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 2024  ottobre 31 Giovedì calendario

A Torino già chiusa la stanza anti-aborto

Chiusa la stanza. E l’intero piano in cui si trova, con operai al lavoro, controsoffitto smontato, cavi a vista.La stanza è quella dell’ascolto, che tante polemiche ha suscitato, voluta dalla Regione, più precisamente dall’assessore alle Politiche sociali Maurizio Marrone, per offrire supporto concreto alle donne in gravidanza, «contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre alla interruzione della gravidanza», come si premetteva nel comunicato che dava conto dell’apertura. Era il 9 settembre. Il piano si trova all’Ospedale sant’Anna di Torino. Meglio: nella palazzina Avis, retrostante il complesso, raggiungibile dopo avere attraversato il cortile. Lavori di ristrutturazione che dureranno un paio di settimane, spiega il presidente regionale della Federazione del Movimento per la Vita (FederviPA) Claudio Larocca, firmataria della convenzione con la Città della Salute per aprire il locale: il secondo a Torino dopo quello operativo da anni in un altro ospedale, il Mauriziano.Servizio interrotto? «Assolutamente no – precisa Larocca -. Possiamo contare sulla rete degli oltre 30 Centri di Aiuto alla Vita in tutto il Piemonte, 19 tra Torino e provincia, per accogliere le donne che scelgono di contattarci». Salvo precisare che anche nei centri si va su appuntamento, e sovente al di fuori dell’orario di apertura, per garantire maggiore riservatezza alle donne. Ma può pure capitare che gli appuntamenti si tengano in altri luoghi, soprattutto se si tratta di agevolare gli spostamenti delle interessate.Di numeri sull’attività finora svolta nella breve vita della stanza non se ne parla. Non ora, almeno: «Quando alla gente si inizierà a dare un’informazione veritiera la gente avrà senso comunicare anche i numeri, che comunque hanno senso su un congruo periodo di tempo».Stanza out of order, si diceva. Il che non ha interrotto una guerra silenziosa, a bassa intensità, che si combatte quasi quotidianamente tra la Federazione e chi evidentemente non ha digerito l’iniziativa: «Da quando abbiamo esposto le locandine nelle bacheche dell’ospedale, abbiamo già dovuto rimetterle ben 13 volte perché puntualmente vengono rimosse. Inoltre abbiamo subito la manomissione della serratura della porta, presumibilmente durante l’occupazione avvenuta per mano degli anarchici il 28 settembre scorso».Sul fatto che le locandine vadano e vengono all’ingresso su via Ventimiglia come in quello su corso Spezia, lo abbiamo verificato anche noi. Una sorta di stato di assedio che può giustificare la diffidenza di Larocca. «Falso sostenere che nella Stanza venga fatta qualunque tipo di forzatura sulle donne che ci contattano e che non necessariamente devono essere intenzionate ad abortire – ribadisce -. Il nostro servizio offre ascolto e aiuti rivolti a donne che vivono una qualche difficoltà durante la gravidanza, e nel caso stiano valutando l’interruzione, si tratta semplicemente di applicare interamente la legge 194, che prevede l’individuazione e il tentativo di rimozione delle cause, anche attraverso il servizio di associazioni di volontariato». In conclusione? «È tutt’altro che una limitazione della libertà. Piuttosto si tratta di rendere pienamente libera la donna di scegliere anche di non abortire, o comunque di vivere in modo più sereno la propria gravidanza. Ora mi scusi... devo andare a riposizionare per l’ennesima volta le locandine».