la Repubblica, 31 ottobre 2024
Il surriscaldamento trasforma la “goccia” in muro d’acqua
Una bolla d’aria fredda in quota. Isolata dal resto della circolazione atmosferica. Capace di attirare intorno a sé enormi quantità di aria calda e umida. E di far condensare il vapore acqueo, scaricandolo a terra sotto forma di pioggia e grandine. Gli spagnoli la chiamano Dana (acronimo che sta per Depressione atmosferica isolata ad alta quota), ma tra climatologi e meteorologi è nota come «goccia fredda» ocut off low.Se si è imposto il nome iberico è anche perché il fenomeno atmosferico è ben conosciuto sulla costa orientale della Spagna. Nel 1982 una Dana provocò una trentina di morti poco più a sud di dove ha colpito stavolta. Altri episodi gravi, ma meno devastanti, nel novembre del 1987 e nel settembre del 2019. Quasi sempre d’autunno comunque, quando sul Mediterraneo non ci sono più gli anticicloni che mettono al riparo da incursioni di aria fredda, e con il mare che però ha ancora temperature elevate per il caldo accumulato.Mai come quest’anno: secondo i dati dell’osservatorio europeo Copernicus il Mare Nostrum nell’estate appena trascorsa ha battuto ogni record: il 13 agosto 2024 la temperatura media del Mediterraneo ha toccato il punto più alto daquando si effettuano misurazioni: 28,45 gradi, contro i picchi di 25-26 di solo qualche decennio fa.È naturalmente troppo presto per stabilire un rapporto di causa effetto tra il mare “bollente” e le piogge torrenziali che hanno devastato Valencia e la sua regione. Ma non si può non notare come si stiano intensificando i fenomeni meteo estremi nell’area del Mediterraneo: la sequenza di alluvioni in Emilia Romagna, la devastazione di Derna, in Libia, poco più di un anno fa, e pochi mesi prima, era l’agosto del 2023, le piogge torrenziali «peggior disastro naturale di sempre» in Slovenia. Ora la Dana che si è abbattuta sulla Spagna sudorientale. Tutti eventi che hanno in comune un’aria ricca di energia (le temperature elevate) e di acqua (il vapore rilasciato dal mare). Il mix dei due ingredienti può prendere varie forme a seconda delle latitudini e dell’orografia del territorio sottostante. Ma il risultato è quasi sempre lo stesso: un muro di acqua che si abbatte al suolo. Ne sanno qualcosa gli abitanti di Florida e Carolina del Nord che poche settimane fa sono stati investiti dagli uragani Helene e Milton. Chi nelle Filippine ha visto passare la tempesta tropicale Trami che pochi giorni fa ha fatto oltre 100 vittime. O chi ha avuto la fortuna, almeno in questo caso, di poter ammirare lo spettacolo di una delle zone più aride del Sahara marocchino allagata: a settembre sono caduti 200 millimetri di pioggia in sole 24 ore.Sarà la nuova normalità? Pur nella difficoltà di fare previsioni esatte e a lungo termine su sistemi così complessi, occorre riconoscere che i climatologi suonano l’allarme da anni: il Mediterraneo come hot spot climatico, dove gli effetti del riscaldamento globale rischiano di incidere più che altrove, dove si assisterà all’estremizzazione della siccità da una parte e delle precipitazione dall’altra. In Catalogna, poche centinaia di chilometri più a nord della regione sommersa oggi da acqua e fango, per oltre tre anni si è assistito a una carenza di piogge che ha reso necessario lo stato di emergenza e il razionamento dell’acqua potabile.Abbiamo messo l’acqua del mondo nelle nostre pentole con tanto di coperchi (invasi, acquedotti, fognature, torrenti tombati..) e poi abbiamo acceso sotto un gran fuoco, bruciando i combustibili fossili e producendo così i gas serra che riscaldano il Pianeta. Lunedì scorso l’Organizzazione meteorologica mondiale, nel suo rapporto annuale, ha sottolineato come le concentrazioni di anidride carbonica, tra le cause più importanti del riscaldamento globale, stiano crescendo più rapidamente che in qualsiasi momento da quando la nostra specie si è evoluta.Possiamo assistere attoniti e inermi a scene come quelle di Valencia. Oppure decidere di rimuovere i coperchi, liberando l’acqua. E di spegnere il fuoco, rinunciando a carbone petrolio e gas. Una occasione, l’ennesima, inizierà a Baku, in Azerbaigian, l’11 novembre: la 29esima Conferenza Onu sui cambiamenti climatici.