Corriere della Sera, 31 ottobre 2024
Parla il nonno che ha ballato al funerale del nipote
«Si dice che un genitore non dovrebbe sopravvivere ai propri figli, ma questa regola vale ancora di più per i nonni e i loro nipoti. È doppiamente contro natura: un dolore immenso che ti mangia dentro, ti distrugge. Ci sono stati dei momenti, in questi giorni, in cui ho rischiato di impazzire».
Come se ne esce?
«Nel mio caso, a salvarmi è stato proprio quel ballo. Quando ho finito di danzare davanti alla bara di mio nipote, nella testa ho sentito distintamente la sua voce. Mi ha detto: “Grazie nonno”. E all’improvviso mi sono sentito svuotato, come se molta di quella sofferenza che mi portavo dentro, se ne fosse uscita».
Gino Gentilin ha 66 anni e fa il muratore da quando ne aveva 16. Abita a Castelfranco Veneto, nel Trevigiano, in una casa che si è costruito con le sue mani accanto a quelle dei due figli e delle loro famiglie. Una piccola comunità che conta sei nipoti, uno dei quali – Kevin di 15 anni – è morto venerdì scorso, travolto da un’auto mentre andava a scuola. In un video girato martedì al funerale dello studente, e divenuto virale sul web, si vede Gino dire addio al nipote ballando in modo frenetico sulle note di un vecchio brano di musica dance: «Dieci, cento, mille», dei Brothers.
Partiamo dall’inizio: da Kevin.
«Io e lui: due anime affini. Veniva a trovarmi ogni sera, parlavamo di qualunque cosa, mi raccontava dei suoi progetti, delle sue passioni. E ascoltavamo tanta musica. A Kevin piacevano tutti i generi: dai cantautori italiani degli anni Sessanta agli artisti pop contemporanei, ma ovviamente anche il rap e la musica techno. Ogni occasione era buona per chiedermi di andare con lui e i suoi amici in discoteca. E sotto la consolle del dj, più che nonno e nipote sembravamo due complici che si divertivano un mondo a ballare insieme».
Cosa rappresenta, per lei, il ballo?
«Il ballo, esattamente come la musica, è una forma di amore. Un giorno mi diagnosticarono un brutto male e i medici mi diedero sei mesi di vita: da quel momento ho deciso che quel che mi restava l’avrei vissuto al massimo». (Nonno Gino arrotola la manica della camicia e mostra un tatuaggio sul braccio. C’è scritto: “Io sono io, uno spirito libero”). «Tutti i giorni, da quando mi hanno detto che stavo per morire, metto musica ad altissimo volume e ballo un po’. È terapeutico: sono passati sette anni e sono ancora vivo».
Cos’è accaduto venerdì scorso?
«A partire da quest’anno scolastico, con le belle giornate Kevin raggiungeva la scuola in Vespa. Da quel che sappiamo, venerdì un’auto è sbucata all’improvviso da una stradina laterale e non ha potuto evitarla. Sono arrivato lì pochi minuti dopo l’incidente, era steso a terra e mi sono seduto accanto a lui. Siamo rimasti così per almeno mezzora. Era già morto e ricordo che, mentre lo accarezzavo, continuavo a chiedermi perché non potessimo scambiarci i nostri corpi».
Chi ha avuto l’idea di suonare della musica dance al funerale?
«L’idea è stata mia, ma prima ho chiesto a mio figlio e alla mamma di Kevin se erano d’accordo. La cassa ha cominciato a pompare la musica: prima gli 883, poi i Brothers e infine un remix di Dj Matrix. In quei momenti ho avvertito la presenza di Kevin in mezzo a noi, e sentivo che voleva ballassi con lui, perché ci divertissimo insieme ancora una volta. Quel che non sapevo è che avrebbero ripreso la scena col telefonino e che il video sarebbe finito sui social e sui giornali. Chiedo scusa se ho urtato la sensibilità di qualcuno, ma credetemi: quel ballo, una dichiarazione d’amore a mio nipote, mi ha salvato».
Poi si è accasciato, abbracciando la bara.
«Mi sono rivolto direttamente a lui, gli ho urlato: vola Kevin, ora sei libero! Ero esausto ma allo stesso tempo mi sentivo leggero».
Ballerà ancora?
«Certo. Tra qualche tempo, appena ci saremo ripresi dallo choc di quanto accaduto, radunerò i miei nipoti, gli amici e i compagni di scuola: andremo a ballare in discoteca, tutti insieme. Una serata di festa. E in pista con noi, ne sono sicuro, ci sarà anche Kevin».