Corriere della Sera, 31 ottobre 2024
Appunti su Marco Gattuso, giudice anti-Meloni
Profondo conoscitore del diritto europeo, autore di un provvedimento corposo, articolato e «ineccepibile». Così nei corridoi del Tribunale di Bologna avvocati e colleghi parlano di Marco Gattuso, presidente del collegio che ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue del decreto Paesi sicuri. Ma fuori dalle aule di giustizia Gattuso è conosciuto soprattutto per essersi speso in favore dei diritti della comunità Lgbtqia+ e di quelli dei figli delle coppie omogenitoriali.
Forte dell’esperienza di giudice civile, esperto di questioni familiari, ha infatti firmato numerosi interventi sulla rivista Questione giustizia, organo della corrente Magistratura democratica, dall’epoca del divieto di fecondazione eterologa. È quindi intervenuto su unioni civili, gestazione per altri (Gpa) e divieto di trascrizione degli atti di nascita dei figli di coppie dello stesso sesso. Sua la prima firma in calce al documento di un anno fa intitolato «Il diritto stia dalla parte dei bambini e delle bambine».
Un profilo di magistrato sicuramente non gradito dal centrodestra ma le cui riflessioni giuridiche sono sempre argomentate solo sulla base del diritto, non di ideologie. Solo una volta ha scelto di far parlare pubblicamente l’uomo dietro la toga: nel 2019 il consiglio regionale dell’Emilia-Romagna discuteva una legge contro l’omofobia e la minoranza cattolica nel Pd tentò di far passare un emendamento in cui si equiparava la Gpa alla violenza di genere, tra le vibranti proteste della comunità omosessuale. Gattuso rivelò in un’accorata lettera pubblica all’ex governatore Stefano Bonaccini: «Sono un giudice del Tribunale di Bologna e insieme al mio compagno, con cui sono unito civilmente, sono papà di un bambino di quasi cinque anni, nato in California grazie a una gestazione per altre o altri». «La scelta di vietarla in Italia – proseguiva l’intervento – può essere condivisa o può essere discussa, ma l’assimilazione a violenza assume un’inaccettabile connotazione ideologica, da Stato etico, che offende innanzitutto la dignità dei bambini».
Più di recente è passato a occuparsi di immigrazione nella sezione specializzata del Tribunale bolognese anche qui con interventi su riviste di settore e a convegni. La scelta, presa in collegio con altre due toghe, di ricorrere alla Corte di giustizia Ue è stata peraltro «obbligata», «la via più moderata» spiegano i suoi colleghi, perché di fronte al contrasto normativo i giudici avrebbero dovuto e potuto disapplicare il decreto, norma di rango inferiore rispetto a quelle comunitarie. «L’articolo 117 della Carta sancisce che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Cosa ha fatto, dunque, il Tribunale di Bologna? Ha interrogato la Corte di giustizia sull’interpretazione del diritto europeo. È così grave?» chiede sarcasticamente la sezione bolognese dell’Anm intervenendo in difesa dei colleghi.