Corriere della Sera, 31 ottobre 2024
Il documentario su Mastroianni, una lezioncina per principianti
In occasione del centenario della nascita di Marcello Mastroianni, scomparso a 72 anni nel 1996, «Ciao, Marcello. Mastroianni l’antidivo» celebra il grande attore raccontandolo con una smagliante dovizia di materiale d’archivio (Rai3).
Il documentario è di Fabrizio Corallo, che firma anche la sceneggiatura con Silvia Scola, e cerca di far rivivere la grandezza di Mastroianni attraverso clip tratte dagli oltre 150 film da lui interpretati, cinegiornali italiani e stranieri spesso inediti, backstage girati sui suoi set e filmini privati. Così sarebbe stato un formidabile omaggio sotto forma di auto-racconto.
Poi però Corallo o i produttori si devono essere spaventati di una simile scelta radicale e hanno inserito un espediente narrativo di rara pochezza. Una giovane assistente montatrice (Barbara Venturato), che nulla sa dei film e della vita di Mastroianni, incontra per caso l’attore Luca Argentero nelle vesti di storico e critico cinematografico di Marcello Mastroianni (però lo racconta come se dovesse spiegare l’impiego di uno spazzolino elettrico per l’igiene dentale).
Peccato, perché il materiale è così ricco da «parlare da solo», senza bisogno di questa specie di manuale for dummies. Ci sono i grandi registi con cui ha lavorato, da Germi a Visconti, Magni, Risi, Monicelli, Scola, Antonioni e Ferreri. C’è Federico Fellini che lo ha eletto a suo alter ego e consacrato in capolavori come La dolce vita e 8½. Ci sono le donne con cui ha interpretato scene memorabili, da Sophia Loren a Ursula Andress, Anita Ekberg, Faye Dunaway, Catherine Deneuve.
Già dovevo riprendermi dalla delusione del film «Marcello mio» di Christophe Honoré, interpretato da Chiara Mastroianni nelle vesti del padre, adesso mi è anche toccato sentire la lezioncina dell’attore famoso alla montatrice inesperta.
L’aspetto più sorprendete di Mastroianni è che fino alla fine si è sempre vissuto come un bambino. Non importa se recitasse o meno: il suo impatto con la realtà era mediato da questo schermo di eterno sognatore, non di seduttore ma di sedotto, di un fanciullo che aveva sostituito il cordone ombelicale con quello del telefono.