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 2024  ottobre 31 Giovedì calendario

Ora l’intelligenza artificiale sceglie quali libri pubblicare

Capita raramente che un giornale tedesco, nelle pagine di cultura, annunci «la bomba atomica» sull’editoria, o inizi un pezzo con il sobrio attacco «Prima di andare alla fine del mondo». Eppure, ieri la «Süddeutsche Zeitung» ha preannunciato una rivoluzione, un colossale sovvertimento, quando ha spiegato che tra pochi mesi, a inizio anno, le case editrici e le librerie tedesche avranno a disposizione un programma – gestito dall’intelligenza artificiale – che è in grado di prevedere le vendite dei libri con una precisione dell’85 per cento, in molti settori anche del 99 per cento. E non si tratta di un’invenzione posticcia, di un giochetto da ragazzi, ma di un’estensione del programma che la quasi totalità dell’editoria in lingua tedesca usa per monitorare e distribuire i suoi libri.
Prima un passo indietro. Da decenni un’azienda di statistica di Baden, Media Control, registra esattamente quale libro viene venduto in quale libreria in Germania, e mette questa enorme quantità di dati a disposizione di librai ed editori, che se ne servono ampiamente. Da gennaio, si aggiungerà al programma uno strumento chiamato Demandsens che – elaborando 5 miliardi di dati in 1,3 secondi – è in grado di fare previsioni accurate, quasi infallibili. Come spesso accade, lo strumento era pensato per tutt’altro scopo, per gestire i resi: ma una volta disponibile sul pc come una semplice mascherina, chi resisterà alla tentazione di consultarlo? 
I resi, si sa, sono un problema tanto per i libri come per i giornali: ordinare più copie di quelle che si vende porta a dei costosi processi di restituzione al mittente che gli editori devono sobbarcarsi. Se si può esattamente indovinare il mercato, chi è così autolesionista da rinunciarvi? Da qui i programmatori di Demandsens sono partiti. 
Si sta invece rivelando un flop una sua seconda funzione. La segnalazione di un flame sui social, di una «fiammata» di discussione su un libro: prima che gli editori riescano a organizzare i camion e portare le copie in libreria, l’entusiamo social si è già estinto, lasciando sugli scaffali pile invendute da riportare nei magazzini. 
Demandsens però non è un’improvvisazione. Dietro alla sua creazione c’è Bearingpoint, una società di software a cui Media Control di Baden si è rivolta, è che è guidata da Frank Duscheck: ossia, uno dei guru digitali dell’editoria. Non a caso, alla Buchmesse di Francoforte, Bearingpoint ha noleggiato uno stand nel padiglione 4, di fianco a Wiley, il più importante agente letterario al mondo. Duscheck guarda al futuro, e se il suo stand era piccolo, le sue ambizioni sono enormi, ben oltre i confini della Germania. 
Ma il vero interesse è per quello che Duscheck sta studiando, non per ciò che ha già realizzato. Adesso il suo soft-ware calcola semplicemente inquadrando l’Isbn – il codice d’identità del libro – e come nota la «Süddeutsche», agisce ovviamente dopo che sono stati firmati i contratti, finiti i manoscritti, stampate le copie. Ma la nuova versione di Demandsens a cui si sta lavorando mira a farlo – ed ecco l’annunciata «bomba atomica» —, per i libri ancora non pubblicati, addirittura non scritti. La magia dell’Ai è nel fatto che, anche basandosi solo sugli exposé, sui riassunti di poche decine di righe, le previsioni di vendita di Demandsens sembrano, o risultano essere, precise. 
E qui si apre un vaso di Pandora. Chi si azzarderà, una volta che il software sarà a disposizione, a pubblicare libri che hanno il 95 per cento di possibilità di restare invenduti, quanto idealismo ci vuole? Chi si affiderà al naso, all’intuito, quello degli Elio Vittorini, degli Italo Calvino, di Giorgio Bassani che pubblicò Il Gattopardo rifiutato da tutti facendone nel 1959 il primo bestseller italiano? Chi avrà il coraggio di motivare le proprie scoperte rischiando il flop, contro un’opinione esterna «oggettivata» dai dati? 
Si è visto chiaramente a Francoforte come l’intelligenza artificiale sia il convitato di pietra dell’editoria. La presidente degli editori tedeschi, Karin Schmidt-Friderichs, all’inaugurazione l’ha definita «il più grande furto di dati della storia». In un’intervista al «Corriere», il direttore della Buchmesse Jürgen Boos ha parlato di traduzioni affidate alle macchine ma anche del peccato originale dell’Ai: la mancanza d’originalità, perché tutto quel che fa è ricombinare all’infinito l’esistente. E quindi sì, alla soglia del futuro distopico che i catastrofisti temono, occorre constatare che con questi criteri non avrebbero passato la prova Thomas Mann e i Buddenbrook, Annie Ernaux, perfino quel profeta di futuri allucinati che era Aldous Huxley. Tutti gli ultimi Nobel avrebbero ottenuto punteggi bassi (troppo bassi?) su Demandsens. Ma la questione dell’Ai è ancora più ampia. Tocca, come dice il futurologo Yuval Harari in Nexus — o come profetizzò l’antimoderno Tolstoj nell’irritante, e perciò indimenticabile, finale di Guerra e pace, la «più grande questione dell’intelletto umano» che è il libero arbitrio – proprio il dilemma della scelta. Insomma, se i Big Data restringono il campo d’azione o forse della libertà, che cosa dobbiamo fare per proteggere i futuri Thomas Mann?