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 2024  novembre 01 Venerdì calendario

Reportage dall’Arizona

Le strade di Kamala Harris e Donald Trump s’incrociano nel West, fra il deserto dell’Arizona, le lande del New Mexico e soprattutto i colori e le luci di Las Vegas. La campagna elettorale più anomala e corta di sempre ha una mappa elettorale raramente in passato così estesa a 5 giorni dal voto: i tre Stati dei Grandi Laghi, sino al Sud (Georgia e North Carolina) e i luoghi del West presentano sondaggi incerti e un pareggio statistico che obbliga i team rivali a spostamenti estenuanti per mobilitare il voto anticipato (61 milioni di americani sinora hanno espresso la propria preferenza) e spingere l’affluenza che alcune proiezioni fissano attorno ai 155 milioni, 3 in meno che nel 2020, ma 18 milioni più del 2016.Mentre Donald Trump – che ha chiuso la giornata in Arizona ospite di Tucker Carlson – parla al Lee’s Family Forum al palazzetto del ghiaccio di Henderson, città da 300 mila anime a due passi dai casinò di Las Vegas, la vicepresidente fa tappa in Arizona, poi vola a Reno e infine chiude con un grande evento, “When We Vote, We Win” (Quando votiamo, vinciamo) al Craig Amphitheater in una Sin City scintillante di luci.L’ex presidente ha ribadito il sostegno alla proposta per detassare le mance ai lavoratori del settore ospitalità, la miriade di camerieri, baristi e impiegati degli hotel che letteralmente campano con le mance degli avventori di show e casinò della Strip. Il gettito che generano a livello federale è notevole, attorno ai 40 miliardi di dollari prima della pandemia che qui a Las Vegas ha creato una voragine di posti di lavoro e il crollo del mercato immobiliare.Sul palco con la vicepresidente invece c’è la band messicana Manà e soprattutto arriva Jennifer Lopez, che consegna il suo endorsement e l’appello al voto al popolo democratico.Se Harris incassa l’appoggio dell’icona di Porto Rico, Trump patisce il ritiro di un endorsement, quello di Nicky Jam, rapper ispanico che un mese fa, sempre a Las Vegas, l’aveva elogiato dal palco benché Trump nemmeno sapesse chi era. L’aveva ringraziato riferendosi a Nicky con «she», lei, «Non è straordinaria!!». «Ritiro il mio appoggio, Porto Rico merita rispetto», il post con cui ha scaricato il tycoon. Effetto della sfilata di insulti razzisti e sessisti del Madison Square Garden.Il bersaglio del tour nel West è il voto degli ispanici nei due Stati che insieme mettono in palio 17 voti elettorali: in Arizona sono il 33% della popolazione, in Nevada il 30% senza contare coloro che vivono fra Henderson e Las Vegas da oltre dieci anni e sono senza documenti, illegali.Michael Kagan è professore alla Unlv e si rivolge proprio a questa undocumented population quando ricorda il “piano per la deportazione” di Trump. Il tycoon ha promesso e cavalcato il messaggio di voler cacciare dagli Stati Uniti chiunque sia qui senza averne diritto. I numeri che dà il tycoon parlano di 11 milioni di espulsioni. «Si è fatta poca attenzione – ci dice il professor Kagan – a questo tema, se non come slogan, ma è una minaccia epocale, bisogna risalire al 1950 per trovare un modello cui rifarsi per la cosiddetta deportazione». Trump non lo ha mai articolato, ma nelle famiglie – dal Nevada all’Arizona – è tema di preoccupazione. E di rivelazioni. Qualcuno ha scoperto proprio di recente che la madre o il padre sono entrati illegalmente dal Messico in cerca di fortuna. Come la madre di Paulina. Lei è nata in California ed è cresciuta nell’area di Phoenix, e ora teme che la mamma possa essere deportata da un momento all’altro, benché non abbia nessun precedente criminale, se Trump darà atto ai suoi propositi: «Siamo americani, parliamo inglese e spagnolo, nessun discorso mai a casa dello status di migranti».Ci sono – i dati sono del Pew Research Center – oltre 22 milioni di persone che vivono in famiglie in cui almeno un componente è negli Stati Uniti senza autorizzazione, il 5,5% sta in Arizona. Heide Castañeda, antropologa della Università della South Florida alla ABC, ha sottolineato come «per molti americani non è certo consuetudine ogni giorno pensare che qualcuno della tua famiglia possa essere preso e cacciato via».L’attivista Erika Andriola, 37enne dell’Arizona, ha visto la madre e il fratello arrestati dalla polizia di frontiera nel 2013; una campagna di mobilitazione ha avuto successo e lei e il fratello ora sono residenti legali, ma la madre 66enne dal 2017 si batte in tribunale perché le venga riconosciuto lo status. E nel frattempo il suo nome è nella fantomatica lista di Trump per l’espulsione.Il tema dell’immigrazione è la pietra miliare della piattaforma di Trump. Alle deportazioni si unisce la promessa, ormai del 2015, di costruire il muro lungo il confine con il Messico.Kari Lake, aspirante senatrice repubblicana per l’Arizona e una delle amazzoni del trumpismo, in un’intervista con La Stampa fuori da un seggio nella San Tan Valley, ha ribadito che «bisogna ultimare il muro, stroncare il traffico criminale ai confini».La sua ricetta, ci spiega, è quella di «invertire il flusso di denaro, basta finanziare l’Ucraina, i soldi servono per le esigenze degli americani e le necessità, casa, acqua pulita, sicurezza e il muro, della gente dell’Arizona». Posizioni che trovano pieno consenso fra i sostenitori di Trump, l’88% ad esempio è favorevole alla deportazione di massa, contro il 27% dei democratici. La deportazione rischia però di essere un clamoroso autogol. Kagan spiega che quel che serve invece è una riforma dell’immigrazione che fissi regole chiare e consenta ai migranti di poter continuare ad entrare negli Stati Uniti. Ci sono motivazioni economiche, gli Usa hanno bisogno di manodopera, e città come Las Vegas hanno battaglioni di lavoratori ispanici, regolari e no. Ma anche la necessità di non avere caos al confine, che l’Amministrazione Biden – aggiunge il professore – non è stata in alcuni momenti in grado di prevenire. E questo si riverbera anche sulle intenzioni di voto penalizzanti per i democratici.A livello nazionale infatti Trump – sondaggio della Ipsos per Reuters – ha il 38% del voto ispanico, sei punti più del 2020; Harris il 50%, ma meno del 54 che prese Biden. Ma a livello statale le cose sono diverse, poiché in Nevada i due sono pressocché appaiati al 47%, mentre Harris ha il 56% contro il 42% del rivale in Arizona. Ma anche qui lo scarto è inferiore a quello registrato nel 2020 a favore di Biden.Sono divari esigui e si spiega anche così il fatto che ieri sia spuntato a Las Vegas Al Sharpton, predicatore nero, che ha invitato gli afroamericani – il 9% della popolazione statale – a sostenere Kamala Harris. Che resta però saldamente avanti fra le donne. Pure a Las Vegas a sentirla e a mobilitarsi erano la stragrande maggioranza