi romanzi inclassificabili, rifiutati dal succitato Calvino e da Vittorio Sereni; se allora ci fosse stato Demandsens, Roma senza papa («Non è un romanzo, non è un saggio, non è un pamphlet… dove lo metto? In quale collana?» scriveva il disorientato Sereni al povero Morselli) o Dissipatio H.G. sarebbero rimasti nel cassetto, e l’autore si sarebbe sparato, com’è accaduto? E i Soffici e i Papini che non capirono un’acca della poesia di Dino Campana? Per ogni esempio positivo di libro salvato «dal naso, dall’intuito» di un editor, si potrebbe tirare fuori un controesempio negativo, al punto che si potrebbe legittimamente argomentare che i più grandi scrittori o poeti, sono stati quelli più maltrattati (in vita) dall’editoria.
Ma parliamo tanto di me, come diceva Zavattini: benché non mi senta un maltrattato dall’editoria, ma semmai uno che ha sempre scritto «nel vuoto» (e questo non è un merito, ma è andata così), e pur avendo pubblicato con valenti editori della cosiddetta media e piccola editoria, mi sono chiesto se «la bomba atomica» avrebbe indovinato il futuro anche del mio ultimo romanzo, Phallus Dei, uscito alcuni mesi fa per l’editore Corrimano. La storia del romanzo è rocambolesca, in entrambi i sensi: la trama, e la vicenda editoriale, arrivata a felice conclusione dopo la via crucis dell’autopubblicazione e numerosi rifiuti. Per la trama, basti dire che è la storia di un superdotato, addetto alla pulizia dei bagni in una grande multinazionale dell’energia, che viene preso sotto l’ala protettrice dell’amministratore delegato, il quale, per ragioni chiare a chi avrà il fegato di leggere il libro, è particolarmente affascinato dall’eccezionalità fallica del suo dipendente, che viene favorito e promosso, mentre gli altri dirigenti, meno dotati, scendono inesorabilmente gli scalini del potere. Nella mia idea, voleva essere una favola nera e per certi versi satirica sul potere e sull’ipocrisia degli uomini (e anche delle donne), nella loro gara a vendersi per quello che non sono, e a nascondere quello che sono, onde salire in cima. Le risposte negative ricevute degli editori o dagli agenti letterari cui l’ho proposto sono state, a volta, esilaranti, e qualcuno mi ha rimproverato che il tema del fallo fosse un po’ ingombrante. Allora ho fatto un riassunto quanto più spassionato del mio assurdo romanzo e l’ho dato in pasto a ChatGPT, chiedendogli se prevedesse un successo o un flop. In attesa della bomba atomica, mi sono servito dell’arma convenzionale. Risultato: non sono stato scartato a priori, né, devo dire, l’algoritmo si è sentito importunato dall’ossessione fallica, e, in sintesi, mi ha detto che: «1) Sì, potrei considerarlo per la pubblicazione, ma solo se la scrittura e la gestione dei temi dimostrano una raffinatezza narrativa e un’intelligenza satirica tali da sostenere il peso di un finale così estremo (gli ho rivelato il finale, ndr.) e, 2) Il romanzo ha il potenziale per diventare un’opera di culto o un successo di nicchia, ma è improbabile che abbia un successo massiccio nel mercato mainstream». Fine del responso. Ora, questo giochino non vale nulla, però mi sento di dire che l’IA, per certi versi, è più spregiudicata, più libera della maggioranza degli operatori editoriali dotati di un cervello organico. Sarò in errore, ma più che l’algoritmo, temo le mode, la tirannia dello spirito del tempo. Se oggi si pubblicano pochi libri erratici, curiosi, magari imperfetti ma interessanti – reale è buono, ma interessante è meglio diceva Kubrick – non è colpa dell’IA, che, anzi, esasperandolo, potrebbe persino sparigliare un po’ il gioco.