il Giornale, 31 ottobre 2024
Contro l’israelo-fobia nella tivù italiana
Ha detto molto bene nella sua rubrica su Huffington Post Pierluigi Battista attaccando il modo in cui la trasmissione tv Report ha sparato l’ignobile pubblicità del suo prossimo programma su RaiTre. Io di sicuro non lo guarderò: spesso da Gerusalemme guardo le reti della mia patria lontana, e incontro, salvo in pochi casi, talk show carichi di bugie ignobili, di vergognosa insensibilità storica e morale, di propaganda antisraeliana, ignorante, sciocca, scandalistica e creatrice consapevole di antisemitismo. Adesso Report promette che domenica mostrerà «Israele comelaboratorio politico dell’estrema destra internazionale» ovvero un antro odioso di nazifascisti razzisti, colonialisti, imperialisti con la solita criminalizzazione di Netanyahu e il rovesciamento «sionismo uguale nazismo». La seconda frase pubblicitaria è da querela, e riproduce il famoso blood libel delle azzime mescolatecol sangue dei bambini a Pesach, la pasqua ebraica: Report ci spiega che cimostreranno «Gaza come laboratorio dove testare le armi». Se un ubriaco dice questa frase alla fine di una cena, è imperdonabile, se è la Rai deve chiudere i battenti. Eppure è una forma di ubris invincibile quella israelofobica radio-tv: dilaga sulla Rai e in ogni dibattito. Si può modulare più o meno smodatamente e in coro (da Lilli Gruber sempre), spiritosamente (Propaganda Live); con dei professori (LucioCaracciolo); delle professoresse (Anna Foa). Corrado Formigli su La7 fa l’en plein quando la Albanese dice che «il 7 ottobre non ha una matrice antisemita ma è una ribellione contro un potere occupante». Anche ad Agorà il 12 ottobre fu invitata l’Albanese quando io, ignara, trovandomela nel panel me ne andai. Anche Anna Foa ha detto che Netanyahu «vuole annettere Gaza e la West bank, crede
di essere mosso da Dio». Orsini dalla Berlinguer ha detto «se Israele manda gli aerei in Iran, glieli tirano giù 300-400 km prima che arrivino». Anche da Floris a Di martedì se ne dicono parecchie. C’è larga licenza di sparare quando si parla di Israele perché nessuno o quasi ci capisce niente.
Nei talk della Rai e de La7 ci si collega con parecchi corrispondenti che si aggirano tristi fra le rovine del Libano dimenticandosi che quelle sono le postazioni degli hezbollah che stanno bombardando Israele. Nei talk, spesso non si è mai notata la pioggia di missili quotidiana dopo i massacri, chi si accaparra de Magistris fa bingo quasi come se avesse l’Albanese, ma vanno forte anche Travaglio e i suoi, e Parsi è in gamba. Su La7 è un continuo attacco, forse vince Formigli. Fra gli interlocutori più appassionati, molti rappresentanti della sinistra istituzionale e di quella scatenata: Laura Boldrini, Marco Furfaro, Sandro Ruotolo, Nicola Frantoianni, Angelo Bonelli. È tutto ok, essere antisraeliani poi non vuol mica dire essere antisemiti, vero? Eppure, fra gli altri, anche Martin Luther King aveva detto il contrario, ma chi se ne importa, e non ti curare del fatto che la prova delle tre D (demonizzazione, delegittimazione, doppio standard) di Sharansky qui funziona benissimo. Il Tg3 non è secondo a nessuno: quello online ha recentemente dovuto cancellare un tweet in cui si sosteneva che l’immagine delle moglie di Sinwar in fuga con la borsa da milionari era un «tentativo di Israele di screditarne l’immagine», «dopo averlo reso un martire agli occhi di milioni di persone».