Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 31 Giovedì calendario

Quarant’anni senza Eduardo

Subito dopo Pirandello, che ha solcato il diciannovesimo e ventesimo secolo, Eduardo De Filippo è stato il più grande autore teatrale del Novecento italiano (e oggi fra gli italiani più rappresentati al mondo). Tradotte e studiate in tutto il mondo, le sue opere hanno contribuito a creare, grazie a un umorismo raffinato non disgiunto dalla compassione, l’immaginario di un Paese capace di rinascere dalle rovine della Seconda guerra mondiale.
A quarant’anni esatti dalla sua scomparsa (31 ottobre 1984), si sente ancora forte la necessità di vegliare su quel lascito intellettuale, che si misura non solo attraverso la sterminata drammaturgia sfociata in decine di capolavori (tra cui Napoli Milionaria, Natale in Casa Cupiello, Il sindaco del Rione Sanità, Filumena Marturano, Sabato domenica e lunedì, Le voci di dentro), ma anche con certe esemplari azioni di intervento etico-politico, che gli sono costate denaro, fatica, delusioni. Una per tutte, la riapertura del Teatro San Ferdinando, che De Filippo aveva comprato, restaurato e restituito alla sua città, senza poter contare su nessun aiuto statale.
Per celebrare il quarantennale della scomparsa di Eduardo che coincide anche con i 70 anni dalla riapertura dello storico teatro voluta dal grande scrittore, attore e regista napoletano, il Teatro di Napoli-Teatro Nazionale diretto da Roberto Andò, assieme alla Fondazione Eduardo De Filippo, ha previsto per questa sera la proiezione di Questi fantasmi, film del 1954 – dall’omonima opera teatrale del 1946 – sceneggiato da Eduardo con Mario Soldati e Giuseppe Marotta e interpretato da Renato Rascel e Franca Valeri, nella copia appena restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia (nel 67 Renato Castellani firmò una seconda versione filmica di Questi fantasmi con Sophia Loren e Vittorio Gassman). In un altro teatro napoletano, Il Bellini, proseguono fino a domenica le repliche de La grande magia, una tra le più perturbanti opere di Eduardo fortemente segnata dall’incontro destinale con Luigi Pirandello (avvenuto nel 1933), alla cui trama metafisica, straniata, contribuisce la scelta del regista Gabriele Russo di affidare i due ruoli protagonisti a due attori non napoletani, Michele Di Mauro (Otto Marvuglia) e Natalino Balasso (Calogero Di Spelta): dopo Napoli, lo spettacolo andrà al Piccolo Teatro di Milano (dal 5 novembre). A Roma invece, proiezione speciale al Cinema Farnese del documentario Il nostro Eduardo, oggi alle 18,30.
Difficile oggi trovare una voce critica che contesti il valore storico delle opere eduardiane, che hanno segnato direttamente una generazione di drammaturghi e poeti come Annibale Ruccello ed Enzo Moscato, senza trascurare il valore universale della recitazione di Eduardo, il senso di quella sua infallibile “presenza” che sapeva fare del volto una mappa di sottili battaglie emotive e dei silenzi un modello da studiare in accademia. Considerato da Orson Welles il più grande attore di tutti i tempi, Eduardo De Filippo aveva esordito in palcoscenico a soli quattro anni: «Una sera mi trovai al centro di un gruppo d’attori, sul palcoscenico del Teatro Valle; indossavo un minuscolo kimono a fiori dai colori vivaci che avevo visto cucire da mia madre qualche giorno prima» ricordava lo stesso De Filippo. Così come Titina e Peppino, anche Eduardo era nato (nel 1900) dalla relazione che Luisa De Filippo ebbe con Eduardo Scarpetta, il più grande commediografo e attore dell’epoca (al quale Martone ha dedicato il film Qui rido io). Precocissimo sia nell’arte della recitazione che in quella drammaturgica, scrive quello che è considerato il suo capolavoro, Natale in casa Cupiello, a soli 31 anni. Composta nel 1945, Napoli milionaria diventa un film nel 1950 (presentato nel 51 al Festival di Cannes), consacrando definitivamente De Filippo come poeta insuperato della scena, l’autore per eccellenza che volge in commedia i drammi, le ferite, i paradossi, le spinte vitalistiche di un Paese massacrato dalla guerra e desideroso di ricostruzione.
Ben presto, De Filippo diventa anche fenomeno popolare grazie alle regie televisive delle sue opere (Rai Storia e Rai 5 dedicano a De Filippo l’intera programmazione di oggi, con opere teatrali, interviste e documentari a partire dalle ore 11). Ma non si allontanerà mai dal palcoscenico, vissuto prima accanto ai suoi fratelli Titina e Peppino con la Compagnia del Teatro Umoristico, e poi come capocomico di una famiglia teatrale allargata della quale hanno fatto parte molti grandi interpreti, tra cui Angela Pagano, Pupella Maggio, Regina Bianchi, Carlo e Aldo Giuffrè, Lina Sastri, il figlio Luca. Non solo autore, attore e regista, Eduardo è stato anche infaticabile pedagogo a Roma con la scuola di drammaturgia al Centro Teatro Ateneo (1981-1983).
Sensibile alle condizioni di vita degli ultimi e alle necessità dei giovani (nominato senatore a vita da Pertini nel 1981, si è battuto per i minori rinchiusi negli istituti di pena), ha fatto della sua stessa vita, tra successi e sconfitte, un manifesto poetico permanente: basti rileggere la lettera che scrisse all’allora ministro del Turismo e dello Spettacolo Umberto Tupini per capire quanto solitaria fosse stata alla fine la sua battaglia per la civiltà. In quella lettera, Eduardo denunciava «le condizioni di agonia nella quali versa il teatro», sostituito da «un teatro di tutto riposo, estraneo ai problemi, alle ansie, alle speranze, agli aspetti dell’umanità e in particolare a quella porzione di umanità che parla la nostra stessa lingua». Era il 1959. Dopo 65 anni, sono parole che fanno ancora male.