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 2024  novembre 01 Venerdì calendario

Economia fiacca in tutta la zona euro

Il Pil frena perché l’economia dell’area euro «è fiacca». Per questo la fiducia cala e il risparmio langue, senza stimolare investimenti più produttivi. Il circolo vizioso dello sviluppo che latita è stato al centro della Giornata del risparmio organizzata dall’Acri, nell’Auditorium di Confindustria all’Eur, presenti i massimi “addetti ai lavori”. In testa Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia.
Sono freschi i dati dell’Istat che hanno attestato la “crescita zero” italiana nel terzo trimestre. Vanno però inseriti in una cornice che, come ricordava l’altroieri anche il capo dello Stato, Sergio Mattarella, non ci vede più messi peggio degli altri, anzi: «Dalla fine del 2019 (quindi prima del Covid, ndr) il nostro Pil – ha ricordato Panetta – è cresciuto del 5,5%, a fronte del 4,1 della Francia e dello 0,2 della Germania». Oggi è l’intera economia globale, e quindi quella europea, a vivere una fase di debolezza: «Pesano i tassi d’interesse reali ancora elevati e il venir meno degli stimoli fiscali», anche l’Italia «ne sta risentendo», è l’analisi di Bankitalia. Anche la politica monetaria, però, deve fare la sua parte e, dopo tre riduzioni consecutive dei tassi Bce fino a raggiungere il 3,25%, per l’erede di Ignazio Visco (nonché membro del consiglio della Bce stessa) l’istituto di Francoforte deve procedere a «ulteriori riduzioni» dei saggi d’interesse, ma stando attenti: perché, «in assenza di una ripresa sostenuta, si correrebbe il rischio di spingere l’inflazione ben sotto l’obiettivo» del 2%, una situazione che poi si «faticherebbe a contrastare e che va evitata» cercando invece quella stabilità che è la premessa di un’economia sana per tutti gli operatori del mercato. Una spinta all’ipotesi se tagliare di mezzo punto o di uno 0,25% al direttivo Bce del 12 dicembre, nell’eterna partita con i “falchi” che non vogliono invece altri tagli.
Un’analisi, quella di Panetta (appena rientrato dalle riunioni del Fondo monetario a Washington), condivisa dal custode dei conti pubblici. Giancarlo Giorgetti ha sostenuto che la manovra da poco varata «realizza in pieno gli obiettivi», anche per la riduzione del debito pubblico che ci penalizza in Europa. E ha ricordato che lo spread rispetto al Bund tedesco «si è ridotto in modo significativo» e «i mercati e le agenzie di rating promuovono l’azione del governo». E nel pomeriggio, dopo essersi spostato ad Assisi per inaugurare la nuova sede della Lega, è stato ancora più esplicito: anche dopo i dati aggiornati dell’Istat «non cambia la strategia del governo» perché «noi abbiamo messo in conto anche lo scenario meno favorevole, abbiamo una previsione sugli interessi del debito che probabilmente è superiore se si riducono i tassi». Il vero problema, semmai, è quello «legato all’industria» e alla crisi del settore automotive in particolare, che inevitabilmente sta condizionando le economie europee e italiana.
E per non avvitarci in questo circolo vizioso la politica deve accelerare, ha affermato Panetta, per «realizzare gli investimenti e le riforme previsti dal Pnrr» e affrontare i «nodi irrisolti» di sempre, come la poca innovazione delle imprese o la pubblica amministrazione inefficiente. Un monito in tandem con quello della presidente della Bce, Christine Lagarde, che intanto su Le Monde avverte che «lo stallo dell’Europa è una realtà», occorre «rimboccarsi le maniche» e cogliere l’occasione per mettere in pratica il rapporto Draghi sulla competitività. E ancora Panetta ha avvertito il governo italiano che «ha una responsabilità importante per dare credibilità al progetto europeo».
Per fortuna in questo contesto le banche non sono più un problema. La crisi creditizia «è oramai un ricordo, il sistema italiano – è ancora Panetta a parlare – è oggi ben capitalizzato e redditizio». E, senza fare riferimenti alla possibile scalata di Unicredit a Commerzbank, il governatore ha aggiunto che «in prospettiva l’elevata dotazione patrimoniale e la prevedibile riduzione della redditività potranno spingere verso operazioni di concentrazione, anche su base transfrontaliera». E anche Giorgetti ha osservato che «una Unione europea dei mercati dei capitali non potrà mai essere davvero compiuta se le principali banche non potranno operare liberamente nel mercato europeo, con dimensioni ad esso adeguate». Per creare dei “giganti” capaci di competere su scala globale perché, dopo «aver giustamente attribuito alla stabilità» una grande «attenzione» in passato, è ora di preoccuparsi in Europa pure della competitività