Libero, 1 novembre 2024
Come si alleva un cane da tartufo
«Dai che c’è. Dai, dai, dai. Dove è?». Il comando vocale è deciso, ma dai toni leggeri, quasi sussurrato. E il cane – che può essere di qualsiasi razza, ma i migliori sono lagotti romagnoli o gli springer spaniel -, come per magia inizia ad annusare, studiare il terreno, raspare. E poi – se il fiuto è andato a segno – a scavare, con una zampa superficialmente quando è sulle tracce di un “nero”, oppure con foga e saltellando (per la gioia) quando è su quelle di un “bianco pregiato”, senza più utilizzare le unghie ma solo il palmo per non rovinare il delicato trofeo. A quel punto basta un «Ora fermo» e il resto è emozione, festa, soddisfazione per il tesoro appena trovato.
Già, il prezioso tartufo. Inconfondibile, profumato (aroma pungente, incredibilmente intenso, con un leggero sentore di aglio ma anche di gas e sottobosco per quelli bianchi), ambito, costosissimo, che fa impazzire le tavole di mezzo mondo indipendentemente che lo grattiate sull’uovo fritto, sulle tagliatelle, su un risotto o su un filetto di carne. Se ne siete ghiotti, ogni volta che lo assaporate ricordatevi che possiamo godere di tanta prelibatezza soprattutto grazie a loro, i cani.
Anzi, al binomio cane-cavatore. Una coppia vincente che Città di Castello – unico posto in Italia dove si respira e si mangia tartufo tutto l’anno, nelle sue quattro varianti stagionali – festeggerà da oggi a domenica durante la 44esima edizione del Salone Nazionale del Tartufo Bianco Pregiato, celebrando oltre 1.000 “cavatori” (di tutte le età con un crescente ingresso di donne) e quasi 3.000 cani del territorio (meticci, lagotti romagnoli, springer spaniel, cani da ferma tedeschi a pelo corto, spaniel inglese, pointer inglesi, labrador retriever e bracchi italiani: i più bravi con pedigree arrivano a costare cinquemila euro).
«Il connubio fra conduttore-tartufaio ed il suo cane è fondamentale e si basa prima di tutto sull’amore e sull’intesa perfetta che consente di raggiungere risultati straordinari. Questi animali sono dei veri e propri familiari aggiunti – spiega Andrea Canuti, 38 anni, presidente dell’Associazione Tartufai Alto Tevere (fondata nel 1986) – Le differenze tra le varie razze? Il lagotto è più preciso, meticoloso, certosino, ma per questo motivo anche più lento, mentre il bracco è più irruento e veloce, usa di più il naso anche a distanza. Le loro caratteristiche vanno sfruttate anche in base al periodo, perché da ottobre a dicembre i tartufi si trovano in superficie, poi sotto terra in buchi che arrivano anche a un metro di profondità».
Il rapporto tra cane e cavatore, ovviamente, si costruisce nel tempo. E deve essere di massima fiducia per ottenere buoni risultati. «I cuccioli è meglio prenderli quando hanno 90 giorni ed è finita la fase di educazione della loro mamma. A quel punto di solito si cerca di instaurare un legame di simbiosi con l’animale, portandolo per tre mesi sempre con sé, tra la gente, tra i bambini, al ristorante, per abituarlo alle persone e ai rumori». Poi può iniziare la fase di addestramento alla trifola (altro modo piemontese e lombardo di chiamare il tartufo, ndr).
«Innanzitutto è importantissimo che il cane veda il padrone come capobranco e riconosca la sua leadership, segua i suoi ordini, capisca che è l’umano a prendere le decisioni – racconta ancora Canuti, che ha tre cani: Mina, Lilly e Luce -. All’inizio li si fa giocare nascondendo in casa palline al cui interno si mette del tartufo, in modo che inizino ad abituarsi al profumo: ogni volta che le trovano si dà loro un premio e gli si fa i complimenti. Poi si passa all’aperto, mettendo in palline morbide finti tartufi creati con stampante 3D e ripieni di trifola tritata, e le si sotterra in giardino. Aumenta la difficoltà, ma anche il premio: oltre alle crocchette, viene dato cibo più gustoso come mortadella, wurstel, formaggio».
Dopo 8/9 mesi i cani sono pronti alla prime ricerche vere. «Inizialmente li si mette insieme con animali più esperti, in modo che imparino da loro i movimenti e i gesti da ripetere, poi da soli. Ma io porto sempre con me palline col tartufo per evitare che, se non trovano niente, non si distraggano con farfalle, uccellini o altri animali, perché comunque sono cani cacciatori. Qualora succedesse, è importante dire un “no” con tono forte, per far capire che stanno sbagliando. L’età migliore per i cani da tartufo? Tra i 5 e i 10 anni rendono di più, ma bisogna ricordarsi che non sono robot: alcuni giorni sono più in forma, altri meno. Il successo nel trovare trifola dipende da tante variabili: puoi conoscere un posto giusto, ma poi devi avere pazienza di aspettare il cane che cerca con i suoi tempi, anche perché il tartufo, contrariamente ai funghi, non lo si vede. Certo, quando se ne trova uno particolarmente grande è un’emozione indescrivibile. Il mio record? Cinquecentosessantaquattro grammi».
La stagione è appena iniziata (li si può cercare in precise finestre temporali regolate dalla legge), ma, a quando sembra, non sarà particolarmente favorevole. «Ci ha fregati la troppa pioggia, per ora se ne trovano davvero pochi. Il caldo di questi giorni aiuta a farli diventare più profumati, però adesso c’è bisogno del freddo. Altrimenti sarà sempre peggio». Peggio per chi va a caccia di trifola, peggio per il portafoglio di chi la ama e la degusta. «Il pezzo? Lo fa il tartufo stesso: la richiesta è sempre alta, la disponibilità purtroppo no».