Corriere della Sera, 31 ottobre 2024
Che cos’è la «goccia fredda»
Gli scienziati la chiamano «gota fría», la goccia fredda, un fenomeno meteorologico conosciuto anche con la sigla Dana, in spagnolo «depresión aislada en niveles altos». Abbiamo chiesto ad Enrico Scoccimarro, senior scientist presso il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti climatici e direttore della divisione sulla «Variabilità e Previsioni climatiche», di spiegare di cosa si tratta e gli aspetti comuni con gli eventi estremi di cui lui stesso, residente a Forlì, è stato testimone diretto negli ultimi due anni in Emilia Romagna.
Un fenomeno non nuovo Dana non è un evento meteorologico nuovo né sconosciuto alla scienza: «È una depressione isolata che si stacca dal normale flusso che viene dall’Atlantico e genera zone in quota con una temperatura particolarmente bassa; questo, associato ad alte temperature in superficie, può creare fenomeni convettivi molto intensi, ossia grandi quantità d’acqua che precipitano in poco tempo. È tipico della regione ovest del Mediterraneo e di questo periodo dell’anno». Ciò che lo ha reso «eccezionale» è l’intensità. «Eventi di questo tipo, in queste zone e con queste intensità, non si registravano da svariati decenni, bisogna andare indietro fino agli anni ’60 per trovare valori simili».
C’entra il cambiamento climatico? Gli scienziati sono sempre molto prudenti nel collegare singoli eventi meteorologici al cambiamento climatico, ma l’intensità del fenomeno spagnolo è in linea con i modelli di simulazione del clima negli scenari futuri, che variano a seconda di quanto verranno «tagliate» le emissioni di gas serra. «Noi scienziati ci aspettiamo sia un aumento delle temperature superficiali, e quindi dell’energia a disposizione del sistema, sia un aumento della quantità di acqua che può rimanere immagazzinata nella colonna atmosferica, e che si rende disponibile quando si scatenano eventi estremi di questo tipo». La maggiore presenza di energia e di acqua in atmosfera, in un ambiente più caldo rispetto al passato, preannuncia piogge, o tempeste d’acqua, sempre più forti.
Mediterraneo troppo caldo Il Mar Mediterraneo, più caldo rispetto al passato, contribuisce all’aumento dell’intensità di questi fenomeni, che si scatenano quando determinate e diverse condizioni si presentano contemporaneamente. «Oltre al fattore scatenante, in questo caso la “goccia fredda”, sono necessarie altre condizioni favorevoli, come un quantitativo di vapor d’acqua sufficientemente alto, facilitato anche dalle alte temperature dei mari circostanti».
Il rischio in Italia«La struttura di Dana è tipica del Mediterraneo occidentale, ma anche in Italia abbiamo vissuto fenomeni intensi di precipitazione», conferma Scoccimarro. Si tratta di sistemi simili, legati a condizioni cicloniche stanziali che persistono sulla stessa regione, come il ciclone Boris, che ha causato le alluvioni in Emilia-Romagna. Le depressioni che hanno colpito l’Italia nel 2023 e 2024 sono di natura diversa rispetto a quella che si osserva in questi giorni in Spagna, «ma alla base della più alta intensità di questi eventi ci sono le stesse variabili – alta disponibilità di acqua in atmosfera legata ad alta temperatura dei mari, ecc. – e in entrambi i casi sono coerenti con gli scenari di aumento della temperatura globale».
Processo reversibile (ma in fretta)Non è troppo tardi, ma il tempo stringe. «Dipenderà dal taglio delle emissioni di gas serra nei prossimi decenni, se questo processo potrà essere bloccato o ridotto. Siamo ancora in tempo, ma è necessario implementare rapidamente ciò che gli scienziati, negli ultimi vent’anni, hanno chiaramente definito come necessario per invertire o bloccare la tendenza. Abbiamo speso tante energie, tempo e denaro per definire in che misura il cambiamento climatico si traduce in un aumento delle condizioni estreme sul nostro pianeta e quanto questo può cambiare in diversi scenari futuri. Sarebbe bello vedere che le nostre analisi sfociassero in azioni concrete. Ma qui si entra nella politica, e non è il mio campo».
Previsioni imprecise? Scoccimarro difende i colleghi meteorologi. «Se un evento estremo fa tanti danni, questi non sono automaticamente imputabili ad una errata previsione meteo: sul palco c’è anche la gestione del territorio. Nel 2023, in Emilia-Romagna, la previsione è stata tempestiva, le persone sono state informate per tempo dei rischi. Il territorio non era pronto. L’impermeabilizzazione del suolo prodotta dall’uomo accelera e convoglia i flussi dell’acqua in superficie e questo si aggiunge all’eventuale effetto causato dal cambiamento climatico».